Da ieri, lunedì 26 ottobre, ha fatto ritorno al cinema il primo Fantozzi (uscito nelle sale il 27 marzo del 1975), restaurato in 2K, grazie ad una collaborazione tra Eagle Pictures e Premium Cinema, così come il suo seguito, Il secondo tragico Fantozzi, che sarà in sala nei giorni 2, 3 e 4 novembre, mentre il suddetto primo titolo sarà proiettato fino a domani, mercoledì 28 ottobre. Nei giorni scorsi la Festa del Cinema di Roma ha dedicato ai due film una proiezione speciale e un incontro con Paolo Villaggio ed Anna Mazzamauro, che si è svolto sabato 24 ottobre. Entrambi i titoli furono diretti da Luciano Salce, intervenuto anche nella sceneggiatura a firma di Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e dello stesso Villaggio; questi restauri offrono l’occasione per ricordare un regista come Salce, la cui poliedricità lo ha visto spesso esprimersi anche come attore, oltre che renderlo attivo in ogni settore dello spettacolo, radio e televisione comprese.
Luciano Salce (filmtv.it)
La sua vasta produzione, pur discontinua e a volte modesta nei risultati, meriterebbe ormai di essere presa in considerazione distaccandosi dai pregiudizi espressi all’epoca, evidenziando in particolare la sua grande abilità nella direzione degli attori, ai quali sapeva attribuire il giusto spazio, permettendogli di esprimersi al meglio delle loro possibilità interpretative.
Altra rimarchevole dote, l’innato gusto per la satira sociale, espressa in virtù di un sarcasmo dai toni amari, cui si univa la lucidità nel volgere uno sguardo già pregno di una certa disillusione nei riguardi della decadenza morale del nostro paese in un arco temporale che va dagli anni Sessanta agli anni Ottanta.
Al contempo non bisognerebbe neanche sottovalutare come Paolo Villaggio con il personaggio di Fantozzi abbia dato vita ad una vera e propria maschera, dalla forte valenza e complessità artistica, ormai definitiva icona impressa nell’immaginario collettivo, per quanto più volte minacciata da uno sfruttamento eccessivo nella reiterazione quasi parossistica di gag e situazioni comiche.
Paolo Villaggio
Andando alla genesi del personaggio, dai primi articoli sull’ Europeo, ai monologhi della trasmissione televisiva Quelli della domenica (1968), Fantozzi si concretizza dapprima in due libri di grande successo, Fantozzi e il Secondo tragico libro di Fantozzi (Rizzoli Editore, 1971 e 1977) poi al cinema, attingendo dalle citate pubblicazioni, a loro modo innovatrici nell’uso di una lingua italiana spesso distorta ad uso e consumo del surreale e del grottesco propri di ambienti e personaggi. In un periodo in cui la classica commedia all’italiana tentava estremi rinnovamenti, cercando di cogliere le profonde mutazioni in atto nella società, Fantozzi offriva spazio ad una comicità di derivazione cabarettistica, ulteriormente trasformata dal passaggio televisivo, attraversata da un linguaggio innovatore, con espressioni ormai entrate nell’uso comune, scaturente dalle (dis)avventure di un singolo personaggio, più che dalla coralità della vicenda in sé.
La signora Pina (Liù Bosisio) telefona in ditta dove lavora il marito, ragioniere Fantozzi Ugo (Villaggio), impiegato Ufficio Sinistri, del quale non si hanno notizie da 18 giorni, senza che qualcuno si sia accorto della sua assenza. Risultato delle ricerche, il nostro è stato murato vivo nei vecchi bagni dell’azienda, durante una ristrutturazione.Una voce fuori campo ci descrive la vita, tra lavoro e famiglia (la figlia Mariangela, Plinio Fernando, alias “Cita”, “come Cita Hayworth”), i rituali del risveglio mattutino con l’incubo di non riuscire a timbrare in tempo il cartellino, il vano corteggiamento della collega Silvani (Anna Mazzamauro), suo amore segreto, con fallimentari inviti a cena, le terrificanti iniziative ricreative di un altro suo collega, Filini (Gigi Reder), i tentativi di ingraziarsi il capo del personale perdendo a biliardo, che falliranno causa moto d’orgoglio improvviso, sino al confinamento in uno stanzino in comune con un impiegato comunista che gli renderà per un attimo le cose più chiare (“allora in questi anni mi hanno preso per il c**o!”) .
Gigi Reder
Convocato dal megadirettore, la ribellione sarà infatti piegata dai modi affabili, “progressisti” di quest’ultimo, tanto da indurlo ad offrirsi come “triglia umana” per l’acquario dei dipendenti.
Diretto con mano ferma da Salce, sostenuto da un valido cast, il film, dopo il prologo introduttivo, procede per singoli episodi, dai temi costanti e ripetitivi ma efficaci ai fini della risata, per quanto spesso amara. Domina una comicità che ancora prima del citato cabaret, trova le sue fonti nello slapstick del cinema muto per poi essere enfatizzata, fino all’iperbole surreale ed onirica, con toni sospesi tra il grottesco e il demenziale.
Sono questi ultimi a rappresentare la “tragica” condizione di un misero travet, dalle ascendenze letterarie ottocentesche, la cui accondiscendenza, verso superiori e colleghi, l’obbedienza e il servilismo più bieco rappresentano la sua sola ragione di vita o, meglio, l’unico mezzo per potere essere accettato e compreso in un sistema nel quale, consapevolmente, non potrà mi essere incluso.
Ben 8 episodi dopo i primi due film, con Milena Vukotic a subentrare nel ruolo della moglie Pina (la Bosisio rientrerà momentaneamente in SuperFantozzi, 1986, Neri Parenti), improntati purtroppo ad una serialità ripetitiva e qualche caduta di stile, con felici eccezioni (Fantozzi va in pensione, 1988, Fantozzi in Paradiso,1993, sempre per la regia di Parenti).