FAR EAST FILM FESTIVAL 13: “Lover’s discours” di Derek Tsang e Jimmy Wan

Creato il 07 maggio 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Non è possibile guardare questo film romantico e sentimentalmente concentrato, senza tenere presente che Derek Tsang e Jimmy Wan sono alla loro opera prima. Per chi dubita delle co-regie, Lover’s discours dimostra come anche linguaggi non del tutto maturi approdano a gradevoli composizioni.

Il film è costruito su quattro episodi tra loro connessi, che speculano sulle varie forme dell’amore, come esplicitato da una didascalica introduzione. In realtà, le storie virano su una palpabile urgenza di vivere le emozioni, così di frequente raccontate ad Hong Kong con precedenti illustri (Wong Kar-wai docet).

Il primo episodio descrive un appuntamento clandestino di due amanti, platonici e imbarazzati; con lunghe sequenze quasi neo-realiste, dove l’occhio della macchina da presa non fa altro che precedere le camminate dei due ragazzi, si racconta di questo incontro dall’attrazione repressa. Non succede nulla, se non fosse per quella mano sfiorata e quel bacio furtivo. Ciononostante, è così che emerge il confronto tra la “chimica” e la colpa di quel sentimento; è così che vengono descritti quegli attimi d’amore essenziali, trascorsi senza dire o fare niente di importante, solo restando insieme, in una succinta naturalezza dei gesti, dei modi, della recitazione.

Il secondo episodio racconta della fantasia vivissima di una giovane occupata in una lavanderia (la cantante Kay Tse): innamorata con veemenza adolescenziale di un suo cliente e totalmente contratta dalla timidezza, il suo sentimento fresco si sfoga nei sogni ad occhi aperti, sulle camice appena stirate e i biglietti del cinema recuperati dalle tasche del bel principe. Le sue fantasie sono talmente utopiche, talmente solleticano l’assurdo e l’inarrivabile, che costui, in sogno, si tramuta addirittura in una perfetta riproduzione giocattolosa e all’orientale di Big Jim.

Il terzo episodio racconta, in forma di flash back, la passione passata di Leung Bo-chin (qui William Chan), un adolescente segretamente innamorato della madre dell’amico. La sua attrazione nascosta è vissuta tra sguardi, accessori, sapori senza mai un contatto. Per proteggere la donna o forse per cercare di conquistarla, Bo le rivela la relazione del marito con un’altra. Tutta la storia è vissuta con un occhio strategico sulla tavola imbandita, che la donna prepara ogni volta che Bo viene invitato a cena e dove lui vive segretamente il suo tormento amoroso: solo l’abbondanza del cibo suggerisce un sottilissimo legame tra i due, che in fine viene sfasciato dal dolore dello scoperto tradimento e si concluderà in un pasto esiguo da asporto.

Lo stesso Bo, adulto (Jacky Heung), è il protagonista di un’altra storia rivelatrice: contattato in chat da una sconosciuta che gli rivela il tradimento della fidanzata, verrà coinvolto in un inseguimento della coppia clandestina fino alla tremenda scoperta. È qui che allo spettatore è fornito lo spunto per chiudere il cerchio e unire la fidanzata di Bo alla donna della prima storia e il fidanzato della sconosciuta al suo clandestino amante.
Non c’è quasi alcun giudizio, come se, in fondo, sulle questioni di sentimento i registi non potessero che rappresentare senza commento. La forza dell’amore è tutta in questi attimi vibranti che trasportano, nel bene e nel male, le decisioni dei personaggi.
Sulle note delicate di Peter Kam che allieta le due ore di film, e sulle luci necessariamente “hongkongesi”, Tsang e Wan dipingono alcune mordenti sfaccettature dell’amore; apprezzabili da coloro che sapranno lacrimevolmente farsi trasportare.

Rita Andreetti


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