Se ancora non conoscete le iperboli creative del maestro Hisaishi, vi consiglio di ascoltare una sua playlist. Da sempre Ennio Morricone riesce a dissipare tutte le matasse dei miei pensieri nelle giornate più intense, ma posso assicurare che di certo non è da meno Joe Hisaishi. Termine di paragone azzardato solo in apparenza visto che entrambi possono degnamente far parte della stessa proporzione: cambiata l'espressività, la potenza e la capacità descrittiva attraverso le iperboli musicali rimangono le stesse.
Hisaishi sgorga dalla più contemporanea musica minimalista di cui è indubbiamente uno dei precursori. Riesce ad essere a suo modo tradizionalista ma anche innovatore così da dipingere, contemporaneamente al miglior Hayao Miyazaki, il volare dei suoi personaggi. Capiamo bene che a questo maestro, maestoso senza forzature, partecipe empaticamente nel voler trasmettere e fare cultura, piacciono le contrapposizioni quale miglior sottolineatura dell'essenza. Allo stesso modo il confronto con la tecnologia viene utilizzato come spunto di riflessione per ricordare la sovranità della composizione strumentale originale e la purezza compositiva come trasparenza da regalare agli ascoltatori.
Hisaishi non ha a che fare con il melodramma e con la tradizione della musica classica italiana eppure ci sembra a suo modo artista rinascimentale quando difende la composizione come parte integrante di una pellicola cinematografica da non svilire a mero effetto sonoro. Un testimone di come si possa dare vita, miscelando la tipica melodia orientale con la tradizione sinfonica europea, ad opere in grado di essere sempre attuali e quindi meritevole del premio alla carriera alla diciassettesima edizione del Far East Film Festival di Udine.
Per gli stessi motivi, anche se applicati alla sua di arte, va menzionato Jackie Chan. Attratta dal personaggio e ancora felicemente intorpidita dalle emozioni trasmesse da Hisaishi, scopro che l'autoironia di Chan è il vero effetto speciale dei suoi film. Un realismo verace che mira a far percepire azioni umanamente possibili senza creare eccessivo distacco dalla realtà. Secondo Chan, infatti, pur riconoscendo la straordinarietà di determinate scene, il pubblico deve poter riconoscersi nella proiezione che vede sullo schermo per poi recepire pienamente ciò che la pellicola vuole trasmettere. Fieramente convinto che in questo modo il messaggio sia empaticamente condiviso, piacevole e possa anche far bene. Chan crede che, puntando sul realismo del girato, riesca anche la contrapposizione fra azione da una parte ed armonia, pace e nonviolenza dall'altra, quest'ultima prevalente grazie alla potenza sminuente dell'ironia persino durante le scene di lotta.
Oltre alla visione di Dragon Blade, spettacolare lungometraggio firmato da Daniel Lee ed interpretato da Jackie Chan, John Cusack e Adrien Brody, vi consigliamo di ben attenzionare l'importante proposta dell'appena concluso Far East Film Festival e magari, perché no, di riflettere sulla possibilità di far parte del pubblico della prossima edizione.
Il cinema asiatico si dimostra una variegata concentrazione di generi diversi che merita di essere assaporata e conosciuta anche da coloro che non se ne professano amanti. La motivazione del perché questi film siano così profondi ed interessanti risiede proprio nelle stesse tecniche che Hisaishi e Chan utilizzano, ossia quelle della contrapposizione, per trasmettere empaticamente una conoscenza più approfondita e realistica. Se pensate che come cinema d'autore esista solo quello che siete abituati a vedere nelle sale d'essai della vostra città forse l'opportunità offerta dal Far East Film Festival andrebbe colta al volo, configurandosi anche come validissima occasione per riflettere sullo stato di salute del cinema che attualmente va per la maggiore, cinema che troppo spesso si esaurisce nella perfetta finzione andando sempre più perdendo l'originalità comunicativa del messaggio.
Fotografie di Silvia Medeossi