Magazine Cultura

Fare libri in un modo nuovo

Creato il 11 settembre 2010 da Antonio Maccioni

Giuseppe Granieri è un ricercatore attento. Ha studiato letteratura spagnola e insegnato sui social media all’Università di Urbino. Cura per il quotidiano La Stampa la rubrica Terza Pagina. Ha il suo Blog Notes che, sul tema dell’editoria tradizionale e digitale, è davvero uno dei luoghi migliori da scoprire e riscoprire ogni volta. Tra gli scaffali di un’attività innovativa davvero ampia e rigorosa, per Laterza ha pubblicato, tra il 2005 e il 2009, Blog generation, Umanità accresciuta e La società digitale. È il direttore editoriale di 40k (ovvero Fortykey, qui su facebook, twitter, goodreads), una delle case editrici più chiacchierate del momento. Ci racconta in poche battute le sue impressioni e la sua visione dei fatti. Hanno collaborato e collaborano allo stesso progetto editoriale Marco Ferrario, Matteo Brambilla, Marco Ghezzi, Letizia Sechi, Matteo Scurati,  Roberto Grassilli, Francesca Colletti. Non solo alla luce di questi dati, credo non servano troppi fronzoli: se non i mesi, i prossimi anni racconteranno a un intero settore chi ha fatto davvero scuola e come, e perché.
Come nasce 40k? Quali sono stati i passi più difficili?
40k nasce nel momento in cui tre persone con percorsi differenti (Marco Ferrario, Marco Ghezzi e io) si ritrovano a discutere del cambiamento che sta vivendo l’editoria. Come spesso accade, ci siamo trovarti a confrontarci su delle analisi e degli scenari. E ci siamo detti che potevamo fare qualcosa insieme.
I passi più difficili sono quelli che ci attendono, come è normale che sia per ogni iniziativa imprenditoriale ed editoriale. L’inizio è stato relativamente facile: la decennale esperienza di Marco e Marco ha aiutato molto, poi abbiamo un team di spessore internazionale di cui essere davvero orgogliosi.
Abbiamo avuto un ottimo inizio e un’ottima accoglienza dal pubblico e dai media, ma ora dobbiamo dimostrarci all’altezza in maniera continuativa e crescere bene e in modo sano. Fa parte del gioco.
Esistono esperienze simili? C’è qualcuno a cui vi siete ispirati?
Ci sono editori che si sono cimentati e si cimentano con i formati brevi. Nessuno – almeno che ci risulti – lavora però in diverse lingue. Poi noi abbiamo scelto di entrare nel mercato con dei contratti che portano una logica innovativa: durata breve (tre anni come standard) e possibilità di rinnovare se autore ed editore sono contenti al termine del periodo. Un atteggiamento molto diverso da quello tradizionale.
Ci siamo ispirati ad una visione del modo in cui cambieranno le cose, forse leggermente in anticipo sul mercato (che deve crescere ancora tanto) ma prontissimi a fare esperienza della realtà delle cose.
Qual è attualmente la risposta dei lettori italiani?
Molto interessata e positiva, in ogni caso curiosa direi. Qualcuno si è persino avvicinato all’ebook per seguire i nostri titoli. Questo ovviamente ci incoraggia.
È prestissimo comunque per ogni tipo di bilancio, dopo un mese di attività. Abbiamo pubblicato ancora solo una piccola parte dei titoli annunciati, che sono una piccola parte di quelli che abbiamo sotto contratto. La nostra forza, in fondo, sono gli autori (vincitori di premi importanti come l’Hugo, il Nebula eccetera, ma anche esordienti di valore). In fondo il valore dell’editore è nella selezione che sa offrire.
Come sta cambiando l’editoria nel nostro Paese?
Ancora non sta cambiando davvero. Ci sono solo piccoli sintomi, ma in autunno vedremo una buona accelerazione. E capiremo bene gli assetti e le strategie che deriveranno da scelte cruciali, quelle che si stanno costruendo in queste settimane nelle stanze dei grandi editori.
Qual è il vostro rapporto col problema della riproducibilità e del copyright?
Molto sereno. Non usiamo i DRM laddove non possiamo scegliere una soluzione ideale come quella di Bookrepublic (che utilizza il “social DRM”, ovvero stampa in un ex-libris il nome dell’acquirente sulla copia dell’ebook). I DRM sono solo un disagio per i lettori. Se il tuo prodotto è di qualità, è confezionato bene e ha un prezzo ragionevole, chi è interessato a comprarlo lo comprerà. Chi non lo compra, probabilmente non lo comprerebbe comunque. Anche qui, tuttavia, ancora nessuno ha una grande esperienza e anche qui siamo pronti ad imparare.
La vostra linea guarda a un’editoria che diviene transnazionale. Qual è il rapporto attuale tra la risposta ai volumi in lingua italiana e ai volumi in altre lingue già pubblicati?
Al momento ne sappiamo poco, perché la distribuzione sui grandi store internazionali sta partendo adesso. In questi giorni saremo finalmente su Amazon e entro breve anche su iBookstore. Per fare un bilancio sensato serviranno diversi mesi.
Il marketing editoriale è destinato a cambiare davvero? Si assisterà a un passaggio a nuovi mezzi e formati, ma col riproporsi più o meno palese di vecchie formule?
Questo sarà uno dei punti chiave del cambiamento. Il passaggio al digitale significa soprattutto una trasformazione importante nella distribuzione e nell’accesso ai libri. Se la findability di un libro segue le regole della rete (link e algoritmi) agli editori serve un dialogo con la propria community e l’accesso a logiche completamente differenti da quelle degli scaffali e della distribuzione fisica.
Ma saranno soprattutto gli autori a doversi aggiornare molto, a dover partecipare, a costruirsi un seguito. Già oggi oltreoceano è così e persino nelle proposte fatte all’editore gli agenti consigliano agli scrittori di inserire una “strategia web”.
Saranno anni interessanti. E non so nemmeno se è il caso di chiamarlo marketing, perché quelli del passaparola in rete sono processi che non sempre sono controllabili o attivabili artificialmente. I lettori diventano una parte importante della comunicazione, e alla fine dovranno essere i libri a convincerli.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :