Magazine Diario personale

Faremmo volentieri a meno anche di quelle con il solo pensiero che far vedere il culo lo si possa definire un lavoro

Da Iomemestessa

Sempre a proposito di casi umani in luogo di mare. Scopro, chiacchierando coi locali, di una specie antropomorfa parecchio attiva da giugno a settembre sulle coste sarde, con particolar predilezione per quelle di nord est.

Salgono e scendono dalle barche (non certo dei gozzi) alla fonda nei porti. Sempre con bagaglio al seguito. Da lì la definizione dei locali di ragazze trolley.

Sono belle, molto belle. Quasi tutte italiche, anche se non mancano tocchi esotici.

Sono escort? Formalmente, non saprei. Comunque, qualcosa che molto vi si avvicina.

Il loro destino? Riuscire prima o poi a convincere uno dei ricchi convenuti a farle diventare la moglie numero due, tre o quattro, divenendo un’affascinante badante per un signore in là con gli anni. O finendo a fare la mantenuta del suddetto signore, che non ci pensa nemmeno, per calcolo, opportunità o mero buon senso, a disfarsi della consorte di una vita. ma che pur tuttavia non riesce a non cedere al fascino di giovinezza e bellezza. Qualcuna, invece, finirà a fare la escort a tutto tondo, e arrivederci ragazzi.

Le meno furbe, le meno dotate, in qualche rehab a disintossicarsi dal troppo alcol e dalla troppa coca.

Sono interessanti queste ragazze, se eviti di giudicarle. Parlano almeno un paio di lingue a testa. qualcuna, di più.

Certune sono colte. Colte veramente, intendo, mica quelle culture posticce che gratti con l’unghia e vien via la vernice.

Eppure. Eppure fanno una vita che molti considerano esecrabile. E che nessuna di noi considererebbe una potenziale carriera per le proprie figlie. Come sintetizzava un pescatore del posto. Alla fine son puttane. di lusso, ma pur sempre puttane. Eh.

Quel che turba è che non stiamo parlando di ragazze prive di risorse. Non sono le ragazzine, le giovani donne o anche le donne più mature scaricate dal racket ogni sera sulla statale.

Scelgono liberamente, e coscientemente, il proprio destino. Anche se avrebbero potuto avere tutto. Anche se, con quei visi, con quei fisici. con quelle lingue parlate disinvoltamente, non avrebbero avuto difficoltà a trovarsi un lavoro serio. Anche ben retribuito. Senz’altro stabile. Ci sono negozi, nei quadrilateri della moda di tutt’Italia che per ragazze così farebbero carte false, e, tra fissi e provvigioni sulle vendite, guadagnerebbero come un buon quadro aziendale.

Ma non potrebbero, ça va sans dire, raggiungere quel lusso cui anelano ed aspirano. Quel lusso che ti consente di sfoggiare borse che, da sole, valgono come il PIL di un medio paese africano.

E l’unico modo per raggiungere quello status, è nascerci, avere un’eccelleneza tale nel modo del lavoro da arrivarci (ma è roba per pochi) oppure agganciare qualcuno che già ci si trova dentro, se per merito o per botta di culo, non sta a me stabilirlo.

Non c’è giudizio morale da parte mia, in tutto questo. Parliamo di gente che vende qualcosa di proprio, mica qualcosa di mio, e che non mi sottrae, francamente, nulla.

Purtuttavia mi pare che esprima un interessante punto di vista sulla deriva di un Paese che è in crisi per ragioni che sono anche economiche, ma che partono da una società disgregata e priva di motivazioni, siano esse laiche o religiose.

E credo sia giunto il momento di smettere di accusare questa imbelle classe politica per osservare cosa siamo diventati. A guardarci dentro, il futuro appare ancora più fosco.


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