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Farina di Crusca, l’italiano (s)conosciuto (6): il latino serve ancora?

Creato il 14 luglio 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Hocgraciliuna rubrica a cura di Ivana Vaccaroni. Strano a dirsi … eppure chi l’ha studiato ne conosce e ne apprezza l’utilità, mentre chi non ha avuto modo di avvicinarsi alla lingua dei nostri padri la considera pressoché inutile in un mondo così attratto dalla tecnologia e dalla lingua inglese che spadroneggiano in ogni campo e attività culturale.

Senza voler essere troppo nazionalisti dovremmo però tener conto che, laddove esiste la corrispondente parola italiana, di quella dovremmo servirci, mentre non dovremmo dimenticare nemmeno l’origine delle parole stesse per farne buon uso. Chi non conosce il proprio passato difficilmente saprà valutare adeguatamente il proprio futuro.

La sintassi latina serve in primis per costruire bene un periodo ricordando che, per non considerarlo “sospeso”, cioè privo di una struttura che gli dia un senso compiuto, esso deve possedere un soggetto, pur sottinteso,e un verbo, che può essere sottinteso anch’esso ma ne si deve intuire la presenza. La frase “Come stai”? sottintende il soggetto “tu” ma la risposta può far percepire entrambi senza evidenziarli: “Bene, grazie” dove sia il soggetto sia il verbo non sono espressi ma tutti noi usiamo quotidianamente tale espressione senza che nessuno rimanga perplesso alle nostre parole. Un periodo complesso, però, necessita di essere articolato in più frasi e il legame fra di esse, siano coordinate o subordinate, è strutturato secondo regole precise che trovano, appunto, nella sintassi latina la loro origine.

La lingua costituisce la nostra struttura, la nostra ossatura comunicativa, dove segni e segnali devono essere universalmente accettati e riconosciuti per essere adoperati da tutti.

Se pensiamo ad esempio ai segnali stradali ciò ci risulta decisamente più evidente: essi hanno le stesse caratteristiche di forma, colore e simbolo praticamente dappertutto e ciò favorisce indubbiamente il loro uso e facilita la comunicazione.

 Diventa così maggiormente comprensibile la reazione dei Futuristi, nei primi anni del Novecento, i quali per scompaginare le regole fino allora conosciute e adoperate, invitarono a disfarsi delle grammatiche e a fare uno “ scorretto” uso della sintassi: ciò in quanto in quel periodo di crisi si avvertì profonda  incomunicabilità che vide fra i nostri maggiori scrittori Svevo e Pirandello, abili maestri nell’applicazione delle teorie di Joyce e Freud che andavano scoprendo la psicanalisi.

Ma poi anche Marinetti e i suoi seguaci dovettero ricredersi e invitarono a riprendere in mano i testi, sostenendo che la loro era stata una provocazione e non una vera e propria dottrina da seguire.

E allora sosteniamo meglio i difensori della cosiddetta “lingua morta”:recentemente un genitore che non si spiegava come mai il figlio amasse tanto tale idioma ha accusato la politica di aver impegnato soldi ed energie in tali studi …! com’è cambiato il mondo; non più i figli a lamentarsi ma i padri, quelli forse che, come sostenevo all’inizio, il latino non l’hanno mai imparato e soffrono forse di malcelata invidia e sottesa inferiorità culturale

La detentrice universale del potere comunicativo di tale lingua rimane tuttora la chiesa: i cardinali, riuniti in conclave si esprimono tra di loro in latino, i papi comunicano le loro riflessioni attraverso le encicliche che redigono rigorosamente in latino …  Significativo il recente caso delle dimissioni di papa Benedetto XVI che ha comunicato tale decisione in latino e una giornalista dell’ANSA è stata la prima a comprenderne il significato grazie alla conoscenza, appunto, della lingua di Cicerone.

E a proposito di Cicerone giova altresì ricordare che i suoi successi sono  legati all’arte della parola; la sua oratoria è alimentata dalla vasta cultura umanistica, la letteratura greca e quella latina gli suggeriscono le  numerose citazioni che lo hanno reso famoso, mentre la retorica è stata da lui divisa in cinque parti distinte: inventio, dispositio, elocutio, memoria e actio. Ma non solo: riguardo all’elocutio egli formula la teoria dei tre stili( esile o tenue, medio o temperato, elevato o sublime) con i quali l’oratore deve riuscire a probare, cioè persuadere con rigore argomentativo, delectare per intrattenere gli ascoltatori, flectere o animum movere per suscitare  reazioni emotive nell’uditorio. Quale miglior esempio? Credo che tutt’oggi gli uomini di legge si ispirino a tale maestro per dimostrare la propria abilità.

Il latino è cultura e quindi non può essere morta una lingua nella quale sono state espresse parole che avrebbero cambiato il mondo e la storia, come nel caso appunto della rinuncia di papa Benedetto XVI.

 Qualcuno obietterà che anche la matematica oggi è superata dalla tecnologia con calcolatrici, computer e molti altri strumenti e quindi anche lo studio di tale materia va rivisto: rivisto si, abolito no. La mia lunga esperienza di insegnante mi porta concludere che entrambe queste materie, basate sulla logica, sono formative e necessarie alla maturazione della personalità.

La nostra è una cultura “orizzontale”, basata sulla tecnologia  che ci permette di informarci in tempo reale su tutto e su tutti, mentre un tempo essa si manifestava in senso “verticale”,partendo da chi cioè sapeva di più e metteva le proprie conoscenze al servizio di coloro che, scendendo di gradino in gradino, si trovavano al livello più basso e solo così potevano sperare di “ risalire la china”.

Noi italiani non dovremmo mai dimenticare che la nostra è la cultura più antica e completa del mondo: spesso “rinneghiamo” le nostre origini per sentirci moderni, al passo con i tempi ma … errare humanum est … perseverare autem diabolicum!

Featured image, a replica of the Old Roman Cursive inspired by the Vindolanda tablets.

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