di Ivana Vaccaroni.
(continua dalla prima parte…)
La base teorica della varietà stilistica della Commedia e’ da ricercarsi nell’unione di “convenienza” e ” temi trattati”. Il comico cui allude il titolo va inteso infatti proprio come indicativo di tale varietà’. L’aggettivo divina sara’ aggiunto solo in tempi successivi e precisamente da Boccaccio, se pur occasionalmente, e quindi da Ludovico Dolce, curatore della prima edizione a stampa dell’opera, nel 1555.
Essa rappresenta una summa del comportamento umano che, attraverso un viaggio di penitenza, giunge alla salvezza eterna. I sensi attraverso cui affrontarne la lettura sono quattro: letterale,allegorico, anagogico e figurale; le figure retoriche prevalenti quali similitudini e metafore sono di evidente derivazione classica, propria delle Sacre Scritture.
La complessità dei temi dell’opera dantesca faceva supporre l’impiego di una lingua molto più’ articolata e matura, quale il volgare non poteva ancora essere. E allora Dante attinge alle lingue romanze e al latino per ottenerne una varia e adattabile alle esigenze del tempo. Molti i termini desunti dai linguaggi della medicina, della geometria, dell’astronomia e da altre scienze ancora che conferiscono alla scrittura dantesca precisione e identificazione con la realtà.
Il notevole impiego di termini latini è peraltro uno degli elementi che distanziano la Commedia dalle liriche dantesche, termini tratti non dalla tradizione ma dall’iniziativa dell’autore. Tali termini sono necessariamente più’ frequenti nel Paradiso per una voluta elevazione del livello e del percorso individuale dell’uomo Dante e del poeta stesso. Tanto più’ è difficile salire verso la purificazione tanto più’ articolato e difficile si presenta il linguaggio: dallo stile comico si passa così a quello tragico, il cui maestro è Virgilio e Dante lo sperimenta con timore reverenziale (…da cu’ io tolsi lo bello stilo che m’ha fatto onore Inf.,I, 86-87).
Non mancano in tale opera anche esempi di Stilnovismo, a partire dall’ Inferno (Amor ch’a nullo amato…) ma soprattutto nel Purgatorio (Donna è gentil nel ciel…, o Li occhi lucenti lacrimando volse…). Nel Paradiso poi prevalendo i toni morali, allegorici e universali tali richiami stilnovistici si riferiranno, in particolare, alle sacre scritture.
Il plurilinguismo si esprime anche attraverso intere frasi in latino, come nel Paradiso (XV, 28-30) quando Cacciaguida si rivolge a Dante: ” O sanguis meus, o superinfusa gratia Dei, sicut sibi cui bis unquam celi ianua reclusa?”; di seguito con una sequenza in provenzale nel Purgatorio ( XXVI, 140-147) ” Tan m’abellis vostre cortes deman, qu’ieu no me puesc in voill a vos cobrire…” e con brani in una lingua incomprensibile e misteriosa risalenti a creature altrettanto indecifrabili:”Pale Sata’n, Pape Satan aleppe” nell’ Inferno (XXXI, 67).
Ciononostante la Commedia e’ l’opera più’ legata al fiorentino tra quelle del Sommo Poeta per la sua identità’ linguistica, per la sua parlata toscana e per la stessa struttura fonetica, morfologica e sintattica, oltre a quella strettamente lessicale di tutto il poema. L’innovazione della terzina ne e’ l’esempio più evidente e il suo utilizzo nella letteratura italiana nei secoli successivi lo dimostra ampiamente.
La Commedia contribuì pertanto in modo assolutamente decisivo alla diffusione del volgare dimostrandone la validità e l’efficacia, oltre alle indubbie potenzialità. Espressioni entrate nel lessico comune come senza infamia e senza lode o latinismi come discernere o ricettacolo sono diventati di uso comune proprio grazie a Dante e alle sue elaborazioni e manipolazioni lessicali. Una su tutte va ancora citata: quel gentile del sonetto Tanto gentile e tanto onesta che non va inteso come espressione di integrità morale nè di nobiltà di origine ma come senso di decoro esterno.
Featured image, Boccaccio.