Trota Fario & Pietro – espressioni a confronto
Anche se ho già pescato tutto il giorno, sabato sera sono esaltato come il bambino la sera prima di Natale. Finalmente andrò a pescare in solitaria sul fiume. Ne ho un bisogno fisico e spirituale che non so spiegare… Quando sono da solo sul fiume ho una concentrazione ed un livello di meditazione che non riesco mai a raggiungere altrimenti.
Non incontro il Buddha, o qualche dio banale, ma il Nirvana mi è molto vicino se un lancio mi esce bene o se sento una bella botta in canna… gli dei del fiume mi parlano. Amen.
Misticismo a parte, ho anche deciso dove andrò: una gola del Sesia profonda e stretta, difficile e un po’ pericolosa da affrontare a piedi, ma paesaggisticamente mozzafiato. Non incontro quasi mai pescatori lì e non c’è traccia del passaggio dell’uomo; l’acqua è brutale, violenta, profonda… le grosse trote ci sono, ci devono essere. Armato pesante, la canna è ancora la Shimano Speedmaster 240 mh, con il vecchio amico Aernos 4000, bobinato a trecciato Power Pro 8, 0.19… carico di rottura un paio di tonnellate! Finale in fluorocarbon 0,30, moschettone da squali! Intendiamoci non è che in termini assoluti sia necessario pescare così pesante, ma se cerchi grosse trote in una gola dove la corrente sa essere tremenda, allora è meglio essere pronti a tutto.
La sveglia alle 4,30 finalmente suona! Strano da dirsi ma è così: la stavo aspettando. Troppo tardi per vedere l’alba in pesca, ma abbastanza presto per avere i fari accesi sulla strada, per godere della luce fioca del mattino e di un freddo che non ti aspetti a Luglio.
5,20 parcheggio sotto gli alberi, mentre fumo nervosamente un cigarillo, armo la canna e metto le esche nel giubbino. Non è il nervosismo di chi è stressato, è piuttosto un fiume in piena di adrenalina nel cuore, è il ruggito del predatore che vive in ogni pescatore. 15 minuti a piedi in cui aggredisco a grandi passi il bosco, nelle narici gli odori del pino, della terra umida, di felce e di legno, nelle orecchie solo il rombo lontano dell’acqua che si lancia sui sassi e attacca le rocce.
Sono solo, finalmente accanto all’acqua, accovacciato tra i sassi, vedo non visto, il cielo è cupo: magnifico. Il primo lancio è liberatorio, l’inizio di un coito prolungato.
Il cucchiaino cade a ridosso della roccia lontana, un rigiro d’acqua lo sbatte contro la pietra e gli permette di affondare, come speravo. L’Aglia muove la sua paletta anche con la minima trazione e così posso recuperare alla minima velocità. Non succede nulla, ma penso di poter ripetere il lancio ancora più esterno alla corrente centrale e vicino alla parete di roccia. Al secondo lancio recupero piano, la canna in linea con il filo, sotto la schiuma il rotante sta passando profondo tra grosse rocce quando mi arriva lo strattone. Un bell’arresto, poi fremiti decisi… penso a una bella trota ma siccome mi viene incontro non credo sia poi grande… a pochi metri da me, forse mi vede, forse decide che non le piace scendere e mi sorprende: fa una specie di capriola mostrandomi una grossa pancia gialla e inizia una serie di tironi contro corrente! Che spettacolo! Sono a ridosso della roccia, a valle un imbuto d’acqua vorticosa dove la trota non deve assolutamente andare, davanti a me il campo di battaglia: una pozza tutta schiuma, turbini e grosse rocce dove la bestia fa il suo show… la canna fa un lavoro eccellente assecondando quegli strappi violenti che la mia frizione molto dura non capiva fino in fondo… non so dirvi l’emozione quando le ho visto i grandi punti neri e la grande caudale.
Il becco di una grossa Trota Fario
Non avevo dove spiaggiarla e non volevo rovinarla con il guadino… quando è stanca la avvicino, canna verso riva per evitare la deriva nel correntone, mi chino e la prendo per la “collottola”… lo so, non è ortodosso, ma sono certo di non averla danneggiata, così ho potuto “condurla” in una fessura tra le rocce della riva dove una piccola pozzanghera mi ha permesso di slamarla, fotografarla con calma e misurarla… 52 centimetri di bellezza! Le branchie grandi poi un becco pronunciato sulla mandibola inferiore che mi ha fatto pensare a un maschio. Mentre respira spaventata nella piccola pozza accendo anche la videocamera del telefonino, con la destra filmo e con la sinistra la prendo delicatamente e l’avvicino al fiume: tengo la coda e la ossigeno alcuni secondi fino a che una bella codata la fa scappar via verso il fondo della pozza: meraviglioso.
profilo di Trota Fario 52cm
Non un record impressionante, lo so, esistono trote fario ben più grandi; ma questa era una signora regina, presa in un ambiente libero e difficile.
Sono un uomo felice. Pesco ancora e continuo la mia ricerca del “fish of a lifetime”, ma in cuor mio per oggi non chiedo di più al fiume. Il fiume mi regala comunque alcune belle trote, ma niente di rilevante. Un chilometro più avanti incontro due signori che pescano con il verme, lamentano che non stanno prendendo e mi chiedono com’è andata… scrollo le spalle e dico: “Non mi lamento, è una bella giornata”… Intanto uno dei due tira su una fario di 15 centimetri, la fa volare fuori dall’acqua, la afferra saldamente, la salma e la lancia in acqua… povera, perché? Mi piace pensare che quelle che scamperanno a pescatori così cresceranno forti e bellissime come la regina che ho incontrato.
Alle 12,30 mangio come un leone in trattoria, il classico menù estivo: tagliatelle con i funghi e spezzatino di cervo! Mi godo il rito dell’mms agli amici pescatori e relativi insulti o complimenti… Poi mi butto su un prato dietro una chiesa e dormo beato fino alle 3.15 … alle 3 e mezza inizia un’altra giornata: quella dell’allievo di pesca a mosca. Un bellissimo rilassante pomeriggio in cui un maestro d’eccezione, Alberto “lupo”, mi impartisce preziosi rudimenti di pesca a spider, a secca e a streamer!
Alle 22 sono in macchina, distrutto nel fisico e felice nell’anima!
ROCK’N'ROD
le grandi branchie della Trota Fario
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