Fascetta delenda est

Creato il 25 giugno 2014 da Martinaframmartino

Odio le fascette. Che importanza ha? potreste dirmi voi. A livello nazionale nessuna, ma per me le fascette sono una gran seccatura. Le ho fra le mani quasi tutti i giorni, quindi nella mia vita lavorativa ricoprono la loro importanza. Non sono la cosa più importante ma ci sono, e io non posso ignorarle. Se voi invece preferite ignorare il mio messaggio avete tutta la mia comprensione.

Le fascette tagliano. La carta taglia, lo sappiamo tutti, e quando non troppo tempo fa quest’informazione mi è stata fornita, in modo molto serio, in un corso sulla sicurezza sul lavoro, mi è venuto da ridere. Avrei potuto mostrargli i tagli che ho sulle dita, ma il videoterminale su cui stavo facendo il corso non era molto interessato a un dialogo, se non per alcuni quiz finali. Primo motivo di odio: le fascette tagliano. Se va bene mi taglio una sola volta in un mese, se va male mi taglio tre volte in cinque minuti.

Secondo motivo di odio: si impigliano. Avete idea di quante volte facciamo scorrere i libri sui tavoli e negli scaffali? Li spostiamo in continuazione, peccato che le fascette abbiano la tendenza a impigliarsi rallentando così il nostro lavoro. Nelle giornate in cui c’è poco da fare non è un vero problema, solo una scocciatura, ma quando siamo sommersi di carrelli o assaliti dai clienti questi intoppi sono logoranti.

Terzo motivo di odio: si rovinano. La fascetta non è il libro, e in genere viene buttata via. Però c’è più gente di quanta possiate immaginare che è riuscita a lamentarsi che il libro era rovinato perché era rovinata la fascetta. Non c’erano segni sulla copertina, ammaccature, tracce di sporco o altro. Semplicemente la fascetta era strappata, o tutta storta perché fatta in economia, e per loro il libro era rovinato. C’è chi insiste per lo sconto (per una fascetta strappata? se lo possono scordare, il problema lo deve avere il libro e la fascetta non è il libro), e chi proprio rinuncia all’acquisto. E poi le fascette rovinate danno una sensazione generale di disordine. Molto meglio allora, appena si vede una fascetta rovinata, eliminarla. Se il cliente non sa che c’era non rompe gli zebedei.

Quarto motivo di odio: quando il libro è sullo scaffale nasconde il titolo e/o l’autore del libro. Come si fa a cercare un libro che è messo di costa sullo scaffale se non si legge quello che c’è scritto in costa? Ogni volta che sistemo i libri a scaffale elimino sistematicamente tutte le fascette.

Quinto motivo di odio: è tutta carta sprecata, cosa che al mio animo ecologista non sta tanto bene. Potreste dirmi che se sono così ecologista dovrei convertirmi all’ebook, ma sarebbe come dirmi che il mio lavoro è inutile quindi potete evitare di sprecare il vostro fiato. Non sarò ecologista su tutto, anche se credo di esserlo più della maggior parte delle persone, ma le fascette mi sembrano davvero uno spreco.

E poi, siamo davvero sicuri che le fascette servano a qualcosa? Prendete i libri Garzanti: hanno tutti la fascetta. Quando ce l’ha un libro solo quel libro spicca, quando ce l’hanno tutti diventano tutti uguali, rendendo persino inutile il lavoro del grafico che ha progettato la copertina. Va bene, i romanzi Garzanti hanno tutti la stessa copertina, ma anche così senza fascetta si distinguerebbero meglio.

Altro editore che mette la fascetta a tutti i suoi libri è Newton Compton, e su di lui mi divertirò a breve. Qualcosa mi dice che questi editori non mi troveranno molto simpatica.
Cosa viene scritto sulla fascetta? A volte c’è l’indicazione di un premio vinto. A livello di grosse cifre solo il Nobel e lo Strega cambiano le vendite di un libro. Gli altri premi (Andersen, Bancarella, Bagutta) possono far vendere qualche copia in più, ma non più di tanto. E a volte mi sembrano indicazioni davvero poco utili, ci sono premi talmente sconosciuti che per il loro valore potremmo istituirne pure uno dedicato a mia zia. Perché no? Premio “Mia zia”. Vale tanto quanto alcuni premi celebrati in fascette che ho visto e il cui nome la mia mente ha rimosso all’istante.

L’indicazione “tre tirature in una settimana” vale quanto il premio Mia zia. A quante copie ammonta una tiratura? Non esiste una tiratura minima obbligatoria, perciò può anche essere di cinque copie. E se un editore riceve ordini, ipotizziamo, per 3.000 copie può ordinare una prima tiratura di 1.000 copie il lunedì, un’altra uguale il mercoledì e un’altra uguale il giovedì, invece di un’unica per la cifra complessiva. Ecco fatte le tre tirature in una settimana, anche se il numero di copie è lo stesso di quelle che avrebbe fatto facendo stampare una sola tiratura di 3.000 copie.

Un fenomeno prima ancora della pubblicazione” significa che è tutto marketing, poi se i lettori ci cascano quel libro vende pure, ma non è certo un’indicazione della sua validità o del fatto che il libro abbia già venduto parecchio.

30.000 copie vendute in un mese”. Davvero? Può darsi che sia vero, intendiamoci, ma l’editore lo sa per certo? Se la vendita iniziale alle librerie ammonta a 30.000 copie e nel giro di un mese la maggior parte delle librerie ha rifornito quel titolo, allora le copie iniziali sono state davvero vendute, perché non si rifornisce un libro che non vende. Ma se le librerie non hanno fatto ordini di rifornimento, come fa l’editore a sapere che quelle 30.000 copie sono state davvero vendute? Magari le librerie ne hanno vendute solo 3.000 e stanno aspettando che passino abbastanza mesi per poter essere autorizzati a rendere 26.000 copie, tenendosene un migliaio caso mai qualcuno volesse acquistare quel libro in seguito.

Elogi vari. Sono veri? In un’occasione ho visto un libro – non vi dico quale perché non mi sono trascritta la frase precisa – con stampata sulla quarta di copertina dell’edizione economica un elogio che, secondo l’editore, proveniva da FantasyMagazine. Quel libro lo avevo segnalato io nella sezione notizie e poco dopo lo avevo pure recensito, ma non ricordavo di aver scritto quelle parole. Ho controllato, e in effetti mi ero espressa in modo lievemente diverso e lievemente meno elogiativo. Sapevo che a volte in traduzione gli editori interpretano a loro vantaggio, ma visto che io scrivo in italiano non sarebbe stato più corretto usare le parole precise? In un’altra occasione un altro editore ha riportato un elogio reale di FantasyMagazine ma invece di indicarci correttamente come fantasymagazine.it ci ha segnalati come fantasymagazine.com, sito che esiste davvero e che non siamo noi. Una svista, certo, ma che mi spinge a non credere troppo a quel che leggo. Magari la citazione è vera, ma magari è un po’… come dire… aggiustata.

Ci sono i paragoni, ora i nuovi autori di fantasy sono tutti novelli George R.R. Martin come prima erano tutti giovani talenti come Cristopher Paolini, prima ancora erano gli eredi di J.K. Rowling e se andiamo ancora più indietro erano tutti il secondo J.R.R. Tolkien.
Sarà, ma non credo che tutti gli autori sui cui libri campeggia quest’indicazione siano davvero bravi come indicato dalla fascetta. Che sia marketing?

Tempo fa mi hanno segnalato un blog dal significativo nome Fascetta nera: http://fascettanera.blogspot.it/. L’autore propone le immagini di alcune fascette in cui si è imbattuto, e qualcuna so benissimo di averla vista anch’io. Se ci si mettono gli editori possono raggiungere risultati di comicità involontaria davvero notevoli. E poi ci sono le fascette fatte al risparmio, in cui evidentemente nessuno sapeva cosa dire del libro ma pubblicarlo senza fascetta per l’editore sarebbe stato come andare in giro nudi. Un Newton Compton senza fascetta? Non sia mai! Eccone allora alcune rigorosamente vere che campeggiano sui libri pubblicati dall’editore romano in quest’ultimo periodo.

Paolo Sciortino, L’ultima battaglia dei pirati: ALL’ARREMBAGGIO!
Monica Murphy, Non dirmi un’altra bugia: ROMANTICO!
Niamh Greene, Tutte pazze per Chanel: ALLA MODA!
Stella Knightley, La ragazza dietro la finestra: BEST SELLER (sarà, ma io non ho notato tutte queste vendite alte)
Laura Schiavini, A qualcuno piace dolce: WOW! IMPERDIBILE
Lindsey Kelk, I love Hollywood: IRRESISTIBILE!
Susanna Quinn, Il fascino della geisha: ZERO INIBIZIONI
Franco Matteucci, La mossa del cartomante: GENIALE!
Beth Gutcheon, Gossip: IN CITTÀ NON SI PARLA D’ALTRO (non ricordo che qualcuno me lo abbia mai chiesto)
Jeri Westerson, La misteriosa morte del ladro di pergamente: UNA GRANDE SAGA
Anthony Riches, L’impero. Lunga vita all’imperatore: EPICO!
Simon Scarrow, L’aquila dell’impero: AVE SCARROW!

Se le fascette sono queste, molto meglio mandare il libro in giro nudo. Anzi, anche se riuscite a produrre di meglio le fascette evitatele del tutto, tanto non servono a niente e mi danno solo sui nervi.

Ho trovato la foto che c’è in cima al messaggio grazie a google, in un articolo di un blogger che evidentemente la pensa come me: http://lelibrerieinvisibili.wordpress.com/2013/11/11/guerra-alla-fascette/. Volete sapere qual’è l’unica fascetta che ho apprezzato davvero? È quella del libro Un drago in salotto di Pierdomenico Baccalario. La frase che c’è sul davanti è il solito elogio, in questo caso firmato da Licia Troisi: “Una favola deliziosa che tratta temi delicati con intelligenza e fantasia. Per tutti quelli ancora convinti che il fantasy non possa parlare anche del reale.” Sul retro però c’è scritta la virità, e cioè che “Non ci sono più le Principesse di una volta. Ma nemmeno i Draghi“. La firma in calce è quella di Smaug.



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