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Fascisti rossi | di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Creato il 15 aprile 2012 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Fascisti rossi

di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Stalin

Stalin

Stalin è troppo arrogante e questo difetto, che può essere tollerato tra di noi e nei rapporti tra comunisti, non è tollerabile in chi occupa il posto di Segretario generale. Perciò propongo che i compagni esaminino la possibilità di allontanare Stalin da tale carica e di sostituirlo con un altro uomo che, prima di tutto, si differenzi da Stalin per una sola dote, cioè una maggiore tolleranza, una maggiore lealtà, una maggiore gentilezza, una maggiore considerazione per i compagni, un temperamento meno capriccioso. (Lenin)

Non bluffare.
Stamattina sono passato davanti al portone.
Tu non c’eri.
C’era però un alito di vento e un tipo strano, avvolto in un impermeabile, che ha cercato di rifilarmi una copia de L’Unione stalinista. Fosse stato solo per il quotidiano l’avrei pure preso, ma quello pretendeva che gli dessi dei soldi a fondo perduto, per finanziare la causa. E quando gl’ho chiesto quale causa, il tizio con l’impermeabile ha solo detto: “Quella proletaria.” Poi si è acceso una sigaretta ed è rimasto ad aspettare che prendessi il giornale, che aprissi il portafogli davanti a lui, che tirassi fuori i denari.
Gl’ho chiesto, a bruciapelo: “Tu, tu sei un proletario?”
E lui: “Un fascista rosso per l’esattezza… un proletario, sì.”
“Come faccio a fidarmi?”
“Vendo L’Unione stalinista, mica noccioline.”
“Non significa niente.”
Il tizio ha cominciato a sbuffare. Dalle nari ha buttato fuori larghe volute di fumo. Pareva un diavolo.
Stavo per tagliare la corda, lasciandolo lì, al suo posto, sotto casa tua; ma quello mi ha agganciato alle spalle, con una mano pesante, così tanto che sembrava di piombo. Allora mi sono voltato di nuovo: il suo volto mi era sconosciuto, i tratti erano sicuramente quelli di un uomo, ma – per assurdo – era come se non avesse degli zigomi ben definiti. Era in ogni caso un volto umano, posso dire solo questo. Se mi venisse chiesto di descrivere questo tipo non ne sarei capace: i dettagli mi sfuggono.
Ad ogni modo, gli ho chiesto di farmi vedere delle foto di famiglia, essendo che diceva d‘essere un proletario. Si è rifiutato con un cenno del capo.
Ho cominciato a temere che avesse una lama nascosta da qualche parte e che me l’avrebbe cacciata nella pancia. Ero già pronto, preparato ad affrontare il peggio, quando l’eco lontana dei cani ha distratto il mio orecchio ma anche di quello lì che mi teneva. Credo d’avergli rifilato un pugno in faccia. E’ stato come sferrarlo addosso a un muro. Ho stretto i denti per non urlare di dolore. All’improvviso il cielo s’è vestito di negre nubi. Mi sono guardato d’attorno disperato, cercandoti. Ma del tuo volto gentile, niente. Solo l’eco dei cani in lontananza.
Ho preso a correre, senza mai gettare lo sguardo dietro di me.
La mia sola speranza di salvezza era di raggiungere i cani. Dovevo seguire il loro abbaiare con l’orecchio. Dovevo essere uno di loro. Ero braccato. Un cane bastardo, solo e braccato.

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