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Fase di stabilizzazione

Da Kisciotte @Kisciotte_Dixit
Finalmente è arrivata. Dopo più di un anno. L’ho attesa paziente e senza ansie, intanto lo so che prima o poi arriva, puntualmente e quando vuole lei. È una costante delle esperienze che mi capitano, quelle significative e con una certa durata.
Di più, quelle significative e piacevoli.Perché alle esperienze brutte o che non mi garbano, magari concedo una chance di verifica, un breve tempo d’appello se proprio voglio togliermi il dubbio di una falsa prima impressione. Poi scarto. E se non posso scartare, perché ci devo per forza convivere, non mi ci abituo mai, ben contento di avvertire un costante senso di malessere e di mai assuefazione. In attesa di una svolta brusca per poterle scalciare a remengo nella polvere fuori dalla portiera del disagio.
Invece con le esperienze piacevoli (che sia un’attività fisica, intellettuale, un hobby, una persona, una passione) sono decisamente impaziente e non mi gestisco granché.Niente di lussurioso per carità, più un bisogno di ricercata sbornia direi.Ne faccio subito scorpacciate, avendone l’occasione. Non conta domandarsi se sia un approccio furbo o sensato, conta il fatto che va così. Finché non arrivo al senso di perseguita sazietà, non mi basta la regolare moderata assunzione attenendosi alle dosi di somministrazione equilibrata.Se vado in vacanza in un posto, lo perlustro tutto l’indomani, mi faccio una mappatura geografica. Se scopro quanto è buono un dolce, presto o prima ci devo fare un'abbuffata, al limite dell'indigestione. Se mi piace una persona le sto addosso per assorbirla e la pirlata ho urgenza di dirgliela al più presto.Non mi interessa se un’emozione posso gustarmela in sette giorni. Lo so che potrei, mica sono scemo. È che ho bisogno di ingozzarmene in sette ore, almeno la prima volta voglio testare il potenziale della mia capacità contenitiva.A una fase di somministrazione emotiva, succede quella di saturazione. Poi, finalmente – può essere dopo una settimana, dopo un mese, dopo un anno, dopo una vita – arriva la fase di stabilizzazione.E trovo un certo equilibrio radicato. Per dirla meglio: il battito si regolarizza, i motori vanno a regime, e si innesca una specie di pilota automatico, una centralina della caldaia che mantiene la fiamma costante.È un momento delicato, perché la fiamma in quel passaggio fasico potrebbe languere fino a spegnersi, senza che nulla io possa fare per ovviare. È però per me un passaggio irrinunciabile, la verifica dell’attivarsi di una fiammella significativa, di un fuoco che schioppetta tranquillo e costante, dal quale svetteranno ancora forti, sporadiche fiammate, che sotto il limite della fiammella probabilmente non andrà mai più. Probabilmente, che nulla è dato per certo.Sta accadendo in queste settimane anche col blog. Prima non potevo fare a meno di girare, leggere, commentare, conoscere, rispondere. Ora non posso fare a meno di fare il contrario.Prima era un fiammeggiare da pan e vin euforico, che presto o prima si spegne. Ora è in fase di verifica il passaggio in modalità fiamma stabile, affidabile e discreta. Da ceppo nella stufa insomma, che magari sonnecchia nella brace per divampare al bisogno.Mi piace quando entro in questa fase, quando mi placo. Segno che un'esperienza si fa familiare o estranea. Mi piace anche il brivido e il rischio che dalla combustione che incenerisce si passi al languore che si assopisce, fino a spegnersi. Tant’è.Ecco, direi che sto al preludio di una stabilizzazione, in piena sospensione, trattenendo il fiato prima di fare un passo. È quando mi rannicchio a tana dentro me stesso, trattenendo le parole, il calore, il superfluo, risucchiando tutto l’ossigeno, facendo scorta di energie in attesa di un viaggio lungo e regolare; il battito si fa bradicardico, il respiro più lungo e profondo, con qualche sospirone. La vivo distaccata e centellinata.Prima non potevo fare altrimenti che agitarmi, ora non posso fare altrimenti che contemplare con concupiscente, selezionante distacco.Prima non potevo fare a meno di fiondarmi a leggere quel post in quel sito. Ora mi viene naturale non avere impulso. Che non è apatia, direi piuttosto una sosta autogrill, fuori dal flusso vorticoso, una presa di distanza, una certa indolenza che economizza l’emozione, valutando di rimettersi il carreggiata per un tragitto sul tempo lungo.Un domestico nirvana di disincanto, impossibile da cogliere senza i precedenti altrimenti.Una roba del genere insomma. Io ce l'ho chiara 'sta roba anche se non so se l'ho resa chiaramente. Manco mi interessa d'averla esternata chiaramente. Anche questo è un sintomo caratteristico di questa fase di trattenimento.
K.

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