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Fassina, il guardiano del museo

Creato il 29 novembre 2012 da Faustodesiderio

Stefano Fassina non ha mai fatto mistero delle sue posizioni anti-Monti. Legittimo? Legittimo. Ma se si fa parte del Pd – come ne fa parte Fassina – quel Pd che ha voluto e tuttora sostiene il governo Monti, beh, allora si potrà anche essere legittimamente anti-Monti ma contemporaneamente si sarà anche imbarazzanti, confusi, equivoci e inaffidabili. Il Pd, Pierluigi Bersani in testa, confida in un’arma sicura: la distrazione di massa. Tuttavia, che tra Fassina e la responsabilità di governo ci sia ormai non solo qualche problema, ma anche una palese incompatibilità, è dimostrato dallo stesso Fassina. 

L’altra sera, a Ballarò, pur di dimostrare la sua fede antimontiana ha definito con sarcasmo il ministro dell’Ambiente Corrado Clini «il ministro dell’Industria». Quale la “colpa” di Clini? Darsi da fare per rafforzare l’Autonomia integrata ambientale – Aia – e nominare un commissario straordinario, dunque un garante dell’attuazione della procedura di risanamento per lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto. Insomma, il ministro prova a fare il suo lavoro e il suo dovere per tentare di risolvere un grave problema ambientale e industriale italiano per assicurare un reddito a circa 20 mila famiglie e Stefano Fassina non trova di meglio da fare che sbeffeggiarlo seduto su una poltrona da salotto televisivo. La situazione è quella che è e richiede prudenza ma allo stesso tempo scelte concrete per dare risposte immediate e certe. Questa la situazione, ma non per Fassina che ritiene che la priorità assoluta sia la fine del governo Monti. Il caso dell’Ilva di Taranto – che in realtà non riguarda solo la città del Metaponto ma la nazione intera e ha effetti economici e industriali sul piano internazionale – è solo uno dei problemi e dei temi nazionali che l’economista del Pd pensa di poter affrontare – ecco il punto – al di fuori dell’agenda Monti. Il vero problema per Fassina non è l’economia reale del Paese ma il rigore del governo Monti che di fatto ci ha tirato fuori, con i sacrifici delle famiglie italiane, dai guai di insolvenza del debito in cui lo Stato italiano era. L’onestà intellettuale vuole che si prenda atto della realtà e si ammetta che se l’agenda Monti non fosse esistita la si sarebbe dovuta inventare. Sulle soluzioni e gli interventi si potrà discutere finché si vuole, ma sul risultato immediato ottenuto dal governo Monti – risultato che se non fosse stato immediato sarebbe stato vano – non resta altro da fare che prendere atto del buon lavoro svolto. Buon lavoro perché? Perché è stato curato l’interesse nazionale. Si è proceduto con tentativi, si sono commessi errori ma chi conosce le cose degli uomini sa che bene che non c’è altro sistema per provare a combinare qualcosa di buono: si sbaglia e ci si corregge. In un solo caso non si segue questa strada: se si ha, come ce l’ha Stefano Fassina, la verità in tasca.

È proprio questo l’aspetto paradossale della critica che Fassina rivolge ogni santo giorno al governo del Pd: in che modo un altro governo del Pd sarà in grado di garantire l’interesse nazionale senza il proseguimento dell’agenda Monti? La continuità, infatti, non è garantita dal Pd ma dall’agenda Monti. È vero che il Pd, sia con Bersani sia con Renzi, non vuole tanto la continuità ma la discontinuità e afferma di voler andare “oltre Monti”, ma per i tempi che abbiamo vissuto e per quelli che viviamo è bene anche che si dica che tutte queste sono semplice formulette che lasciano il tempo che trovano mentre l’unica cosa che il tempo non lascia sono i problemi del debito, della spesa pubblica e della crescita che così come sono ancor oggi pendono tutti dalla parte sbagliata. Detto in due parole: l’Italia non è un paese virtuoso e non è in grado con le sue forze di pagare i suoi debiti da cui dipendono i nostri beni e servizi. L’agenda Monti, che piaccia o no, è un percorso che va fatto per garantire alla nazione di poter contare sulle sue forze per pagare e produrre i suoi beni. È un discorso civile serio che si basa sulla verità, ma a Fassina non interessa perché lui la verità ce l’ha in tasca.

tratto da Liberalquotidiano.it del 29 novembre 2012



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