impressione d’artista dei getti di plasma espulsi dal buco nero supermassiccio situato nella galassia NGC 3862
Credits: Stardate Black Hole Enciclopedia
Quando sfrecci nello spazio a più del 98 per cento della velocità della luce, potresti andare incontro a qualche spiacevole incidente. In effetti, un gruppo di astronomi ha appena accertato per la prima volta un tamponamento tra due soggetti assai particolari: due bolle di materia, catapultate nello spazio ad altissima velocità dall’esuberanza incontenibile di un buco nero. L’occhio elettronico che ha reso possibile questa scoperta è il Telescopio Spaziale Hubble, che ha fotografato per anni un getto di plasma espulso da un buco nero supermassiccio, residente all’interno di una galassia localizzata a 260 milioni di anni luce dalla Terra. Quando i ricercatori hanno messo assieme tutti i fotogrammi, il video risultante ha messo in luce tutta la dinamica della collisione cosmica, che da Terra appare ancora più impressionante.
La scoperta fornisce nuove indicazioni sul comportamento di questo tipo di getti, che si protendono nello spazio intergalattico come gigantesche spade laser, così carichi di energia che sembrano sprizzare fuori dai buchi neri a velocità diverse volte superiori a quella della luce. Naturalmente, questo movimento “superluminale” è solo un effetto ottico, dovuto sia alla velocità estrema dei getti che al fatto di essere allineati con il nostro punto di vista, avvicinandosi piuttosto che allontanandosi da noi.
Il comportamento di questo tipo di getti extragalattici non è ancora del tutto chiaro, sembrano trasportare il plasma energetico in un fascio ristretto che parte dal buco nero al centro della galassia ospite. Gli shock prodotti dalle collisioni all’interno del getto stesso accelerano ulteriormente le particelle e illuminano la regione dove il materiale collide.
Il video è stato realizzato assemblando le immagini della galassia ellittica NGC 3862 che Hubble ha “visto” nella luce ottica nel 1992, e raccoglie venti anni di osservazioni. La NGC 3862 è la sesta galassia più brillante tra quelle attive i cui getti sono individuabili nella luce visibile ed è situata all’interno dell’ammasso di galassie noto come Abell 1367, o anche come Ammasso del Leone.
Una serie di fotogrammi nell’ottico raccolte da Hubble del getto di plasma espulso dal buco nero supermassiccio al centro della galassia ellittica NGC 3862 rivela i cambiamenti occorsi negli ultimi 20 anni.
Credits: Eileen Meyer
Il getto osservato ha una struttura a “collana di perle”, dove le perle sono composte da agglomerati di materia luminoso. Grazie alla risoluzione nitida delle immagini di Hubble ed alla sua stabilità ottica nella lunga distanza Eileen Meyer, dello Space Telescope Science Institute (STScI) di Baltimora e prima firmataria dello studio (che vede la partecipazione di Marco Chiaberge dell’Istituto di Radioastronomia dell’INAF), ha assemblato il video con le immagini d’archivio, per cercare di comprendere meglio il comportamento dei getti di plasma. La studiosa è rimasta anche lei sorpresa nel vedere uno degli ammassi di materia schizzare fuori dal cuore del buco nero ad una velocità apparente di sette volte quella della luce ed andare a scontrarsi con la coda di un ammasso più lento lungo il percorso del getto.
Questo tamponamento galattico ha illuminato in modo evidente le bolle di materia che si sono scontrate.
«Nulla di simile era mai stato osservato in un getto extragalattico», dice la Mayer. E, dato che le bolle di materia continuano a fondersi e continueranno a brillare per i decenni a venire, aggiunge «Avremo la rara opportunità di vedere come l’energia derivante dalla collisione sarà dissipata attraverso radiazioni.
Se, infatti, non è difficile osservare ammassi di materia espulsi in getti da oggetti compatti, è raro osservare questo fenomeno con telescopi ottici, e per giunta espulsi da un buco nero a decine di migliaia di anni luce di distanza.
Oltre ai buchi neri anche le stelle di nuova formazione espellono getti di gas che hanno una struttura filamentosa lungo la quale la materia forma dei “nodi”. Una teoria è che il materiale che cade sull’oggetto centrale sia surriscaldato ed espulso lungo l’asse di rotazione dell’oggetto. Potenti campi magnetici costringono la materia in un getto sottile. Se il flusso del materiale in caduta non è costante, le bolle di materia vengono “sparate” come se fossero una serie di palle di cannone, come una stringa piena di nodi, piuttosto che come un getto omogeneo.
Qualunque sia il meccanismo sottostante la bolla di materia si farà strada nello spazio intergalattico, e può darsi che una bolla “sparata” successivamente incontri meno resistenza e raggiunga la precedente, dando luogo a questa sorta di tamponamento galattico.
Al di là della collisione, che continuerà a dispiegare i suoi effetti per i prossimi decenni, questa scoperta rappresenta la seconda misurazione di moto superluminale mai effettuata a centinaia di migliaia di anni luce dal buco nero da cui il getto ha avuto origine. Questo indica come i getti di plasma siano ancora molto vicini alla velocità della luce anche quando raggiungono distanze che iniziano a rivaleggiare in scala con quelle della galassia ospite . Queste misure possono dare indicazioni su quanta energia i getti “trafughino” dalla galassia ospite ed aiutarci a comprendere come le galassie si evolvano man mano che l’Universo invecchia.
La Meyer, il cui studio è pubblicato su Nature, sta attualmente lavorando ad ulteriori immagini catturate da Hubble su due altri getti osservati nel vicino Universo, e sottolinea come sia stato possibile realizzare lo studio proprio grazie alla longevità del più famoso tra i telescopi spaziali, che ha permesso di raccogliere dati per un arco di tempo così lungo.
Diversi getti extragalattici sono stati rilevati a raggi X e con le onde radio in numerose galassie attive alimentate da buchi neri centrali, ma solo pochi sono stati osservati in luce ottica. Rimane infatti ancora da chiarire il perché alcuni di questi getti siano osservabili nell’ottico, mentre altri rimangono invisibili alla stessa frequenza.
Fonte: Media INAF | Scritto da Francesca Aloisio