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Father Mine .::. J.R. Ward

Creato il 16 ottobre 2010 da Nasreen @SognandoLeggend

Father Mine .::. J.R. Ward

Father Mine .::. J.R. Ward

Father Mine (J.R. Ward)

Traduzione: Anonimo

 

UNO

“Bella sembra essersi rimessa completamente.”

Davanti al ripiano della cucina della Confraternita del Pugnale Nero, Zsadist prese in mano un coltello e tenendo ferma la lattuga con la sinistra, iniziò a tagliarla con precisione in striscioline larghe pochi centimetri.

“Sì.”

Gli piaceva Doc Jane. Cavolo, le era immensamente grato per ciò che aveva fatto per Bella, ma comunque doveva ricordarsi continuamente di fare attenzione a come comportarsi: sarebbe stato maledettamente scortese strappare via la testa della donna che non solo era la shellan di suo fratello, ma che aveva salvato l’amore della sua vita dal morire durante il parto.

“Lei ha recuperato meravigliosamente a due mesi dal parto.” Continuò Doc Jane guardandolo attraverso la tavola, la sua borsa da dottore, accanto alla sua mano spettrale.

“E Nalla cresce che è una meraviglia. Gente, i piccoli vampiri crescono molto più veloci dei bambini umani. E’come se lei avesse nove mesi non due.”

“Si, è vero loro stanno proprio bene.”

Lui continuò ad affettare meccanicamente la lattuga, le cui foglie si aprivano libere in nastri ricci verdi come se stessero applaudendo alla loro libertà.

“E tu come ti senti ad essere un papà..?”

“Cazzo!”

Lasciando cadere il coltello, lui bestemmiò e alzò su la mano con cui stava tenendo la lattuga. Il taglio era profondo, giù fino all’osso, ed il suo sangue rosso colava copiosamente.

Doc Jane si avvicinò a lui. “Ok, andiamo sul lavandino.”

Intelligentemente, lei non lo toccò sul braccio o tentò di condurlo con una spinta sulla sua spalla; lei appena è apparsa in lontananza indicando il lavello.

A Z non piaceva essere toccato da nessuno tranne Bella, anche se lui aveva fatto dei progressi: ora, se il contatto fosse inaspettato, la sua prima mossa non era raggiungere un’arma nascosta e tagliare la gola di chiunque avesse osato toccarlo.

Quando loro erano di fronte al lavandino, Doc Jane aprii il rubinetto al massimo così che c’era un caldo afflusso che scendeva nel lavello di porcellana.

“Sotto” lei disse.

Lui allungò il suo braccio e mise il suo pollice sotto l’acqua calda. Il taglio bruciò da morire, ma lui non si lamentò.

“Permettimi di indovinare. Bella ti ha chiesto di venire a parlarmi?.”

“No.” Quando lui le sparò un’occhiata, il buon dottore scosse la sua testa.

“Ho esamino lei e la bambina. Tutto qua.”

“Bene, perché io sto bene.”

“Immaginavo che avresti detto questo.” Doc Jane incrociò le sue braccia e lo fissò con uno sguardo che gli ha fatto venir voglia di costruire un muro di mattoni fra loro due. Non era importante che lei fosse in uno stato solido o traslucido, come lei era in questo momento. Quando lui si trovava ad essere guardato dalla donna in questo modo, era come se il suo corpo venisse interamente raschiato. Non c’era da domandarsi come mai lei e V andassero così d’accordo.

“Bella ha accennato al fatto che tu non ti nutri del suo sangue.”

Z alzò le sue spalle “Nalla ha bisogno di quello che il corpo di Bella può darle più di me.”

“Tuttavia una cosa non esclude l’altra. Bella è giovane e sana. E tu hai lasciato che lei si alimentasse da te.”

“Chiaramente. Qualsiasi cosa per lei. Lei e la sua bambina.”

C’era un silenzio lungo. “Vuoi forse parlare con Mary?”

“Di cosa?” Z spense l’acqua e scosse il suo palmo. “Solo perché sono rispettoso delle richieste della mia shellan, tu pensi che io ho bisogno di uno psicologo? Che diavolo!”

Lui strappò un asciugamano di carta dal rotolo montato sotto gli armadietti ed asciugò la sua mano.

“Per chi è l’insalata che stai preparando, Z?” il dottore chiese.

“Cosa?”

“L’insalata, per chi è?”

Lui aprì il bidone dell’immondizia e gettò la carta dentro. “Bella. È per Bella. Guarda, non offenderti, ma….”

“E quando è stata l’ultima volta che tu hai mangiato?”

Lui alzò le sue mani  “Stop! Per l’amor del cielo! Basta. Io capisco che tu vuoi aiutare, ma io sono al limite e l’ultima cosa di cui noi abbiamo bisogno è che Vishous si presenti da me perché io ti ho azzannato. Ho capito il tuo punto…..”

“Guarda la tua mano!”

Lui gettò uno sguardo in giù. Il sangue stava scorrendo dal tampone di carta del suo pollice giù al suo polso e ancora più giù al suo avambraccio. Se lui non avesse avuto addosso una maglietta a maniche corte, il sangue l’avrebbe macchiata fino al gomito. Invece, stava gocciolando sopra la piastrella di terracotta.

“Tu fai un lavoro pericoloso dove conti sul tuo corpo per fare tutte le cose che ti tengono dall’essere ucciso. Non vuoi parlare con Mary? Bene. Ma tu hai bisogno di mantenere il tuo corpo in salute. Quel taglio ad ora, avrebbe dovuto essere chiuso. Non ha, e io sono disposta a scommettere che sanguinerà per la prossima ora.” Lei si scosse la testa.

“Wrath mi ha nominato il medico personale della Confraternita. Per cui ti avviso, se tu continui a mangiare, alimentarti e dormire in modo tale che danneggia le tue prestazioni, io metto il suo fondoschiena in panchina!”

Z fissò le goccioline rosse e lucenti che colavano dalla ferita. La pista di sangue passava diritta sul nastro nero largo un paio di centimetri che era stato tatuato sul suo polso quasi duecento anni fa, il simbolo della sua schiavitù di sangue. Z ne aveva uno anche sull’altro braccio ed uno sul suo collo.

Allungandosi, strappò via un’altra sezione di asciugamano di carta passandolo sulla pista di sangue. Il sangue venne via facilmente, ma non c’era nessuno modo di tirare via i marchi che la sua  padrona ammalata gli aveva lasciato. L’inchiostro era imbevuto nella sua pelle, simbolo perenne che lui era una proprietà, da usare e non un individuo che poteva vivere la sua vita.

Per nessuna buona ragione, lui pensò alla pelle di Nalla, così incredibilmente liscia e completamente perfetta. Tutti avevano notato quanto era soffice: Bella, tutti i suoi fratelli, tutte le shellans della casa. Quando la prendevano in braccio era la prima cosa che dicevano. Lei era morbida come un cuscino, lei era così perfetta da abbracciare.

“Hai mai tentato di rimuovere i tatuaggi?” chiese leggermente Doc Jane.

“Loro non possono essere rimossi”, Z risposte, abbassando la sua mano.”All’inchiostro è stato aggiunto il sale e questo lo rende permanente sulla nostra pelle.”

“Ma hai mai tentato? Ora usano il laser per rimuovere i tatuaggi.”

“Farei meglio a prendermi cura di questo taglio così io posso finire di fare l’insalata.” Lui afferrò un altro pezzo di asciugamano di carta. “Avrò bisogno di garza e nastro.” disse Z.

“Li ho nella mia borsa.” Lei si girò per muoversi fino alla tavola.

“No grazie, posso prendermi cura da solo di questo.”

Doc Jane lo fissò “Chiariamo una cosa: Non mi interessa se sei indipendente, io non starò qui  guardandoti comportare come uno stupido. Quella panca ha il tuo nome scritto sopra.”

Se lei fosse stata uno dei suoi fratelli, lui avrebbe scoperto le sue zanne e gli avrebbe soffiato. Ma lui non poteva fare questo a Doc Jane e non solo perché lei era una donna, il fatto era, che lui non poteva veramente contestare niente che lei aveva detto. Infatti lei gli aveva dato niente più che un’obiettiva opinione medica.

“Ci siamo capiti?” lei incitò, improvvisamente non impressionata da come lui la stava guardando.

“Sì.”

“Buono.”

 

“Lui ha questi incubi… Dio, gli incubi.”

Bella si inclinò giù e mise il pannolino sporco nel bidone. Lei prese un altro  pannolino da sotto il fasciatoio e tirò fuori il talco e le salviette per bambino. Prendendo con le mani le caviglie di Nalla, lei sollevò sua figlia, una passata veloce con una salvietta, spruzzò il talco e poi scivolò il pannolino fresco al suo posto.

Attraverso la stanza dei bambini, la voce di Phury era bassa. “Incubi, su essere uno schiavo di sangue?”

“Deve essere quello.” Lei abbassò il sederino di Nalla e fissò con il nastro i lati del pannolino. “Perché lui non vuole parlarmene.”

“Sta mangiando? Si nutre?”

Bella scosse la testa come lei chiudeva le clip del body di Nalla. Il body era rosa pastello e sopra aveva dei piccoli teschi con ossa incrociate. “Sta mangiando molto poco come cibo ed assolutamente niente di sangue. È come. . . Io non so,… il giorno in cui lei è nata, lui era così stupito ed occupato e felice. Ma poi è come se qualcosa in lui è scattato e lui si e chiuso in se. E’ ritornato pressoché com’ era all’inizio.”

Lei fissò giù Nalla che stava accarezzando il disegno sul suo piccolo pancino.

“Mi dispiace ti averti fatto venire quaggiù. . . . e che non so più che altro fare.”

“Io sono contento che mi hai chiamato. Sai che io ci sarò sempre per te, ..per entrambi.”

Bella si voltò cullando Nalla sulla sua spalla. Phury stava inclinandosi contro il muro color crema della stanza dei bambini, il suo corpo enorme che copre il modello di coniglietti e scoiattoli e daini dipinti a mano sul muro.

“Io non voglio metterti in una posizione difficile o portati via da Cormia inutilmente.”

“Bella, non preoccuparti!” Lui scosse la sua testa, i suoi capelli multicolore luccicarono.

“Se io sono calmo, è solo perché sto tentando di pensare qual’è la migliore cosa da fare. Parlare con lui non è sempre la soluzione.”

“Vero. Ma io non ho più idee e sto perdendo la pazienza.” Bella si mosse sedendosi sulla sedia a dondolo e spostando la bambina nelle sue braccia.

Dalla piccola faccia angelica, gli occhi giallo brillante di Nalla guardavano in giro ed il riconoscimento era nel suo sguardo fisso. Lei seppe precisamente chi era con lei. . . e chi non c’era. La consapevolezza era entrata nell’ultima settimana  più o meno. E cambiò tutto.

“Z non la tiene in braccio, Phury. Lui non la prende in braccio.”

“Dici sul serio?”

“Dannazione, quand’è che la depressione  dopo parto finirà? Frigno per nulla.”

“Aspetta Bella, neppure una volta? Lui non l’ha presa dalla culla …?”

“Lui non vuole toccarla. Cavolo, puoi passarmi dei fazzoletti?” Quando Phury le passò la scatola dei fazzolettini di carta, lei tirò fuori uno e lo pigiò ai suoi occhi. “Io sono tale confusione. Tutto quello al quale io posso pensare è Nalla che passa la sua intera vita che si chiede perché suo padre non l’ama.” Lei bestemmiò leggermente come caddero più lacrime. “Ok, questo è ridicolo.”

“Non è ridicolo”, lui disse. “Veramente non è.”

Phury si inginocchiò, tenendo la scatola dei fazzoletti. Assurdamente, Bella notò che la scatola aveva un disegno di una via di alberi frondosi con una bella strada che si allungava via nella distanza. Su entrambi i lati i cespugli erano fioriti con fiori rosa e gli alberi stavano indossando gonne di tulle.

Lei immaginò di camminare in quella strada . . . in un luogo che fosse migliore di quello in cui lei ora era.

Lei prese un altro fazzoletto. “La cosa è, che io sono cresciuta senza un padre, ma almeno io avevo Rehvenge. Io non posso immaginare come sarebbe avere un papà che è vivo, ma morto per sua figlia.” Con un piccolo suono, Nalla sbadiglio e tirò su col nasino, strofinando la sua faccia con la schiena del suo pugnetto. “Guardala. Lei è così innocente. E lei ricambia l’amore così bene. . . Io voglio dire. . . Oh, per la causa di Dio, io comprerò una scorta di fazzoletti di carta!”

Con un rumore disgustato lei strappò fuori un altro fazzolettino. Bella asciugò le sue lacrime evitando di guardare Phury, e lasciò i suoi occhi vagare nella stanza allegra che, prima della nascita di Nalla, era stata una stanza armadio. Ora era tutto per la bambina, per la famiglia, con la sedia a dondolo che Fritz aveva fatto a mano, appaiata con il fasciatoio, e la culla che era ancora decorata con fiocchi multicolori.

Quando il suo sguardo fisso si fermò sulla libreria con tutti i suoi grandi, grossi libri, lei si sentì anche più male. Lei e gli altri fratelli erano gli unici che leggessero a Nalla, che fecero sedere la bimba sul loro grembo piegandola nella sua coperta luccicante e le raccontassero le storie rimando le parole.

Non era mai suo padre, anche se Z aveva imparato a leggere pressoché un anno fa.

“Lui non parla di lei come sua figlia. È mia figlia. Per lui, lei è la mia, non la nostra.”

Phury fece un suono disgustato. “Mh, io sto tentando di resistere alla spinta di prenderlo a pugni”

“Non è colpa sua. Io voglio dire, dopo tutto quello che lui ha dovuto superare. . . Forse, io avrei dovuto aspettarmi questo.” Lei schiarì la sua gola. “Io voglio dire, la gravidanza non fu progettata, ed io mi chiedo. . . e se lui è seccato con me e si pente di aver avuto Nalla?”

“Bella tu sei il suo miracolo. Tu lo sai.”

Lei prese più fazzoletti e scosse la sua testa. “Ma non sono più solo io. Ed io non posso crescere Nalla qui se lui non può affrontare la vita con entrambe. . . . Io voglio lasciarlo.”

“Whoa, io penso che quello è un po’ prematuro.”

“Lei sta cominciando a riconoscere le persone, Phury. Lei sta cominciando a capire che suo padre l’ha chiusa fuori. Z ha avuto tre mesi per essere usato all’idea. Col tempo, lui è diventato peggiore, non migliore.”

Come Phury bestemmiò, lei alzò i suoi occhi guardando gli occhi giallo brillante del gemello del suo hellren. Dio, lo stesso colore giallo che splendeva negli occhi di sua figlia, così non c’era verso di guardare Nalla senza pensare a suo padre.

Ed ancora. . .

“Seriamente” Bella disse, come pensi che sarà la situazione da qui ad un anno? Non c’è niente di più solitario che dormire vicino a qualcuno che è perso, è come se Z se ne fosse andato, o avendolo come un padre.”

Nalla alzò la sua manina grassoccia ed afferrò uno dei fazzoletti.

 

“Non sapevo che tu eri qui.”

Gli occhi di Bella si spostarono velocemente alla via d’accesso. Zsadist stava stando là in piedi, un vassoio nelle sue mani con un insalata ed una brocca di limonata. C’era una benda bianca sulla sua mano destra ed un completo “non chiedere” sulla sua faccia.

Apparendo là in lontananza, sul limite della stanza della bambina lui appariva precisamente come quando lei l’aveva visto e si era innamorata: un maschio gigantesco con un cranio rasato ed una cicatrice che scendeva giù sulla sua faccia, i nastri di schiavo ai suoi polsi e sul suo collo e con gli anelli ai capezzoli che si intravedevano attraverso la maglietta nera che lo fasciava.

Lei ripensò alla prima volta che lei l’aveva visto, Z stava boxando con il sacco, giù nella palestra  d’addestramento del centro. Lui si muoveva incredibilmente veloce sui suoi piedi, ed i suoi pugni volavano più veloci che il suo occhio potesse seguire, con il sacco che sbatteva ferocemente dai colpi e senza neppure una pausa, lui aveva sguainato un pugnale nero dalla fondina nel suo torace ed aveva  pugnalato il sacco, lacerando la lama attraverso il cuoio e facendo cadere fuori l’imbottitura come se fossero gli organi interni di un Lesser.

Con il passare del tempo lei imparò che il combattente fiero non era tutto quello che c’era in lui. Le sue mani  avevano in loro, grande gentilezza e quella faccia rovinata, con il suo labbro superiore distorto, sapeva sorriderle e guardarla con amore indicibile.

“Sono venuto per vedere Wrath”, disse Phury, alzandosi.

Gli occhi di Z andarono subito alla scatola dei fazzolettini di carta che il suo gemello stava tenendo e subito dopo ai batuffoli di fazzoletti nella mano di Bella. “Ah, si?”

Z entrò e mise giù il vassoio sulla scrivania dove erano appoggiati i vestiti di Nalla, senza guardare sua figlia comunque, lei seppe che lui era nella stanza. La bambina girò la faccina nella sua direzione, i suo occhi concentrati con supplica e le sue piccole paffute braccia alzate verso lui.

Z indietreggiò fuori nella sala. “Buona riunione. Io sto andando fuori a caccia.”

“Io ti accompagnerò alla porta”, disse Phury.

“Non ho tempo ora. Più tardi.” Gli occhi di Z incontrarono Bella per un momento. “Ti amo.”

Bella abbracciò Nalla più vicino al suo cuore. “Anche Io ti amo. Abbi cura di te.”

Lui accennò col capo una volta e poi lui fu andato.

 

Continua…


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