Spesso la natura offre spettacoli da brivido. Il brivido è causato dal fascino di uno spettacolo in tutte le sue declinazioni: incanto o stupore, paura o terrore, ammirazione o coinvolgimento, piacere o estasi...
Nel caso dei rettili, uno spettacolo da brivido viene offerto – come spesso accade in natura – da una strategia comportamentale: per conseguire risparmio di calore, le serpi attuano il cosiddetto svernamento di gruppo; numerosi individui (addirittura centinaia!) realizzano uno stretto contatto che permette il mantenimento di temperature più elevate negli ibernacoli. Sono stati osservati anche casi di svernamento di specie diverse nelle stesse cavità, talvolta anche di prede e predatori in contemporanea: coesistenza possibile in quanto nei periodi freddi i rettili non si alimentano.
Quando escono dall’ibernazione in primavera, le serpi offrono uno spettacolo impressionante formando enormi grovigli di maschi che cercano di accoppiarsi con le femmine.
A queste immagini spesso si ispira l’uomo nel suo linguaggio, quando utilizza il fenomeno naturale sopra illustrato per rappresentare in senso spregiativo una situazione di intrighi o un intrico di personaggi infidi.
A questa metafora è ricorso François Charles Mauriac, premio Nobel per la letteratura nel 1952: in “Groviglio di vipere” (Le noeud de vipères), Mauriac enfatizza gli esiti che il denaro produce sui rapporti umani. Luigi, il protagonista, è un vecchio avaro che reputa il denaro strumento per ottenere il rispetto dei figli: al loro amore ha rinunziato, sovrastato da un carattere gelido e calcolatore. In questo clima la famiglia del vecchio è dominata da odio, antipatie e interessi che lui stesso ha seminato. Quando sente di essere alla fine dei suoi giorni, Luigi tenta di riscattare la sua vita solitaria e rancorosa. Nella lettera che scrive alla moglie, il vecchio analizza e confessa in modo spietato, senza cercare attenuanti o giustificazioni, le proprie colpe, ma al tempo stesso accusa, in modo altrettanto spietato, moglie e figli di egoismo ed avidità.
Groviglio di vipere non è soltanto è la famiglia (“parenti serpenti”!), ma anche la commistione di sentimenti negativi – odio, rancore, invidia, gelosia… - che affollano il cuore.
Andrea Camilleri ha intitolato “Un covo di vipere” l’opera nella quale il commissario Montalbano indaga sull’omicidio di Cosimo Barletta, personaggio spregevole (“Barletta non era sulamenti un affarista senza scrupoli, ma un omo capace di approfittarisi d’una picciotta in difficortà e po’ di ricattarla per continuari a portarisilla a letto”) e cinico, e sulla di lui famiglia: “’na bella famiglia, non c’era che dire! Forsi un covo di vipere era meglio.” L’indagine s’incentra sulle figure dei figli Arturo e Giovanna e riporta a galla perversioni gorgoniche e complessi degni di figure come Edipo ed Elettra (“S’accapiva che quella speci di tragedia greca che era capitata nella sò famiglia l’aveva signata”).
Bruno Elpis