Il momento no che mi aveva accompagnato per lungo tempo sembrava agli sgoccioli. Mi lasciavo alle spalle mesi di sofferenze varie, tutte poco piacevoli. Avevo una gran voglia di riprendere il mio ritmo abituale, fatto di sorrisi e di buone compagnie. Così presi contatto con un paio di amiche, quelle “vere”, e con loro decisi di dare una svolta alla mia vita. Radicale! Senza indugi. Per prima cosa iniziammo a uscire all’ora dell’aperitivo. Quel localino faceva al caso nostro, bella musica, anche dal vivo, una gioventù che alla sola vista sprizzava felicità. Passarono a prendermi verso le diciannove Marina e Katia. Erano in gran tiro, gonna sopra il ginocchio e una camicetta con una scollatura niente male per Marina e tubino nero per Katia, che metteva in risalto le forme prosperose, in particolar modo del lato “b”, la parte anatomica che più invidiavamo a Katia. Come diavolo facesse ad averlo così sodo glielo chiedevamo tutte le volte, lei in tutta risposta si faceva una grassa risata dicendo che era tutto merito del suo “amore”. Ne sapevamo quanto prima. Io indossavo un paio di jeans e un maglioncino che mi lasciava scoperta la pancia, me lo potevo permettere, visto che ero dimagrita una decina di chili.
Favignana
Quei quattro ragazzi stavano suonando meravigliosamente, stranamente azzeccavano tutte le mie canzoni preferite, all’inizio pensai al caso, poi mi resi conto di essere in sintonia con loro. Soprattutto col batterista, che mi stava letteralmente spogliando con gli occhi. Aveva uno sguardo penetrante e non lo abbassava mai per primo. Sfacciato, pensai. Era più giovane di me, di una decina d’anni a occhio e croce. I suoi lunghi capelli neri accarezzavano le sue spalle sudate per lo sforzo profuso nel ritmico tamburellare sui piatti. Fecero una pausa e dopo qualche minuto ce li trovammo al tavolo, tutti e quattro. Una battuta, un brindisi e rompemmo il ghiaccio, quando riattaccarono a suonare ci dedicarono una canzone melodica.
Favignana
Evidentemente sapevano quali tasti toccare per far vibrare le nostre corde. Noi andammo a ballare e loro continuarono nel loro spettacolo. Ci salutammo con un bacio e un abbraccio. Il giorno dopo squillò il mio cellulare e, sorpresa, era Andrea, il batterista della sera prima. Mi ero dimenticata che ci eravamo scambiati i numeri del cellulare, ma lui, con precisione chirurgica, mi invitò a cena per la sera. Rimasi un po’ stupita dal suo entusiasmo, ma accettai con piacere. Mi preparai facendo il bagno nella vasca, la riempii con acqua tiepida e mi “tuffai” nella mia piscina. Avevo avuto premura di accendere una buona musica, rilassante, ma non troppo, non sia mai che mi rilassi troppo. Il bagnoschiuma creava enormi bolle sul mio corpo, lo accarezzavo e sentivo crescere un desiderio che ben conoscevo. La mia mano indugiò sui capezzoli e poi scivolò verso il mio nido, che rispose a meraviglia. Venni quasi subito, tanto era il periodo di forzata astinenza cui ero stata sottoposta. Scelsi una gonna corta e una camicetta, ebbi molta cura nell’intimo, come sempre, era un mio vezzo personale, amavo il colore bianco all’ossessione, il reggiseno amplificava le mie già belle tette, portavo una quarta, per le mutandine avevano usato pochissimo materiale tanto erano piccole. Ci incontrammo di fronte al locale della sera prima. Era un gran bel figo Andrea. Alto e moro, aveva raccolto i capelli con un elastico e dimostrava ancor meno dei suoi anni. Parlammo di musica e di film, dopo l’aperitivo decidemmo di andare a mangiare in quel localino sul mare, dimenticavo di dire che eravamo a Favignana, una delle più belle isole delle Egadi in Sicilia. Il nostro tavolo si affacciava sul mare e potevamo sentire il rumore delle onde. Panorama stupendo per una coppia di innamorati, ma noi non lo eravamo, per il momento. Andrea tradiva l’emozione toccando continuamente il bordo del bicchiere con un dito, sempre che non fosse un suo tic personale. Sentivo il suo sguardo di ammirazione percorrermi il corpo, e la cosa mi faceva piacere. Parlammo ancora di musica, dei suoi inizi come batterista in un gruppo di amici, fin dalla tenera età amava quello strumento, diceva che riusciva a scaricare tutte le sue timidezze, sarà, a me non sembrava per niente timido. Ed era delicato nei modi. Al punto che per un attimo mi domandai se fosse gay, se lo era gli piacevano entrambi i sessi. Me ne accorsi da come appoggiava la sua mano sulla mia coscia per enfatizzare un discorso. Il tocco era lieve e sensuale, avrei voluto si spingesse più in alto… Non volevo fare la prima mossa, ma se l’avessi visto in difficoltà, non avrei esitato, era tanto tempo che non assaporavo il sapore del sesso. L’ottima cena e il vino ci avevano resi allegri, ridevamo e scherzavamo, come se non fosse la prima volta del nostro incontro. La luna rischiarava il mare e quale occasione migliore per una passeggiata sulla spiaggia. Ci togliemmo le scarpe e a piedi nudi camminammo sulla battigia, l’acqua lambiva le nostre orme, Andrea si girò verso di me e mi cinse le spalle, avvicinando la sua bocca alla mia, mi baciò sulla bocca, all’inizio sfiorandomi appena, poi con la mia complicità assaggiò il sapore della mia lingua. La sua mano si insinuò nella mia camicetta e avvertii un brivido lungo la schiena, accarezzò i capezzoli e io sentii tutto il suo sesso premere contro il mio ventre. Mi sentivo bagnata in mezzo alle gambe, avrei voluto prenderlo subito, ero talmente eccitata da non farmi scrupoli degli altri ragazzi che avevano avuto la nostra stessa idea. Trovammo un riparo vicino a delle cabine, la testa mi ronzava, ero stordita da questa improvvisa voglia di fare l’amore con lui, mi facevo mille domande, ma la risposta era sempre una, facevo bene a farlo, che cavolo, non avevo legami, mi ero liberata per sempre da quel vigliacco traditore, e avevo una voglia matta di godere del mio corpo. Le dimensioni del suo lui mi sembravano di tutto rispetto, eravamo avvinghiati in un lungo bacio, si slacciò i jeans e il suo uccello rimbalzò come una molla sul mio ventre, non mi ero sbagliata sulle dimensioni…
La sua mano intanto mi stava frugando in mezzo alle gambe, sfiorò il mio grillettino, che ormai aveva il colpo in canna, e mi sentì umida, anzi, fradicia, del mio nettare, anni prima mi vergognavo di questa copiosa fuoriuscita, ma ora non me ne importava più nulla, da quando avevo capito che era una cosa molto molto gradita dall’uomo. In poche parole gli bagnai tutta la mano. Scesi con la bocca verso il suo uccello e cominciai a leccarlo, dal basso verso l’alto, poi mordicchiai il suo prepuzio e lo succhiai di nuovo, dal gran che era dotato non riuscivo a farlo entrare per tutta la sua lunghezza. Andrea mi prese in braccio e mi misi cavalcioni su di lui, con le mani incollate al suo collo. Sentivo le sue spalle possenti e i suoi muscoli contrarsi dal piacere, mentre i nostri sessi si erano uniti, e noi
eravamo lì, a volteggiare nel cielo come una farfalla…