Recensione – Favola nera, di Ballacchino-Monticone
(ed. Il Punto, 2012, pp. 2012, ISBN 9788888552934)
Da un punto di vista oggettivo, un giallo contemporaneo ambientato a Torino, durante una nevicata che imbianca e soffoca la città, le persone, le idee, ed il Natale che è alle porte.
Ad “investigare” sulla scomparsa di una giovane donna di nome Marta sono i protagonisti dei precedenti romanzi di Ballacchino e Monticone: il professore di matematica Andrea Corioni e il capitano dei carabinieri Gabriele Sodano. Anello di congiunzione tra queste due figure, opposte per carattere e passioni, ed inconsapevole protagonista e burattinaio della scena, è il brigadiere Occhini.
Soggettivamente, l’aspetto più pregnante su cui intendo porre l’attenzione è quello inerente la scrittura.
Intorno ai personaggi nominati poc’anzi, ed alla figura enigmatica della madre di Marta, si snodano le vicende di questo giallo a quattro mani in cui la necessità, che a tratti diventa forzatura, di inserire in modo omogeneo nella trama le vite di entrambe le “creature” degli autori, cede il passo ad una mancanza di fluidità della scrittura. Sono palesi in alcuni punti gli stacchi di narrazione. Il passaggio evidente della penna dalla mano di un autore a quella dell’altro non coinvolge certamente il lettore, per il quale certi meccanismi creativi devono necessariamente rimanere oscuri: diversamente si rischia di assistere all’opera, alla sua composizione (quasi come editor inconsapevoli) e di perdere l’essenza del libro.
Altre annotazioni sul romanzo potrebbero essere oggetto di questa recensione, il che renderebbe la medesima certo più esaustiva e completa (come è nello stile di A spasso tra i libri e di chi scrive). Tuttavia, lascio che il lettore interessato e curioso possa confrontarsi con l’opera, con i miei approfondimenti e con i miei dubbi, attraverso la dissertazione di cui tempo fa Favola nera è stata oggetto in un incontro con gli autori a Torino, che mi ha vista moderatrice (qui il link).
Non pensino i lettori che questa sia una recensione incompleta, semplicemente è una recensione “diversa”, in cui voglio dare spazio e voce ad una considerazione breve ma che ritengo rilevante, e che riguarda non solo quest’opera e i suoi autori, ma in generale, ogni libro e ogni scrittore.
Ieri ho letto su Liberos un articolo che condivido appieno (qui il link) e che vi suggerisco di leggere con attenzione. Prendo spunto da quanto affermato dagli amici bloggers: “[...] siamo convinti che certi scrittori è molto meglio leggerli che conoscerli, mentre altri è decisamente meglio conoscerli che perdere tempo con i loro libri. Dovendo scegliere, preferiamo i primi.”
Mi associo a gran voce a quanto da loro detto, convinta del fatto che certi scrittori andrebbero solo letti e, aggiungo, che certi atteggiamenti di basso profilo assunti da alcuni di essi non rendano più affascinante nè più accattivante l’opera o lo scrittore medesimo. Potrei citare diversi esempi di scrittori, con il valore aggiunto di essere diventati amici: persone leali, affidabili, sempre uguali a se stesse eppure con l’umiltà di sapersi sempre rinnovare e mettere in gioco. Altri invece, conosciuti de visu, si sono rivelati una delusione: lo scrittore e l’uomo, davanti ai miei occhi, non si sono più ritrovati.
Avere la propria faccia sulla quarta di copertina di un romanzo (bello o brutto, passatemi i termini semplicistici, sarà ogni singolo lettore a giudicarlo, sino a prova contraria) non deve indurre alcun autore ad usare supponenza, superficialità, arroganza, sarcasmo gratuito. Per ciò che mi riguarda, la persona che ho di fronte può essere il più grande scrittore dell’Universo, ma se gli manca l’umiltà e l’umanità necessaria per confrontarsi, e magari scontrarsi, con il prossimo, quella persona vale davvero poco. Ed i suoi libri? Solo una lettura (punto) (-perchè non sono riuscirò a leggere con disicanto, ricercandone e apprezzandone il valore, i libri dello scrittore che mi scade umanamente-).
Il mio giudizio: 3/5