Mele bianche Jonathan CarrollIn libreria dal 29 ottobre 2015
Tra curiose metafore e rivelazioni illuminanti, Mele bianche, il romanzo più apprezzato di Jonathan Carroll, alterna momenti di puro divertimento ad altri di agghiacciante terrore: un romanzo cult, che a distanza di oltre dieci anni continua a essere considerato uno dei libri più originali del XXI secolo.
Vincent Ettrich ha poco tempo. È morto ma è stato riportato in vita per salvare suo figlio da le forze del caos che vogliono evitare che nasca. Perché il figlio di Vincent, ancora solamente un feto, è destinato a essere il salvatore dell’universo. Vi sembra strano? Be’, questo è solo l’inizio: benvenuti in uno dei più affascinanti e originali romanzi degli ultimi anni, dove Dio è un mosaico, Caos è un tipaccio grasso che va in giro in smoking e la Morte è una lezione di vita da cui apprendere cruciali informazioni su se stessi e sul mondo. Un mondo popolato da personaggi che arrivano dritto al cuore: Vincent Ettrich è un simpatico dongiovanni che ha pochi giorni a disposizione per ricordarsi la lezione imparata nell’aldilà e tramandarla al figlio perché venga mantenuto l’ordine nell’universo; Isabelle Neukor è il grande amore di Vincent, che porta in grembo il Predestinato, col quale ha imparato a comunicare nei modi più imprevedibili, e Coco è il bellissimo angelo che deve guidare Vincent in questa missione ma che finirà suo malgrado per innamorarsi di lui.
Nato il 26 gennaio 1949, Jonathan Carroll è cresciuto a New York City: il padre era uno sceneggiatore di successo di film per Hollywood, mentre la madre era un’attrice di Broadway. Carroll ha frequentato la Loomis School, nel Connecticut e si è laureato alla Rutgers University nel 1971. Lo stesso anno si è sposato con l’attrice Beverly Schreiner. Dopo aver conseguito il master all’University of Virginia e aver insegnato per due anni inglese al liceo, Carroll si trasferisce a Vienna dove inizia a insegnare all’American International School. Vive tuttora a Vienna, città dove trova spunto di ispirazione letteraria e si dedica alla scrittura a tempo pieno. È autore di oltre una dozzina di romanzi e diverse raccolte di racconti con una sempre maggiore attenzione alla narrativa dell’orrore; è stato nominato nove volte per il World Fantasy Award e quattro volte per il British Fantasy Award; il suo racconto Friend’s Best Man (1988) e la sua collezione The Panic Hand (1995) hanno vinto un Bram Stoker Award; con il romanzo Outside the Dog Museum (1991) ha vinto un British Fantasy Award. Considerato tra i più originali e visionari scrittori viventi, vanta fan del calibro di Stephen King, Jonathan Lethem, Sting, Neil Gaiman e James Ellroy. In Italia, sebbene Carroll scriva dal 1980, raccogliendo fin da subito ampi consensi da parte di molti autori dell’horror e del fantastico, è arrivato solo nel 2003 con Mele Bianche.
«Era un mucchio di tempo che aspettavo un romanzo come questo».Niccolò Ammaniti
«Jonathan Carroll fa paura come Hitchcock quando non fa ridere quanto Jim Carrey».Stephen King
«Mele bianche è come una girandola visionaria, come un fumetto di Moebius. Che, in più, fa anche ridere».Loredana Lipperini, la Repubblica
«L’esplosione di fantasia e vitalità innescata dalle pagine di questo libro è un toccasana per chiunque».Il sole 24 ore
La leggenda del trombettista biancoDorothy BakerIn libreria dal 05 novembre 2015
New York, anni Venti. Tra i club dalle insegne luminose e gli ampere degli studi di registrazione, quello di Rick Martin è un nome che viene pronunciato con rispetto, quasi sottovoce. Degli altri musicisti si dice che sì, sono bravi, ma non sono certo lui, come se il suo talento fosse il metro di paragone per quello degli altri. Sul suo conto girano tante storie: fin da giovanissimo ha sempre frequentato i neri, anche se è bianco, per questo è così indisciplinato; per imparare a suonare marinava la scuola e andava a esercitarsi in una chiesa abbandonata; è stato nientemeno che il grande Art Hazard a insegnargli i segreti della tromba. Voci, dicerie, leggende. Ma chi è davvero Rick Martin?In quest’affascinante romanzo dalle atmosfere notturne e fumose, ambientato nell’epoca del proibizionismo e dei jazz club e ispirato alla leggendaria figura di Bix Beiderbecke, Dorothy Baker – qui al suo fulminante esordio – accompagna il lettore nel cuore e nella mente di un ragazzino nato nei bassifondi della provincia americana, tra le case fatiscenti di periferia e le backroad che portano verso il nulla, con un dono che è anche un fardello: quello di un talento soverchiante, che ti spinge a non dormire la notte pur di inseguire la perfezione, così schiacciante da lasciarti fuori dalle fila di quelli che la società ha educato, che sanno controllarsi e recitare la loro parte. Una routine in cui rintanarsi, un lavoro regolare, una vita tranquilla – niente di tutto questo interessa Rick, solo la musica. Ma c’è un’altra qualità che sempre dovrebbe accompagnare un’anima con un dono simile, e che Rick non possiede: la capacità di tenere il corpo sotto controllo, mentre lo spirito segue la sua ossessione e le notti passano insonni alla ricerca della melodia definitiva, lanciati verso quell’ultima nota che non può essere raggiunta, soli, affamati, alla deriva, in attesa dell’inevitabile schianto finale.
Dorothy Baker è nata a Missoula, nel Montana, nel 1907 ed è cresciuta in California. Laureata presso la UCLA, dopo aver conseguito un Master of Arts in Letteratura francese, insegna per alcuni anni Latino. Dopo la pubblicazione di alcuni racconti inizia a scrivere a tempo pieno. Nel 1938 pubblica Young Man with a Horn, romanzo su un musicista jazz bianco, che conquista la critica e da cui nasce un film interpretato da Kirk Douglas. Nel 1943 pubblica Trio, il cui ritratto onesto di una coppia lesbica scandalizza l’opinione pubblica.
«La leggenda del trombettista bianco è praticamente perfetto».The New Yorker
«Lo studio lucido, preciso, freddamente razionale di un drogato di jazz. Un grande libro».The New York Times
«Libro meraviglioso».London Review of Books
ShirleyCharlotte BrontëIn libreria dal 19 novembre 2015
Secondo romanzo dell’autrice dopo Jane Eyre, questo libro ha decretato il defini- tivo passaggio di Shirley da nome maschile a nome tipicamente femminile.
Yorkshire, inizio Ottocento. Shirley, giovane donna ricca e caparbia, si trasferisce nel villaggio in cui ha ereditato un vasto terreno, una casa e la comproprietà di una fabbrica. Presto fa amicizia con Caroline, orfana e nullatenente, praticamente il suo opposto. Caroline è innamorata di Robert Moore, imprenditore sommerso dai debiti, spietato con i dipendenti e determinato a ristabilire l’onore e la ricchezza della sua famiglia, minati da anni di cattiva gestione. Pur invaghito a sua volta della dolce Caroline, Robert è conscio di non poterla prendere in moglie: la ragazza è povera, e lui non può permettersi di sposarsi solo per amore. Così, mentre da una parte Caroline cerca di reprimere i suoi sentimenti per Robert – convinta che non sarà mai ricambiata –, dall’altra Shirley e il suo terreno allettano tutti gli scapoli della zona. Ma l’ereditiera prova attrazione per un insospettabile…Shirley si inserisce nel grande filone del romanzo sociale inglese di inizio Ottocento: i suoi personaggi vivono gli avvenimenti storici dell’epoca – le guerre napoleoniche e le lotte luddiste –, facendo i conti con le contraddizioni del progresso industriale e offrendo spunti di riflessione sul lavoro, sul matrimonio e sulla condizione della donna.
Charlotte Brontë (Thornton, Yorkshire, 1816 - Haworth, Yorkshire, 1855) è una delle personalità maggiori della letteratura inglese dell’Ottocento. Sorella delle scrittrici Anne ed Emily Brontë, compì studi irregolari e si dedicò all’insegnamento. I suoi romanzi, dal celebre Jane Eyre al più tardo Villette, ottennero un clamoroso successo che dura tuttora.
«Non so se hai mai letto libri in inglese. Se è così, allora posso raccomandarti calorosamente Shirley di Currer Bell, autore di un altro romanzo, Jane Eyre. È bello come i dipinti di Millais o Boughton o Herkomer. L’ho trovato a Princenhage e l’ho letto in tre giorni».Lettera di Vincent Van Gogh al fratello Theo, 15 agosto 1881
«Leggiamo Charlotte Brontë non per la squisita osservazione del personaggio, non per la commedia, non per una visione filosofica della vita, ma per la poesia. Probabilmente accade con tutti gli scrittori che, come lei, hanno una personalità travolgente… loro devono solo aprire la porta per farsi sentire. In loro c’è una ferocia indomita perennemente in guerra con l’ordine accettato delle cose».Virginia Woolf
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