In una Roma in odore di santità si svolge la seconda edizione del Festival Del Cinema Veramente Indipendente (www.fcvi.it), nato da un’idea collettiva di quattro giovani romani Daniele Dezi, Stefano Carderi, Emanuele Venturi e Matteo Marcelli – spiega il presentatore Francesco Maiorca – con l’obiettivo di dare visibilità alle opere di giovani cineasti emergenti, e di consentire un confronto comune e la possibilità di sottoporre il proprio lavoro a professionisti del settore; sono attesi infatti per domenica 27 aprile gli ospiti di questa edizione, l’attore e regista Edoardo Leo e il regista Sydney Sibilla (Smetto Quando Voglio), e il produttore Domenico Procacci, fondatore di Fandango.
Degli oltre 160 corti pervenuti, ne sono stati estratti a sorte 89 e suddivisi per categorie (stranieri, horror, thriller, docufilm storici, commedia, sperimentale e drammatici): denominatore comune dei lavori presentati è l’autofinanziamento dei giovani film maker, così come la rassegna stessa è libera da sponsor, case di produzione, giurie e selezioni.
Il programma del tardo pomeriggio di sabato, allietato dalla presenza inaspettata dell’attore e caratterista Gianfranco Barra, dal volto dalla voce inconfondibili, ha visto la proiezione di nove corti “misti” alla presenza in sala di alcuni registi: L’Esame (6’) di Cecilia Brianza, che racconta l’incubo di una studentessa prima di affrontare un esame sul Riccardo III di Shakespeare; Così Imparano a Fare I Cattivi (7’) di Giuseppe Violano, storia di una partita a poker condita in salsa western, omaggio a uno dei generi più amati del cinema, a partire dal titolo stesso, dedicato a Lamberto Bava; il regista, presente alla proiezione, spiega che ha costruito i dialoghi con i titoli dei film western, così come per i nomi dei personaggi e la musica ha un debito nei confronti di un genere che ha chiuso la sua epoca –spiega – con Gli Spietati (The Unforgiven), film del 1992 diretto e interpretato da Clint Eastwood; Spaghetti Disperatamente Western (11’) di Michael Riganti, è la storia di una prepotenza che si consuma alla periferia di una città e della vendetta (reale o solo sognata?) che si compie alla maniera dei cow-boys; Il Tempo Che Ci Rimane (10’) di Gianluca Amoroso mette in scena la contrapposizione tra il mondo degli adulti, rappresentanti un modo di pensare avido e opportunista, e quello dei giovani, più genuini e desiderosi di cambiare il mondo, sempre più in degrado.
Stand-By.. Me (6’) di Gianluca Salerno segue il filo conduttore di George Orwell e di chi si è ispirato a lui nel cinema e nella letteratura per raccontarci in maniera visionaria e inquietante come sarà il nostro futuro, quando i nostri pensieri saranno governati da una macchina che ci dirà cosa fare e chi incontrare; Tempus Fugit (11’) di Dino Santoro, è opera sperimentale in bianco e nero che si interroga sul tempo che scorre e su cosa resta dopo la morte, attraverso il susseguirsi dei personaggi-simbolo delle età dell’uomo; Adamoeva (6’) di Alfredo Confessore è un cartone horror in bianco e nero, realizzato con la grafica “spettrale” di Marco Parentela; il regista, presente in sala, ci dice che il corto è un’idea nata da un suo incubo personale, dove l’Uomo e la Donna, che uniti sono capaci di dare la vita, riescono al tempo stesso a distruggerla: “la mela è già mangiata” afferma il regista, alludendo al fatto che l’uomo e la donna insieme possono diventare il serpente. Memorial (10’) di Francesco Filippi racconta con toni soffusi e delicati le atrocità della guerra, svelando alla fine un triste risvolto; Sad Things Happen Sometimes (8’) di Anna Mila Stella è il racconto della fine di una storia d’amore cantata dalle voci dei suoi protagonisti, ognuno con le proprie motivazioni decide di mettere fine alla relazione, dolorosamente. La canzone, apprezzata calorosamente in sala, è tratta dall’album L’Onnipotente Ama I Solisti, della stessa Anna Mila Stella, presente alla proiezione, che pone l’accento sulla neutralità nella narrazione da parte sua; il suo intento è quello di raccontare la sofferenza generata dalla decisione di mettere fine alla storia, spinta da motivazioni differenti, ma senza dare alcun giudizio.
Anna Quaranta