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Febbre olimpionica

Creato il 07 agosto 2012 da Rightrugby
Febbre olimpionica Era partito con il freno a mano tirato. Poi il Team Great Britain ha cominciato a raccogliere medaglie e la febbre è salita. Quando stiamo scrivendo è a quota 40, con 18 ori e 11 argenti e 11 bronzi: alla portata di mano c'è il record di ori per la selezione d'Oltremanica nella sua storia olimpionica. Di Olimpiadi se ne parla ovunque, nelle altre discipline: anche nel rugby, ovviamente. E Paul Vaughan, il boss di England Rugby 2015, accetta la sfida: fatte le dovute differenze con Londra 2012, guarda avanti con ottimismo. Non più 26 sport diversi ma uno solo. Non un'unica base operativa ma un torneo che si snoderà lungo tutta l'isola. Nel frattempo l'organizzazione è al lavoro per raccogliere più sostenitori possibili: "Dobbiamo spiegare alla gente non affezionata come funziona il gioco, quindi dobbiamo creare e trovare modi per condurli nel nostro mondo". Farli diventare nuovi cittadini del pianeta a forma ovale. In questo senso si guarda ai Giochi per l'eredità tanto umana quanto intellettuale che potrà lasciare una volta calato il sipario. 

Non solo tifosi. Ma giocatori, volontari, allenatori: mettere in moto l'intera macchina per i prossimi tre anni. Il lavoro consiste anche nell'inserire lo Stadio Olimpico tra gli impianti da usare. Occorre attendere, capirne il destino, alla luce anche del fatto che dopo le Olimpiadi potrebbe passare nelle mani di un club di calcio e di conseguenza le scelte verranno valutate a partire dalle sue sorti. Del resto è uno stadio progettato in modo innovativo, non "gigantico", studiato per risolvere la mission impossibile di avere una pista di atletica senza compromettere feeling e visibilità del pubblico per gli eventi in mezzo a prato; riutilizzabile quindi non solo per i Mondiali di rugby ma anche per quelli di atletica del 2017. 

Tra una storia e l'altra, non è solo febbre olimpionica ma anche sportiva. C'è chi è pronta a cavalcarla come il popolare tabloid The Sun che ha lanciato la campagna Support sport in our school. Può suonare ironico alle orecchie italiche per come sta conciato lo sport nelle scuole da noi al confronto, ma sta destando molto scalpore la constatazione che il 90% delle medaglie olimpiche inglesi sia prodotto delle public school (le scuole private).
Tra le ultime adesioni quella di Mark Cavendish, lo sprinter che con il basettone Bradley Wiggins ha reso il ciclismo (su strada) argomento hot nel Regno Unito. Uno sforzo culturale (lo sport nelle scuole britanniche c'è ma non uniformemente come constatato) e una bella sfida: secondo i dati rilasciati lo scorso dicembre dal sistema sanitario nazionale, l'obesità tra i ragazzi che finiscono la primary school (10 - 11 anni) è arrivata a quota 19%, mentre nel 2010 era a 18,7. Uno su cinque degli studenti corre il rischio di essere sovrappeso: i livelli più alti si sono registrati nella capitale, quelli più bassi nelle contee del sud. In un periodo di recessione e austerity (il Primo ministro David Cameron nelle scorse settimane ha annunciato che potrebbe durare fino al 2020), dalla NHS ci tengono a far sapere che le malattie legate all'obesità incidono per 5 miliardi di sterline l'anno (6,2 miliardi di euro). 

E se il cicciottello proprio non riuscisse a perdere peso? Tranquillo: c'è il rugby, uno sport per tutte le taglie. 

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