Dubbi sul fatto che la direzione non si sia accorta dei mancati introiti. L'ammanco ammonta a 500 mila euro
PADOVA - Antonio Ambrosini e suo figlio Guido, rispettivamente ex direttore della Clinica ginecologica dell'Azienda ospedaliera ed ex responsabile dell’Unità di Fisiopatologia della riproduzione, sostengono di non aver mai saputo che le procedure di fecondazione assistita in vitro («Fivet» e «Icsi ») dovessero essere pagate dai pazienti. Come invece precisava la circolare del 2003, firmata dall'allora direttore sanitario dell'Azienda ospedaliera Pietro Grasso. Gli Ambrosini, dunque, non si sentirebbero responsabili dell'ammanco di oltre 500mila euro, che le casse dell'ospedale avrebbero accusato in questi anni per la mancata riscossione delle prestazioni. Soldi che adesso il direttore generale dell'Azienda Adriano Cestrone è intenzionato a riavere indietro. Come ha detto giovedì: «Procederemo al recupero delle somme - ha affermato il direttore -. E adotteremo tutti i provvedimenti previsti dal contratto e dalla legislazione».
Che gli Ambrosini non sapessero della prescrizione della direzione sanitaria, tuttavia, appare difficile. Sono spuntati altri due documenti che attesterebbero che (per lo meno) il professor Antonio Ambrosini fosse a conoscenza della tariffazione delle procedure di fecondazione assistita (400 per la «Fivet», 700 euro per l'«Icsi»). Si tratta di una lettera del 7 aprile 2004 spedita dall'ex direttore sanitario Pietro Grasso proprio all'ex responsabile della Clinica ginecologica; e del verbale di un incontro avvenuto il 26 novembre 2007 nello studio della dottoressa Anna Maria Saieva (direzione), alla presenza di Guido Ambrosini. La lettera del 2004, inviata da Grasso ad Antonio Ambrosini, è chiara; a partire dall'oggetto: «Tariffazione procedura fecondazione in vitro». Il testo poi è esplicito: «Si fa seguito ai colloqui intercorsi tra la dottoressa Montagna e il dottor Ambrosini - si legge - per confermare che la prestazione di cui all'oggetto è già stata codificata tariffata. Si ricorda altresì che la fecondazione in vitro, non essendo compresa nel tariffario regionale, dovrà essere erogata addebitando il costo tramite fatturazione diretta ». Anche il verbale dell'incontro del 2007 è sullo stesso tono. «Il professor G. Ambrosini - si apprende nella relazione - propone un "pacchetto" per Fivet e Icsi per il quale l'utente paghi max. 150-200 euro». Fu addirittura lui a proporlo, nonostante il prezzo già pattuito nel 2003 fosse più alto. Gli Ambrosini hanno ora 7 giorni di tempo per depositare una giustificazione scritta alla direzione. Ma restano alcune domande cruciali sul campo. La prima: è possibile che in tutti questi anni nessuno della direzione amministrativa si sia accorto che mancassero all'appello gli introiti delle fecondazioni assistite? E la seconda: è proprio sicuro che i pazienti non abbiano mai sborsato un euro per quelle prestazioni (che in Clinica facevano tutti), anche se poi ufficialmente le somme non comparivano? Tutti elementi sui quali andrà posta attenzione nei prossimi giorni.
Giovanni Viafora
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