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Fecondo

Creato il 02 novembre 2011 da Renzomazzetti
perfetto.
perfetto.

Chi sa per esperienza che cosa vuol dire un pensiero fecondo, sia esso spontaneamente sorto in noi o comunicato o inoculato da altri, confesserà che ben intensa è la commozione che per esso si produce nel nostro spirito e come ce ne sentiamo entusiasmati, già presentendo all’ingrosso tutto quello che in seguito dovrà più o meno svilupparsi e qual punto dovrà raggiungere poi lo sviluppato. Dopo questa riflessione mi si vorrà concedere ch’io sono stato preso e sospinto da un presentimento simile, del quale dovrò occuparmi, se non esclusivamente, certo per tutto il resto della mia vita. Per quanto questa inclinazione fosse sorta nell’intimo di me stesso, non potrei tuttavia parlare di uno studio metodico, subito dopo il mio ritorno a Roma. Poesia, arte, mondo antico, ognuno mi voleva in certo modo tutto per sé, tanto che in vita mia non ho forse mai trascorso giorni più operosi e più faticosi. Agli intenditori della materia sembrerà forse troppo ingenuo ch’io racconti come, giorno per giorno, in tutti i giardini, durante le passeggiate e le escursioni, m’impossessavo delle piante che avevo osservato lungo il cammino. Degno di nota particolare mi pareva, nel tempo in cui i semi cominciavano a maturare, l’osservare il modo come alcuni di questi escono alla luce. Così ho rivolto la mia attenzione al germogliare del Cactus Opuntia, ancora informe durante la sua vegetazione, e ho visto con mia soddisfazione che esso, né più né meno che un dicotiledone, si rivelava in due tenere foglioline, ma che in seguito, continuando a vegetare, si sviluppava nella futura sua veste. Anche con le capsule dei semi mi è occorso qualche cosa di sorprendente. Avevo portato a casa parecchie capsule di Acanthus millis e le avevo deposte in una cassetta aperta; una notte, mi accadde di sentire un certo crepitio e poco dopo un brulicar di piccoli corpi a destra e a sinistra. Lì per lì non mi seppi dar ragione del fatto, ma in seguito constatai che le mie capsule s’erano aperte e che i semi erano sparsi qua e là. La temperatura asciutta della stanza aveva portato a perfezione la maturità, in pochi giorni fino a tal grado di elasticità. (meditazione sugli appunti di Johann Wolfgang Goethe).

 

A G L I E T T I

Mi spiace molto

aver colto quei fiori

ché sì tanto eran belli

quale naturale contorno

a quel rudere di Badia

sul terreno volterrano.

Della famiglia degli aglietti

mi disse la ragazza esperta.

Vede i bulbi alle radici?

Sono in forma come agli

emanano profumo d’aglio.

Ignaro addento

per sentirne anche il sapore

con sguizzo spirito animale.

Il mazzettino nel vasetto

sopra il mobile della stanza

non riporta la bellezza

che in natura m’incuriosiva.

Sono smarriti e smorti

non hanno più quel colore

come appariva al sol calante.

Senza grazia né splendore

sono altra cosa se non fiore.

Metafora di natura

in metamorfosi

strappata da mani egoiste

illusione di continuare ad avere

quel che a noi vide e diede.

-Renzo Mazzetti-

(Miraggio, 1998)

 


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