Eravamo ormai a Puri la città santa, sede del grande tempio dedicato a Jagannath, il Signore dell'Universo. Questo Dio venerato diffusamente in Orissa, è piuttosto curioso e si ricollega ad una forma secondaria di Khrishna, già avatar di Vishnu, ma il suo aspetto esteriore è assolutamente lontano dai canoni classici della mitologia Hindu. Contrariamente a tutti i suoi colleghi, ricchi di braccia e mani e occhi che contorcono i loro corpi in tutta la barocca iconografia religiosa, il nostro Signore è sempre raffigurato con un tozzo tronco appuntito, senza braccia né gambe, dipinto di nero e altri colori vivaci con enormi occhi tondi che osservano i fedeli come un manga giapponese. E' accompagnato dal fratello Balarama anch'egli avatar di Vishnu, uguale a lui ma colorato in bianco e dalla sorellina Subhadra, rappresentata da una piccola statuetta dalle stesse sembianze ma con le braccia, posta tra i due fratelloni. La triade fissa i fedeli con occhi incantati dagli altari di molti templi orissani, ma è a Puri che la devozione collettiva si scatena, in particolare durante le grandi cerimonie del Ratha Yatra, in cui le tre statuette, poste su giganteschi carri alti oltre dieci metri vengono portati in processione lungo i tre kilometri della via sacra fino al tempio che sta al termine dela via. I tre carri riccamente addobbati vengono distrutti al termine della festa a cui partecipa oltre un milione di persone e ricostruiti l'anno successivo. Potete immaginare il bailamme proprio di tutte le città che campano di religione, percorse in lungo ed in largo da frotte di pellegrini che si affastellano attorno ai punti chiave della devozione. Cambiano le statue, le lingue, le preghiere, ma la ricerca del divino è molto simile in ogni parte del mondo e spesso però è fonte di nervosismo e irritazione, verso chi è fuori dal gruppo. Tra l'altro da queste parti sono abbastanza fumantini, i mussulmani li han fatti filare via quasi tutti, mentre ai cristiani che han sempre tenuto un profilo basso, di tanto in tanto bruciano qualche chiesa, se poi qualcuno non vuole uscire e rimane dentro vuol dire che ci teneva proprio. Verso gli Adivasi animisti, invece c'è abbastanza tolleranza, anzi, data la totale non considerazione verso gruppi ritenuti assolutamente inferiori, si può dire che non gliene può importare di meno. Dunque eravamo al centro della grande piazza da dove parte la processione, occupata quasi interamente dal più grande dei tre carri, quello di Jagannath, ma l'entrata al grande tempio non è concessa agli impuri non credenti, ragion per cui, accedemmo, pagando il giusto, al tetto della vicina biblioteca da cui si ha una buona visione di insieme dell' interno del tempio stesso. Una fiumana di gente, girando attorno ai carri che stavano per essere smontati, si accalcava all'ingresso premendo per entrare, ognuno con in mano le proprie puje, frutti o fiori o altre piccole offerte, altri gruppi si attardavano per poter entrare tutti assieme e non disperdersi; canti e salmodie si levavano dalla folla e dall'interno del tempio assieme a fumi di incenso che i sacerdoti producevano preparando le varie cerimonie. Dal tetto la visuale era interessante, ma nostra figlia sembrava molto interessata a capire da vicino e per così dire, toccare con mano. Prakhash, si guardo intorno, poi la prese per mano e le disse: Fingi di essere mia figlia e non parlare mai.- Scesero le scale e si avvicinarono al portale di ingresso dove due robusti bramini seminudi sorvegliavano vigili e con due pesanti bastoni in mano, che nessuno si intrufolasse senza diritti. Vi assicuro che seguimmo l'ingresso nel tempio con occhio un po' preoccupato, ma subito la folla che premeva li nascose alla nostra vista. Riemersero dopo una mezz'oretta, Prakhash più sereno, la ragazza un po' frastornata. Avevano girato i meandri oscuri degli interni, dove pressati dalla gente, mille mani approfittavano per "aiutarla" a procedere o a salire le strette scalette. Un bagno di umanità abbastanza intenso comunque. Ci mescolammo ai mille sari colorati che percorrevano la via sacra ed andammo verso il mare, poco lontano, dove le onde forti si frangevano con un rumore sordo sulla battigia. Un pesante odore di incenso e di ghi bruciato pervadeva le strade.
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