di David Incamicia
Col decreto sul federalismo municipale a guadagnarci, almeno per il momento, sono le Regioni del Centro-Nord. Lo dicono i risultati di una proiezione della CGIA di Mestre, che ha calcolato la differenza tra le imposte che saranno lasciate ai Comuni e i trasferimenti che, invece, saranno soppressi: nel 2011 le realtà comunali del Centro-Nord avranno più soldi in tasca, quelli del Sud invece meno.
Secondo i dati, i Comuni dell'Emilia Romagna sono, allo stato, i maggiori beneficiari di questa operazione: il vantaggio fiscale pro-capite è di +73 euro rispetto al 2010, seguono i veneti, con +52 euro, i liguri, con +51 euro, i toscani con +49 euro, i laziali con +31 euro, i piemontesi con +10 euro e i marchigiani con +8 euro. Di segno negativo, invece, il risultato che emerge per il Sud. I più penalizzati - sempre momentaneamente - risultano essere i Sindaci lucani, con -155 euro pro capite rispetto al 2010. Male anche i primi cittadini campani, con -134 euro, i calabresi con -132 euro e di seguito tutte le altre realtà del Sud.
Si tratta, a parere della CGIA, di un risultato molto parziale visto che è prevista l'istituzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio che dovrebbe eliminare queste disparità territoriali. Di conseguenza, l’eventuale applicazione di una delle due ipotesi avanzate dall'associazione di Mestre dovrebbe assolutamente prevedere un meccanismo di perequazione per mezzo del quale, per almeno nei primi 8-10 anni di applicazione della riforma, le Regioni più ricche possano mitigare i disagi economici iniziali che subiranno le realtà territoriali più svantaggiate.
Pertanto, dopo le obiezioni avanzate dai sindacati e dai partiti dell'opposizione arrivano ora anche le perplessità di una organizzazione di rappresentanza di quel popolo delle partite iva tanto caro al governo, per questo meno sospettabile di ostilità preconcetta. Perplessità sia rispetto ai benefici proprio di natura fiscale per i cittadini e per le imprese, che con la IMU potrebbero ritrovarsi di fatto a pagare più tasse, sia rispetto ai risvolti di natura sociale dato che appare evidente la forte disparità di ricadute fra Nord e Sud del Paese.
Circostanza, quest'ultima, che potrebbe acuire il sentimento di idiosincrasia dei contribuenti, specialmente in alcuni segmenti della società, nei confronti del fisco. E i recenti dati della Guardia di Finanza, in questo senso, non confortano affatto: l'evasione fiscale in Italia è cresciuta di quasi il 50% nell'ultimo anno (+46%), facendo segnare anche un vistoso aumento degli evasori totali (+18%).
Ormai l'evasione fiscale, nonostante sia in continuo aumento il numero di italiani che la segnalano come primo problema da risolvere, sembra diventato un fenomeno inarrestabile, quasi strutturale nell'economia italiana. A livello Europeo, stando all'ultima indagine di KRLS Network of Business Ethics, condotta appunto sulla base dei dati divulgati dalle polizie tributarie dei singoli stati Ue, il nostro Paese mostra un reddito imponibile non dichiarato pari al 54,5% del totale (era il 50,5% solo qualche mese fa).
Si tratta di un livello record, primo in Europa e superiore di ben 12 punti percentuali a quello del secondo Paese europeo con la maggiore evasione fiscale, la Romania (42,4%). Al terzo posto in questa classifica dei Paesi evasori troviamo la Bulgaria (39,8%), seguita dall'Estonia (38,2%) e dalla Slovacchia (35,4%). I tre Paesi più virtuosi, invece sono la Svezia con solo il 7,3% del reddito evaso, il Belgio con il 10,1% e l’Inghilterra con l'11,7%.
Dunque, l'Italia appare sempre meno un Paese occidentale e sempre più ai margini dell'esclusivo club delle economie sviluppate. Anzi, dai dati si potrebbe quasi concludere che siamo diventati il primo fra i Paesi dell'Est. Nello specifico, i principali evasori italiani si confermano le industrie (32,8%) seguiti da banche e assicurazioni (28,3%), commercianti (11,7%), artigiani (10,9%), professionisti (8,9%) e lavoratori dipendenti (7,4%). E per quanto riguarda le società di capitali occorre rilevare che, secondo gli ultimi dati del Dipartimento delle Finanze, più di una su tre chiude in rosso.
A livello geografico l'evasione è diffusa soprattutto nel Nord-Ovest (29,4% del totale nazionale), seguito dal Sud (24,5%), dal Centro (23,2%) e dal Nord-Est (22,9%). In Lombardia si è registrato il maggior aumento dell'evasione fiscale con il 14,7%, anche se in termini di reddito non dichiarato il record tocca a Napoli (66%) e Campania (64%) dove 2 commercianti su 3 non hanno rilasciato lo scontrino fiscale ai contribuenti italiani.
Tra le cause principali che spingono gli italiani ad evadere, l'Associazione Contribuenti Italiani segnala al primo posto l'insoddisfazione verso i servizi pubblici erogati dallo Stato a fronte dell’alto prelievo fiscale. Al secondo posto troviamo la complessità delle norme ed il mancato rispetto dei diritti dei contribuenti, mentre "solo" un contribuente su cinque è spinto ad evadere per la scarsità dei controlli o per mancanza della cultura della legalità.
È insomma soprattutto l'inefficienza della pubblica amministrazione, con la scarsa qualità dei servizi offerti e la complessità burocratica, a determinare l'evasione fiscale in Italia. Una consolidata cultura del "menefreghismo" fiscale, invece, corroborata dalla speciale renitenza alle regole dell'italiano medio e da una pratica pubblica sempre più riluttante all'etica legalitaria non c'entra nulla. A parte gli incalliti evasori, ci crede qualcun'altro?
Fonte: Cgiamestre.com e Contribuenti.it