- l’ordine del giorno prevedeva anche una cosa evidentemente non possibile, cioè l’abolizione dei vitalizi per il passato. La messa in discussione dei cd “diritti quesiti”, garantiti per legge, è il miglior modo per essere travolti dai ricorsi giudiziari e di conseguenza non cambiare nulla;
- l’Italia dei Valori -dopo essersi fatta respingere l’ordine del giorno- ha poi tranquillamente votato il bilancio, che prevede il mantenimento dello statu quo.
Nel suo programma il Pd propone “una sola Camera legislativa, con 470 deputati, eletti in collegi uninominali, col doppio turno”. E ha proposto l’introduzione del metodo di calcolo contributivo per i vitalizi dei parlamentari, come per ogni lavoratore. Il Partito democratico non procede con ordini del giorno demagogici e inutili ma propone delle riforme reali e possibili. Al contrario, la destra al Governo non ha mostrato alcun segno concreto della volontà di procedere sulla strada di quelle riforme che pure in molti sembrano brandire come arma preferita dalla propaganda politica.
Questi “privilegi”, certamente degenerati nel corso degli anni, all’origine nascevano dalla necessità di garantire la possibilità di fare politica a tutte le classi sociali. Mi spiego: io sono un privilegiato perché sono un dipendente pubblico (università), quando sono stato eletto ero già al livello più alto della carriera (prof. ordinario), sono andato in aspettativa, quando finisco di fare il parlamentare torno al mio posto. Non ho “perso treni” professionali, non sarò penalizzato nella carriera, non ho sacrificato clientela. Già una persona a metà carriera, oppure un dipendente da un’azienda privata, non si trovano nella stessa situazione: questo periodo può incidere negativamente sulle loro prospettive professionali. Idem se si tratta di un artigiano, di un professionista, che fanno bene, a tempo pieno il lavoro parlamentare, e che potrebbero ritrovarsi a ri-partire da zero. Quindi eliminiamo i privilegi, ma troviamo anche il modo di evitare che la politica sia appannaggio solo di chi può “permettersi di farla”. Questa è anche la strada attraverso la quale è possibile favorire percorsi di entrata e -soprattutto- uscita dalla politica, in modo tale che chi “ha fatto politica” non resti “incatenato” alla poltrona perché certamente non vuole perdere privilegi, ma forse anche perché ha perso prospettive professionali. Non vuole essere un alibi, ma una cosa su cui ragionare”.
Federico Testa