Magazine Diario personale
“Questa sete di vivere certi tisici e catarrosi moralisti spesso la chiamano vile, e specialmente i poeti. Almeno in parte, questa sete di vivere è karamazoviana, e forse la provi anche tu; e perché dovrebbe esser vile? V’è sul nostro pianeta, Alesa, ancora molta e grande forza centripeta. Vogliamo vivere, e io vivo a dispetto della logica. Che io non creda nell’ordine delle cose, però mi son care le umide e vischiose foglioline che si schiudono a primavera, mi è caro il cielo azzurro, mi son care certe persone che, talvolta, credimi, nemmeno sai perché le ami; mi è cara anche l’azione dell’uomo, nella quale forse da molto tempo hai cessato di credere, tuttavia per una vecchia memoria del cuore continui a venerarla. […] Le vischiose foglioline della primavera, il cielo azzurro, io amo queste cose! Qui non c’entra l’intelligenza, non la logica; qui col ventre, qui con le viscere ami, le prime tue forze giovanili tu ami… Non ho mai potuto capire come sia possibile amare la gente che ci sta vicino. È precisamente tal gente che non è possibile amare, forse chi ci sta lontano sì. […] Per amare un uomo bisogna che resti nascosto, ché, quando mostra il volto, cade l’amore. […] Supponiamo che io soffra d’una profonda sofferenza: gli altri non potranno comprendere fino a che punto io soffra perché gli altri sono gli altri e non me; e, oltre a ciò, è difficile che un uomo sia disposto a riconoscere le sofferenze d’un altro (quasi si trattasse d’un privilegio). E sai perché non le riconosce? Perché, ad esempio, io puzzo malamente, perché ho una faccia da imbecille, perché m’è accaduto una volta di pestarti un piede. Del resto c’è sofferenza e sofferenza: un’umiliante sofferenza che mi deprima, o anche, diciamo, la fame, potrà essere compatita dal mio benefattore, ma una qualche sofferenza superiore, diciamo un’idea, ben difficilmente e di rado potrà tollerarla, perché, una volta che mi guardi, osserverà ch’io non ho la faccia che, secondo la sua fantasia, dovrei avere soffrendo per un’idea.”