Se è vero che la felicità è l’emozione, lo stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri, è ovvio pensare che nel periodo storico che stiamo attraversando sia una condizione davvero difficile da raggiungere.
Soprattutto se ci fermiamo a riflettere sui due paradossi che ci propongono Richard Easterlin e George Carlin (1937-2008).
Il primo, professore di economia all’Università della California meridionale e Membro dell’Accademia Nazionale delle scienze, nel 1974 definì la teoria omonima del “Paradosso di Easterlin” che analizza il rapporto tra felicità di ogni individuo e la sua ricchezza.
Il risultato è un paradosso in quanto prevede un rapporto tra i due valori, oltre una certa soglia, indirettamente proporzionale, cioè a maggior ricchezza la felicità si riduce.
Il secondo, comico, attore e sceneggiatore statunitense celebre per il suo atteggiamento irriverente e le sue osservazioni su linguaggio, psicologia e religione col suo The Paradox of our time (il paradosso del nostro tempo) di cui vale la pena riportare alcuni passi tradotti in quanto significativi senza necessità di commenti:
“Il paradosso del nostro tempo nella storia è che abbiamo edifici più alti, ma moralità più basse,
autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti.
Spendiamo di più, ma abbiamo meno, comperiamo di più, ma godiamo meno.
Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole,più comodità, ma meno tempo.Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso, più conoscenza, ma meno giudizio,
più esperti e ancor più problemi, più medicine, ma meno benessere.Beviamo troppo, fumiamo troppo, spediamo senza ritegno, ridiamo troppo poco,
guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo, facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi,
vediamo troppa TV e preghiamo di rado.Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori.
Parliamo troppo, amiamo troppo poco e odiamo troppo spesso.
Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere, ma non come vivere.
Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.
Siamo andati e tornati dalla Luna, ma non riusciamo ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino di casa.Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno.
Abbiamo dominato l’atomo, ma non i pregiudizi.Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.
Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni, ma comunichiamo sempre meno.Questi sono i tempi dei fast food e della digestione lenta, grandi uomini e piccoli caratteri, ricchi profitti e povere
relazioni.Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi,case più belle ma famiglie distrutte.
Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e getta, della moralità a perdere, delle relazioni di una notte.E’ un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina e niente in magazzino“.
Due persone molto diverse abituate a seguire chi la ragione chi l’istinto, giungono quindi alla stessa conclusione cui giunse nel III secolo A.C. il filosofo greco Epicuro nella sua Lettera sulla felicità e cioè godere senza affanni di ciò che si può avere senza sforzo eccessivo e vivere la vita stringendo salde e durature relazioni interpersonali.
Se lo dicono loro, ci dobbiamo fidare! Sarà questa la ricetta della felicità?