A Felipe sono stati riservati grandi onori, considerato che è sul trono da nemmeno un anno. E' stato uno dei pochissimi Capi di Stato invitati a parlare davanti all'Assemblea Nazionale francese. Per capire quanto sia importante il privilegio, che gli è stato riservato: nel 1993, re Juan Carlos I è stato il primo Capo di Stato invitato dal 1919 (quando aveva parlato Thomas W. Wilson); dopo di lui hanno parlato Bill Clinton, Hassan II del Marocco, Tony Blair, Gerhard Schöder, José Luis Rodriguez Zapatero, Kofi Annan. E fosse solo questo. L'emiciclo dell'Assemblea era quasi al completo, il suo discorso è stato trasmesso in diretta televisiva su France 3 ed è terminato con una lunga ovazione; durante la giornata l'hashtag #FelipeVI ha impazzato nei TT francesi. Felipe ha difeso i valori europei, ha esaltato la libertà, l'uguaglianza e la solidarietà, che sono alla base della Repubblica Francese, ha promesso collaborazione alla Francia, sempre, contro il terrorismo e la sua violenza e ha difeso la lotta al cambio climatico, che vede la Francia in prima fila. Sia i media francesi che quelli spagnoli hanno sottolineato come Felipe abbia esaltato e difeso valori considerati generalmente repubblicani come, ad esempio, l'uguaglianza o la libertà, rendendo "obsoleta" la questione della forma dello Stato, in Spagna.
E ha esaltato quegli stessi valori nello stesso giorno, quando ha inaugurato i Jardin des combattants de la Nueve, accanto al Municipio di Parigi. Perché è altamente simbolica questa inaugurazione? La Nueve, in spagnolo, è la prima brigata di partigiani entrata a Parigi, il 24 agosto 1944, per liberarla dai nazisti. I suoi soldati erano in larghissima maggioranza spagnoli, repubblicani e anarchici, esiliati dopo la Guerra Civile. "E oggi, in una curiosa capriola della storia, un Re spagnolo ha reso loro omaggio" scrive El Mundo. Accanto re Felipe e alla regina Letizia, c'era il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, nata a San Fernando, in provincia di Cadice, da genitori repubblicani, emigrati poi in Francia. E' stata lei a ringraziare Felipe, a definirlo "il volto di una Spagna libera e unita" e ad apprezzarlo "non come sindaco di Parigi, ma come repubblicana, cresciuta nei valori repubblicani". Un altro riconoscimento è arrivato dal Presidente dell'Assemblea Nazionale Claude Bartolone, che ha definito il re, "il rinnovamento che la Spagna stava aspettando".
Sono bastati questi gesti simbolici per appassionare la stampa francese, che ha sottolineato come Felipe sia un re "discreto e prudente", che "nei suoi discorsi attacca i grandi mali della Spagna, la corruzione, la disoccupazione e l'aumento delle disuguaglianze" (Le Monde). Con i suoi "gesti simbolici e le decisioni ferme, Felipe VI ha dimostrato che non sarà un Juan Carlos II" (Le Figaro); il giovane re ha aperto il Palazzo ai collettivi gay, parla le altre lingue del regno, ha voluto un codice di condotta per la Famiglia Reale, ha aperto la Casa Reale ai social, nota sempre Le Figaro. L'omaggio ai repubblicani, nel giardino parigino "è un'immagine incongruente, impensabile in Juan Carlos" ha assicurato il quotidiano francese.
Poi c'è stato il successo di folla ai vari eventi a cui ha presenziato con Letizia, davvero perfetta e impeccabile nel suo ruolo di consorte. Ci sono stati i media di mezza Europa che hanno seguito con attenzione la visita. La cosa più bella, il rimpianto letto su elconfidencial.com, che ha bisogno di una premessa. Alla vigilia del viaggio in Francia, Felipe VI si è recato a Barcellona, per presenziare alla finale della Copa del Rey di calcio, tra Barcellona e Athletic Bilbao, le due squadre simbolo del nazionalismo catalano e basco, quelle che meno di tutte sopportano la presenza della Spagna alle proprie partite; il caso le ha volute finaliste e per di più a Barcellona. Si temevano fischi all'inno nazionale spagnolo e al Re, per questo, nei giorni precedenti, le autorità sportive avevano minacciato sanzioni. Ma non è servito: non appena è iniziata la Marcha Real, nel Camp Nou è partita una borata di fischi come mai prima, mentre Felipe VI manteneva sguardo ed espressione impassibili.
Finita la premessa, ecco il bel passaggio dell'articolo di Javier Caraballo su elconfidencial.com: "Il fatto è che qui nessuno è capace di pronunciare davanti ai Reali di Spagna un discorsocome quello del sindaco di Parigi, Ana di Cadice, Anne di Parigi, per la paura sicura di essere considerato un pericoloso fuori dal mondo. Non esiste qui quella 'repubblicanta educata nel ricordo dei repubblicani', che parla del passato senza rancore, con orgoglio; che sia capace di elogiare la Spagna senza complessi; per quello che abbiamo ottenuto, per quello che abbiamo superato. Nessuno è capace di vedere nel Re non una persona, non un erede, non una circostanza o un momento, ma un simbolo di noi, di quello che ci uinsce. Guardare oltre, guardare indietro. Che non so cosa ho sentito ieri, ma Felipe VI è dovuto andare in Francia per sentirsi Re di Spagna, senza che nessuno lo fischi".