I Fen, che prendono il nome da delle specie di terreni paludosi inglesi, sono una scoperta della code666. Quest’anno li vedremo in Italia assieme agli Agalloch, coi quali hanno qualche grado di parentela musicale.
Come altri gruppi degli Anni Zero, hanno provato a combinare shoegaze (nel loro caso si direbbe gli Slowdive) e black metal, cercando di album in album di raffinare l’operazione e rimediare a qualche limite tecnico (la voce non sempre sicura). Dustwalker è un altro buon passo in avanti in questa direzione: il cantante ora è decisissimo (sembra prendere spunto da Nick Holmes dei Paradise Lost) e va sereno sia nelle parti pulite sia in quelle sporche, mentre il gruppo fa dimenticare i propri punti di partenza, suonando come i Fen e basta. Metabolizzate tutte le influenze, gli inglesi hanno fatto un disco che spartisce un paio di coltellate, ma che non dimentica emotività e atmosfera, passando da momenti rockeggianti al 100% (“Wolf Sun”) a frangenti quasi-pinkfloydiani, macinando black metal, shoegeaze, post-rock a seconda dei casi. Rabbia, tristezza, malinconia, un filo di speranza: Dustwalker è un album sfaccettato e apprezzabile dall’inizio alla fine. Aspettiamo il capolavoro, però.
Tracklist
01. Consequence
02. Hands of Dust
03. Spectre
04. Reflections
05. Wolf Sun
06. The Black Sound
07. Walking the
08. Crowpath
09. Epilogue