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Fenice meets... Fulvia Degl'Innocenti

Creato il 17 febbraio 2012 da Lafenice
Ciao a tutti!
Qualche tempo fa vi parlai di una delle mie ultime lettore, Sopravvissuta, di Fulvia Degl'Innocenti. Il libro di Fulvia mi ha colpito per la sua forza e per la grande speranza condensata tra le sue pagine: un libro da leggere, non mi stancherò mai di ripeterlo!
E' quindi un onore per la sottoscritta avere come ospite del diario l'autrice di questo bellissima storia, Fulvia Degl'Innocenti: grazie ancora per la disponibilità e per le tue parole!
Curiosi? Leggete un pò!

Fenice meets... Fulvia Degl'Innocenti

L'autrice

Sopravvissuta è un libro complesso: è una favola che ci propone un cammino di ricerca, di espiazione, un lungo viaggio, quello della vita, che non si ferma una volta raggiunto un risultato, ma continua perché, come si suol dire, finché c'è vita c'è speranza, e, in ultima analisi, finché c'è speranza ci sono tanti obiettivi da raggiungere. Mi chiedo, come nasce Sopravvissuta? Cosa ti ha ispirato dando vita a questa storia?
Ricominciare a vivere in condizioni di estrema privazione è un gioco che ho sempre fatto da bambina. Una grande avventura, azzerare tutto e ripartire. Che cosa avrei fatto, quali oggetti sarebbero stati indispensabili, che abilità avrei dovuto sviluppare. Se ci pensiamo ogni avventura autentica nasce in una situazione essenziale, in cui dobbiamo fare affidamento soprattutto su noi stessi. Ecco, il vero punto è questo: al di là di un'infinità di oggetti, attaccamenti, abitudini, relazione, noi chi siamo? Mettere una ragazza in una situazione estrema era un modo per permettere a lei, e al lettore, di farsi domande, di vedere ciò che è davvero essenziale e invece ciò che riveste soffocandoci come strati di abiti inutili.
 
Credo che ogni libro degno di questo nome, nasconda tra le sue pagine un messaggio. Alle volte lo si coglie nella sua interezza, altre soltanto parzialmente. Il messaggio che questo libro ha comunicato a me è un messaggio di  forza ed inarrestabile speranza. Dopotutto, il mondo di Sopravvissuta non è poi così tanto distante dalle nostre vite. Non sono necessarie calamità di alcun tipo per cercare (e trovare) rifugio sull'isola della solitudine, privandosi del calore di un contatto esterno. Ed ecco che la paura di un contagio diventa quella del confronto, le difficoltà da superare un grande test, un modo per comprendere che la vita vera è là fuori, al di là del mare, in un punto non meglio precisato nell'orizzonte. Ora mi chiedo a prescindere da quello che è il messaggio che ognuno di noi può ricevere dalla lettura del tuo libro, cosa volevi effettivamente comunicare con Sopravvissuta? La tua è una storia di speranza o piuttosto un monito?

Ho cercato di comunicare l'idea che il sapore della vita non sta solo nell'ultimo gadget tecnologico, nella comunicazione sterile, nella rivendicazione isterica dei propri privilegi. E il continuo rumore di fondo che fa da colonna sonora a ogni nostra azione, ci fa perdere un suono unico, interiore, che è quello del silenzio.
Una subdola e letale malattia colpisce gli uomini nel tuo romanzo, una strana apatia che fa perdere loro ogni stimolo alla vita, rendendoli prede facili di una morte che pare quasi liberarli da un'esistenza che ha perso ogni possibile attrattiva. È un male che rintracci nella società d'oggi? E perché proprio i giovani, ragazzi della stessa età di Sara, la protagonista della tua storia, sembrano essere immuni a questo contagio?
La scena dell'autobus in cui  Sara si trova a sentirsi l'unica persona viva tra una folla di passeggeri spenti  mi capita spesso di viverla quando , per esempio, in una metropolitana di Milano, la mia città, comincio a osservare i volti delle persone. Quel momento speciale di attenzione mi fa vedere quello che anche io sono, una sorta di autonoma immerso in un meccanismo - mi alzo, mi vesto, mi arrabbio, mio muovo - senza  consapevolezza di quello che sono e che vivo. Uscire dai percorsi, siano essi abitudini mentali, mode, conformismi, è un attimo magico. Da bambini riusciamo a essere nuovi di fronte alle esperienze che viviamo ma non ne siamo ancora consapevoli, da adulti siamo ormai scleroitizzati su certi meccanismi. Forse anche il nostro dna ( e non parlo in termini strettamente scientifici) nell'infanzia è ancora indifeso, senza barriere, e da adulto è invece troppo irridigito, immodificabile. C'è una fase speciale, in cui tutto può cambiare e in cui si può essere invincibili. Anche di fronte a un virus micidiale.
Sara è un personaggio molto interessante. Prima fragile e capricciosa ragazzina, poi “donna” caparbia, capace di resistere alla morte, alla solitudine, ed allo sconforto, plasmata da una “buona scuola”, quella della malattia, del dolore, dell'isola. Credi che la sofferenza e le continue prove da superare ci rendano più forti? O forse è l'istinto alla vita, alla sopravvivenza a spingerci ad andare avanti, indipendentemente da ciò che sconvolge la nostra vita?
Di sicuro credo che dover superare alcune difficoltà sia di carattere fisico che emotivo possa fornirci degli strumenti in più per la quotidiana sopravvivenza. Se la sofferenza non ci travolge ci rigenera. Esiste poi una dimensione istintiva che entra in scena nel momento di reale pericolo, che ci riporta alla nostra dimensione più animale. Non dimentichiamo che non siamo fatti solo di logica e sentimento, ma anche di istinti.
Si dice che per un autore sia difficile scrivere qualcosa di convincente senza averlo sperimentato in prima persona. Quanta parte di te è presente nel tuo lavoro?
Tanta. Sia che scriva fiabe per bambini che romanzi per adolescenti, parto dal mio vissuto, dalle persone che conosco. Prendo brandelli di relazioni, stati d'animo sperimentati e li calzo ai personaggi e alle situazioni immaginati.In caso contrario credo che le mie parole perderebbero sapore, invece di mettere in scena dei veri personaggi farei recitare delle maschere. 
C'è un consiglio che vorresti dare a chi vorrebbe intraprendere la strada della scrittura, giovani emergenti che condividono con te la passione per la parola scritta?
La scrittura è fatta di due ingredienti: mestiere (la tecnica) e anima. Ci sono ottimi romanzi scritti con maestria in vetta alle classifiche dei più venduti. ma quelli che rimarranno addosso al lettore per sempre portano le tracce dell'anima di chi li ha scritti.
ps: il 21 marzo alla fiera del libro per ragazzi di Bologna sarò tra gli ospiti di una tavola rotonda (sala internezzo, ore 14,30) dal titolo Come si diventa scrittori e dove svilupperò questo concetto nella mia testimonianza.

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