Fenomeno bestseller? I veri capolavori vendono poco...
Creato il 13 novembre 2012 da Lalenene
@Irene_Marziali
L'idea per questo post è nata da un articolo scritto dal filosofo italiano Anacleto Verrecchia - scomparso a febbraio di quest'anno - su TuttoLibri dell'aprile 2006, intitolato "I bestseller di oggi ed i veri capolavori". Capitatomi sotto mano, nel leggerlo ho trovato talmente interessante e veritiero ciò che vi esprimeva, da volervi sottoporre le idee esposte in questo suo articolo e discuterne insieme.
Nei nostri giorni assistiamo ad un esplosione di libri marchiati del timbro "bestseller", anche a causa della straordinaria e drammatica estensione del bacino di chi scrive, nonché di chi leggi. Ormai quasi chiunque può dire di aver scritto un libro...ed anche pubblicato, almeno autonomamente con i vari siti similari al "miolibro" di kataweb, nonché la diffusione del sistema di lettura inediti delle case editrici.
Purtroppo però, se questo allarga l'offerta editoriale presentata ai lettori, questo fenomeno rischia di ingannarli e dimezzare la qualità media delle opere, riducendole a prodotti commerciali.
Già quando vedo in libreria quelle copertine ad effetto super colorate e con i titoli scritti in rilievo, o quei filoni tematici di romanzi tutti inesorabilmente uguali ( vedi Pane Amore e Cannella; Arance e tazze di tè o roba simile ) mi prende il mal di stomaco!
Per non parlare di vampiri, zombie, angeli, morti che camminano e quant'altro...
"Ogni anno vengono scaricate sul mercato montagne di libri, ma trovarne uno veramente buono, degno di essere tramandato alle posterità, è come cercare fungi in Arno. I peggiori sono i cosiddetti bestseller: il loro valore è quasi sempre inversamente proporzionale al rumore che fanno " scrive nel suo articolo Verrecchia.
Non avrei saputo dirlo meglio.
E' anche comprensibile: come fa un autore a mantenere stabilmente elevate la qualità della sua scrittura e la purezza del suo stile, ideare trame interessanti e vincenti senza mai sbagliare e continuare ad attrarre l'attenzione del suo pubblico...due, tre volte l'anno?
I capolavori hanno bisogno di riflessione, ricerca accurata, rielaborazioni, consulenze, ispirazione, tempismo, genio....tutto questo richiede da parte dell'autore dedicargli tempo ed energie esclusive. Vi garantisco che è impossibile farlo con un ritmo di pubblicazione come quello che sostengono oggi gli scrittori di "bestseller".
Il libro, giallo o romanzo che sia, diventa un mezzo di superficiale intrattenimento, quando va bene, o di ricavi, quando va peggio. D'altro canto, il termine "bestseller" significa, più o meno, "il miglior venditore". Non si parla di qualità...ma di quantità.
E la storia della letteratura ci rammenta quanto poco le due vadano a braccetto.
Qualche esempio? La prima raccolta di opere di Goethe vendette 691 copie; la Storia d'Inghilterra di Hume appena 40; molte delle prime pubblicazioni di Schopenhauer finirono al macero o non superarono le 800 copie; Zarathustra di Nietzsche? fu stampato a spese dell'autore in 40 copie. Persino il Don Chisciotte non fece guadagnare granché al povero Cervantes. Alfieri, Leopardi, Manzoni pubblicarono tutti a loro spese i loro capolavori, perché senza editore.
C'è anche da dire che la qualità dei "bestseller" per quanto riguarda stile e colore di scrittura è pressoché nulla nella maggior parte di casi perché ormai non esiste più "l'autore": si tratta sempre più spesso di gruppi di ghostwriter, e le liste dei ringraziamenti si allungano a dismisura.
Anche quando è riconoscibile la penna dello scrittore, questi riceve talmente tante pressioni da editori e collaboratori, nonché spesso dalla propria avidità, che qualsiasi idea gli salti in mente - eccellente, buona o penosa che sia - non può permettersi di accantonarla. Bisogna rispettare le scadenze editoriali e dare qualcosa da leggere ai propri seguaci - perché non sono più lettori - così da non farsi sbalzare dalla concorrenza, per altro spietata.
Verrecchia nel suo articolo sopra citato si chiede: "Perché tra i classici greci e latini, ma anche tra quelli che vennero dopo, non si trovano mai libri-patacca?" E ci da anche la sua risposta: "perché allora scrivevano solo quelli che avevano veramente qualcosa da dire. E non lo facevano per guadagno, ma per un puro impulso dello spirito".
Purtroppo il clima di cui abbiamo parlato poc'anzi, influenza anche tutti gli altri che si avvicinano alla scrittura, facendo loro ambire a diventare lo scrittore bestseller - quello famoso e ricco - piuttosto che quello di valore.
E la nostra cultura e letteratura contemporanea si impoveriscono.
Schopenhauer diceva che "scrivere per guadagnare equivale a fare la comunione per nutrirsi".
Ed aveva perfettamente ragione.
Una cosa positiva di questa globalizzazione culturale è che il mondo della critica si è espanso, estendendosi di fatto anche a noi lettori-comuni-mortali. Attraverso i nostri blog possiamo voltare la faccia alla massa di pecoroni che compra i libri a seconda di quanti zeri sia composto il numero di copie vendute sparato nella fascetta sopra la copertina. Possiamo stroncare quei prodotti editoriali che non ormai neppure libri, e che certo non sono i capolavori che vorrebbero farci credere attraverso la pubblicità.
Possiamo fare tanto. Facciamolo! Prendiamo coraggio e voglia tra le mani, scriviamo anche recensioni spietate sui libri che ci hanno fatto rimanere perplessi, schifati o sui quali ci siamo addormentati, oltre che quelli che ci hanno colpiti positivamente.
Questo potrà essere un piccolo passo per risanare un po' questo nostro mondo della letteratura disastrato.
" L'unica consolazione è che gli scrittori di moda nascono con il giorno e tramontano con il giorno. Spuntano una volta sola, e per brevissimo tempo, come i fiori di agave. Poi è silentium. "
Anacleto Verrecchia
Sappiatemi dire cosa ne pensate.
Con affetto,
Irene
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