Capita che, mastruzzando in vecchi cassetti o su polverosi scaffali, salti fuori una vecchia fotografia con i colori un po' ingialliti. Undici ragazzetti con improbabili capelli a caschetto, una maglia rossa (quella del portiere è verde) e pantaloncini neri. Cinque appollaiati e sei dietro in piedi, con le braccia incrociate sul petto. Sembrano i guerrieri in terracotta, meno inquietanti con quel sorriso fiducioso nel futuro. Osservando meglio rimane il dubbio che quel sorriso sia più una smorfia dovuta al sole dritto negli occhi. Io sono il penultimo da destra appollaiato. Avevo dodici anni. E' una foto storica. Quella squadra ha vinto per quattro anni consecutivi il campionato degli oratori. Era una sorta di macchina perfetta. In porta un estremo difensore che, con la sua panzetta non ci davi due lire, era una saracinesca che ogni tanto si concedeva qualche goal al limite del ridicolo. La difesa era insuperabile e mirabilmente assortita. Un centrocampo con due centrali figli di un fabbro (e si vedeva per quanto menavano senza scrupoli o tentennamenti); un ala sinistra che sembrava un freccia rossa e io ala destra. In avanti due punte: un ariete indomito al quale qualcuno prospettava, a ragione, un grande futuro e un cavallo pazzo, come seconda punta, che faceva più km di un tir. Gli undici di quella squadra hanno fatto strade tutte differenti. Per tre, purtroppo, il percorso si è interrotto troppo presto. Un centrocampista centrale si è perso tra siringhe e troppi dubbi. Il portiere è stato disarcionato in Spagna dalla sua moto. Il cavallo pazzo si è perso una sera nella nebbia, tornando dalla moglie e dal piccolo di nemmeno tre anni. L'ala sinistra lavora come geometra ma la sua velocità è un lontano ricordo. Il terzino sinistro fa l'elettricista e ogni tanto ci incontriamo. I due difensori centrali non ho idea di che fine abbiano fatto. Il terzino destro si è sposato ed è andato a vivere in Toscana con la moglie. L'altro centrocampista centrale è ingegnere. Io sono qui e l'ariete indomito, al quale prevedevano un grande futuro, bé... ha fatto il botto come giocatore di calcio. Ora è un ex ma ha indossato anche la casacca della Nazionale. Detto per inciso è da quell'anno in squadra insieme che non lo vedo più. Riguardando quella foto ho ripensato alla nostra ultima partita insieme. Penultima di campionato. Stiamo pareggiando due a due. Se vinciamo, sarebbe il quinto campionato consecutivo. Manca poco alla fine della partita. Stiamo subendo, la palla è al limite della nostra area. Con passo da giannizzero il difensore centrale carica il trequartista che va in confusione. Un rimpallo fa schizzare la palla verso la nostra destra. La recuperiamo. Il terzino sale ed io, con il fiato che mi resta, decollo verso l'attacco. Sento il mister urlare: corricorri!! Io corrocorro, cristo come corro, rallento e vedo la palla arrivarmi addosso. La stoppo e mi giro. Scarto il difensore, mi si apre un corridoio enorme verso la porta. E' il mio momento!! Ancora due passi e tiro una mina che spacco tutto. Rallento, carico il piede destro... e patapam! mi ritrovo mezzo rintronato con la polvere in bocca, un piede dolorante e con le ossa mischiate. Il portiere è uscito a valanga e mi ha centrato in pieno. Sono spaesato. Controllo di avere ancora tutto. Due braccia, due gambe... direi di sì, tutto ok. Ho un labbro ammaccato ma E' RIGORE. Io sono il rigorista ufficiale della squadra. Vado sul dischetto. Che faccio? Lo tiro a destra, come al solito. Il portiere mi conosce sa che tirerò a destra. Che faccio, tiro a sinistra? Il portiere mi conosce, sa che io so che lui sa che li tiro tutti a destra, perciò si butterà a sinistra. Che casino. Se lui sa che io so che lui sa che li tiro tutti a destra, e perciò sa che so che si butterà a sinistra, io lo tiro a destra. Ma se lui sa che io so che lui sa che li tiro tutti a destra, e perciò so che si butterà a sinistra, è ovvio che si butterà a destra. Destra o sinistra? Dove la tiro? Quella, tutt'ora, è stata una delle scelte più difficile di tutta la mia vita. Ogni volta che ho fatto qualcosa di importante, un esame all'università o un colloquio di lavoro, la notte prima mi sognavo all'altezza del calcio di rigore con il pallone fra le mani. Lo tiro a destra o lo tiro a sinistra? La differenza è sostanziale, può essere goal e gloria o una parata e il fallimento. E mi sogno sempre lì, solo dentro l'area con davanti un pallone e la porta, con un portiere a difenderla. L'arbitro fischia, io faccio un respiro profondo e prendo la rincorsa. Tre passi, due, uno, sono sul piede d'appoggio mentre carico il destro e trattengo il fiato... Succede sempre che quando impatto con il pallone mi sveglio. Forse che l'importante non è fallire o segnare, ma prendersi la responsabilità di quella dannata scelta?
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