Siamo alla ventisettesima puntata della serie di articoli di Luca Moreno sulla storia di Firenze. Le immagini sono numerate in continuità con quelle del ventiseiesimo articolo.
Se desiderate avere l’opera completa fate clic qui: www.storiafirenze.it
—
Ferdinando II e Cosimo III de’ Medici
di Luca Moreno
Ferdinando II de’ Medici (1610-1670) (figura 78) salì al trono a solo dieci anni; fu per questo che, in attesa della maggiore età, lo Stato fu amministrato da quelle due stesse donne che già avevano dominato nel tempo di Cosimo II: la nonna, Cristina di Lorena e la madre, Maria Maddalena d’Austria, che, con la loro azione, dettero un’ulteriore spinta al decadimento economico e politico del Granducato, anche in virtù delle loro scelte sciagurate che portavano a nominare amministratori individuati senza criterio e sostituiti con eccessiva disinvoltura. Le due donne, convinte di agire nell’interesse dello Stato, avevano poi combinato per il giovane Granduca un matrimonio con la cugina Vittoria della Rovere, figlia di Claudia de’ Medici, di appena un anno; un contratto nuziale assurdo, anche per i tempi, che ben testimoniava del carattere eccentrico delle due signore, occupatissime ad aprire le porte di Palazzo Pitti a frati e monache, mescolate a tutta una schiera di gentildonne e gentiluomini, arrivati da più parti d’Italia e d’Europa.
Ferdinando II veniva intanto allevato nel culto dell’etichetta più rigida, istruito a considerare come normale la sua condizione di principe immerso nel lusso, cui debba toccare ogni onore. Il popolo era molto scontento: per il peggiorare dei commerci, per la disoccupazione e la miseria che colpivano molti e per la sfacciata esibizione di tutti quei privilegi che venivano distribuiti al clero e ai nobili. Nel 1629, quando la peste si abbatté su Firenze, mietendo numerose vittime, il ventenne Ferdinando dette buona dimostrazione del suo carattere portando di persona assistenza ai colpiti dal morbo; tuttavia, mentre ancora infuriava il male, Ferdinando ebbe la pessima idea di inviare truppe a sostegno dell’esercito spagnolo, impegnato nella successione del Monferrato, compromettendo ulteriormente quella politica di equidistanza tra Francia e Spagna, l’unica ormai davvero utile a preservare la Toscana dai pericoli esterni, cui s’aggiunse il danno del denaro sottratto alle casse dello Stato. In poche parole, un’operazione politicamente fallimentare.
Ferdinando visse fino al 1670, regnando quarant’anni dal compimento della sua maggiore età; circa cinquanta, dal giorno della scomparsa di suo padre Cosimo. Non mostrò certo grandi qualità, ma forse va tenuto presente che il suo regno si svolse in un tempo in cui niente era facile, vista la congiuntura politica ed economica in Europa, che segnava ovunque un grave stato di recessione, mentre continue erano le guerre fra gli Stati maggiori. Quello di buono che il Granduca riuscì a compiere, fu in virtù della stretta collaborazione tra lui e i suoi fratelli, Giovan Carlo e Leopoldo, amanti dell’arte e delle scienze, i quali collaborarono con Ferdinando all’ampliamento della collezione degli Uffizi e di Pitti, accresciuta con opere di grande prestigio, come quelle che giunsero dall’eredità di Federico della Rovere, il padre di Vittoria.
Il Teatro della Pergola (incisione seicentesca) (da Wikipedia)
In particolare, Leopoldo fondò l’Accademia del Cimento, anche se tutto quel suo trafficare di alambicchi e formule mise in sospetto l’Inquisizione, cosicché l’Accademia fu chiusa. Si colga l’atmosfera ottusa rispetto a quella in cui era maturata la civiltà rinascimentale di Lorenzo il Magnifico e, più in generale, dei Medici che hanno agito nel XV secolo. Giovan Carlo, invece, fece costruire il Teatro della Pergola (figura 79), primo teatro pubblico di Firenze, inaugurato nel 1657, così all’avanguardia da diventare modello per quelli che seguirono in altre parti d’Italia ed in Europa (il Teatro si trova nella via omonima, non molto distante dal Duomo, in direzione est); e anche Mattias, seppure amante delle feste e dei piaceri mondani, non mancò di dimostrarsi sensibile all’arte, alla musica e al teatro.
Tutta questa attività artistica e scientifica professata dai membri di Casa Medici è un’ulteriore attestazione del valore di questa famiglia; ma essa deve aver contribuito a distrarre Ferdinando dagli affari di Stato; e fu così che l’agricoltura – nonostante la grande attenzione rivolta al mondo contadino da Ferdinando I – fu trascurata; così come vi fu l’abbandono della politica delle bonifiche, anche queste vanto della famiglia granducale; aumentarono invece i gravami fiscali a carico dei produttori; e ciò accadde contemporaneamente al recedere della domanda delle merci e alla diminuzione del livello della produzione e degli affari. Nonostante la buona volontà, Ferdinando, cioè, non ebbe l’intuito necessario per capire cosa fosse necessario fare nel tempo che gli era stato affidato, così Firenze e la Toscana entrarono in una spirale che collocò lo Stato mediceo in una posizione di secondo livello.
Per quanto riguarda invece la sua vita matrimoniale con Vittoria, non possiamo certo dire che sia stata felice. Vittoria si dimostrò una giovane signora capricciosa, divisa, così come la nonna e la madre di suo marito, fra il culto per una religione praticata fino al bigottismo e una voglia di lusso e feste che la fece diventare cliente prediletta di sarti, parrucchieri e gioiellieri. Quando Ferdinando muore – è il 1670 – in casa Medici c’è chi si preoccupa per il futuro del regno, perché Cosimo, l’erede al trono, non sembra essere idoneo a invertire il processo di crisi della famiglia, incapace ormai da troppo tempo di generare principi adatti a gestire le problematiche del tempo; oltre a questo figlio, Ferdinando e Vittoria avevano avuto Francesco Maria, avviato alla carriera ecclesiastica.
Cosimo III de’ Medici (da WIkipedia)
Arriva ora il turno di Cosimo III de’ Medici (1642-1723) (figura 80). Il nuovo Granduca ha ventotto anni ed è infelicemente sposato ad una donna che ha già messo a subbuglio l’ambiente della Corte e tutta la famiglia Medici. Margherita Luisa d’Orléans infatti, donna inquieta e incontentabile, è la moglie meno adatta per un uomo sempre titubante e incerto, debole di carattere e più qualificato a essere avviato alla vita religiosa che non al gravoso impegno di regnare. Il suo matrimonio era stata una manovra concertata dai genitori, ai quali non sembrava vero poter far sposare al figlio la nipote di Luigi XIV: una sedicenne, con ben altre mire matrimoniali, che viveva alla spumeggiante Corte di Francia, per essere destinata a un diciottenne, circondato da maestri severi e preti. Innamorata di Carlo di Lorena – si sussurrava che i due fossero amanti – Margherita Luisa fece molta resistenza prima d’essere costretta, nel 1661, a partire per Firenze. Anche sotto questo aspetto, come sono diverse le donne che ora entrano in Casa Medici, rispetto alle grandi figure femminili quattrocentesche!
I due novelli sposi inaugurano il matrimonio con litigi furibondi, che diventano ben presto una guerra senza esclusione di colpi; Margherita Luisa strepita che vuole ritornare in Francia a ogni costo, e invia ripetuti messaggi di supplica in questo senso allo stesso Luigi XIV; con il tempo riuscirà nel suo intento, andandosene da Firenze, senza preoccuparsi di abbandonare i suoi figli al loro destino. La coppia, infatti, nonostante i litigi, aveva avuto Ferdinando, nato nel 1663; Anna Maria Luisa, nel 1667, che passerà alla storia come l’Elettrice Palatina ed infine Gian Gastone, nel 1671. Firenze festeggia i primi due nati, Ferdinando e Anna Maria Luisa, ancor vivo il Granduca Ferdinando II, ora felicemente nonno e rassicurato di avere trovato, nell’omonimo nipote, l’erede al trono. Quando poi nasce anche Gian Gastone, la felicità è grande, perché si può ora contare su due nuovi ragazzi; ma sono calcoli destinati a rivelarsi fallaci.
Ferdinando predilige gli svaghi e non si sente felice, se non gode la vita compiendo follie d’ogni sorta: mondanità, divertimenti, femmine e la tavola raffinata sono la sua religione. Amante del teatro e della musica – ed anche dei giovani amici del suo stesso sesso – ammira Scarlatti, Haendel, Peri; a lui si devono famose rappresentazioni di opere musicali e di concerti, che egli vuole che siano tenuti – a sue spese e a sua cura – nel teatro della Villa di Pratolino. Gian Gastone, invece, appare spinto fino all’ossessione dalla voglia di starsene solo e attento ai suoi studi prediletti di filosofia e di scienza: scelte non certo adatte a suscitargli simpatie, anche per quella sua ritrosia a frequentare la gente della Corte. Cosimo, suo padre, aveva pensato di farne un ecclesiastico, un nuovo Cardinale in Casa Medici; invece fu costretto a designarlo come suo successore, in quanto Ferdinando – che nonostante i suoi difetti aveva comunque i numeri per governare – morì di malattia a Venezia nel 1713. Gian Gastone, però, nel frattempo, era caduto nella trappola di un matrimonio sbagliato.
Fatto sposare infatti con una sorta di virago, Anna Maria Francesca di Sassonia Lauenburg, vedova dell’Elettore Palatino Filippo Guglielmo, s’era trovato “esule” in terra di Germania, da lui vissuta come una specie di prigione, accanto a una moglie tutta stalle e cavalli, alla quale ben poco interessava un marito che giudicava inetto e dalle tendenze vagamente omosessuali. Dicerie di cui non si può riferire con certezza, ma che dimostrano che i Medici stavano dando chiari segni della loro prossima fine: una stirpe ormai lontana da quella grande tradizione, che aveva fatto di questa famiglia la più importante della Toscana e sovrana di uno Stato che era sorto proprio nel loro nome e grazie alle loro capacità. Gian Gastone, non sopportando più la situazione, nel 1708, invecchiato precocemente e disorientato, se ne torna a Firenze, dove non trova un pubblico ad applaudirlo, ma anzi molti pronti ad approfittare della sua debolezza. La terza figlia invece, Anna Maria Luisa, aveva fatto un ottimo matrimonio sposando, nel 1691, l’Elettore Palatino Giovanni Guglielmo: un vero gentiluomo, che le fu sempre vicino, innamorato e pronto a farla felice ma, quanto alla prole, anche Anna Maria Luisa non ne poté avere, a causa del fatto che il marito era sifilitico.
Per saperne di più consulta l'articolo originale su:
http://www.postpopuli.it/36131-ferdinando-ii-e-cosimo-iii-de-medici/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ferdinando-ii-e-cosimo-iii-de-medici