Ferenc Pintér – nato ad Alassio nel 1931, da padre ungherese e madre fiorentina - è stato probabilmente il più importante illustratore contemporaneo. Le sue illustrazioni (comprese quelle pubblicitarie), propongono una strabiliante varietà di tecniche compositive e di soluzioni espressive, eppure risultano riconoscibili, non solo per lo stile che si esterna nell’utilizzo delle forme e dei colori, ma soprattutto per l’approccio comunicativo dell’immagine, per l’impostazione che rende l’effettiva visualizzazione di un’idea. Davanti a una qualunque opera di Pintér si riesce, quindi, a cogliere sempre la forza specifica dell’illustrazione, quale mezzo comunicativo che permette di esprimere con forza e chiarezza, idee che non potrebbero essere rese attraverso alcun altro codice.
Le sue prime opere risalgono alla fine degli anni Quaranta e la produzione dell’artista è proseguita fino alla sua scomparsa, nel febbraio 2008: nel complesso della sua lunga attività, si possono quindi individuare senza troppo sforzo i riflessi delle variazioni e degli umori della cultura europea negli ultimi cinquant’anni. Più facile ancora scorgere le influenze di Pintér sulle opere di diversi illustratori, grafici e disegnatori di fumetti che si sono affermati a partire dai primi anni Settanta, soprattutto in Italia, e che, in molti casi, hanno assimilato la sua lezione principalmente attraverso le copertine degli “Oscar” Mondadori, la collana di romanzi in edizione tascabile più popolare e diffusa nel nostro Paese.
Chi, negli ultimi trent’anni, ha preso in mano un libro di George Simenon o di Agatha Christie, di Cesare Pavese o di Grazia Deledda, di John Steinbeck o di Ernest Hemingway (o di Ken Follet, o di Isaac Singer, o di Jack Keruack) con ogni probabilità si è imbattuto in un’immagine creata da Ferenc Pintér, assimilandone quasi inconsciamente la grammatica interiore e fruendone come una sorta di lasciapassare poetico per accedere all’universo letterario racchiuso nelle pagine interne.