- sono troppo alte rispetto alla qualità e quantità dei servizi forniti dalla pubblica amministrazione
- il loro peso e il fatto che sono congegnate male scoraggia l'attività economica con effetti negativi su produzione e occupazione
- potremmo ottenere benefici in termini di equità
Quello che distorce la comprensione di questa realtà, che dovrebbe essere ovvia, è il fatto che per ridurre la pressione fiscale è necessario ridimensionare la spesa pubblica. In altre parole dire che lo stato può fare le stesse cose (o fare meglio) tassando di meno, vuol dire che lo stato potrebbe e dovrebbe anche spendere di meno.
Il vero ostacolo nella comprensione del livello eccessivo della pressione fiscale è dunque dato dalla necessità di accettare che la tassazione è troppo elevata perché la spesa pubblica è eccessiva e male impiegata. Sulla questione della spesa pubblica leggere qui
Sul punto 2 è sufficiente osservare che
- più un'attività economica è tassata, meno è conviene porla in essere
- i talenti e le imprese oggi possono spostarsi con una facilità mai osservata in passato
- se la PA funziona male e le imposte sono elevata i talenti e le imprese se ne vanno
- con l'attività locale scoraggiata e il deflusso di cervelli e imprese di valore ci sarà minore crescita del reddito e dell'occupazione
Il terzo punto ha a che fare con l'illusione di Robin Hood: se consideriamo lo stato come un nobile ente neutrale che prende ai ricchi per dare ai poveri ridurre la tassazione vuol dire interrompere questa attività meritoria. In realtà la storia dello stato Robin Hood non sta in piedi per almeno 3 motivi
- lo stato non è neutrale ma tiene per se buona parte di quel che prende
- non di rado le tasse dei poveri pagano servizi offerti ai ricchii
- i ricchi hanno più mezzi per "evitare" le imposte e compensare i disservizi della PA
In secondo luogo, molti servizi, come ad es l'università offerta sotto costo, sono utilizzati prevalentemente dai cittadini più abbienti, ma vengono pagati anche con le imposte pagate di quelli con redditi più bassi. Più in generale il fatto che la PA funzioni male e costi tanto, penalizza relativamente di più chi è meno ricco: se un giudizio civile dura troppo,chi non può permetterselo spesso sceglie semplicemente di non far valere le proprie ragioni.
In terzo luogo, possiamo osservare che chi è più ricco e deve pagare somme ingenti per le imposte, ha tutta la convenienza a investire tempo e risorse nel tentativo di pagare meno (non considerando le vie illecite dell'evasione) e in genere ci riesce con successo. Dunque tassare i ricchi è più difficile e il tentativo di tassarli troppo può avere conseguenze indesiderate come quella di farli emigrare.
Ne consegue che di fatto lo stato (e non solo quello) italiano rassomiglia più allo sceriffo di Nottingham che a Robin Hood.
L'effetto positivo in termini di equità e redistribuzione della ricchezza di una riduzione di tasse e imposte, menzionato al punto 3, deriva dal fatto che i meno abbienti traggono relativamente maggior beneficio:
- da incrementi proporzionali del reddito disponibile dovuti alla minore tassazione
- da più numerose e migliori occasioni di lavoro se il paese cresce di più
- dalla riduzione nelle distorsioni ottenute grazie a uno stato più efficiente che spende meno e meglio
- perché non sono giustificate dal modo in cui i fondi raccolti vengono spesi
- per rilanciare crescita e occupazione
- per attenuare gli effetti perversi e guadagnare equità.
*68.5% di total tax rate as % of commercial profit secondo il sito Doingbusiness.org (emanazione della banca mondiale) che ci vede al 87° posto per la facilità di fare impresa e al 134° limitatamente al versante delle imposte. A quanto riportato dallestatistiche ufficiali, già di per se impressionante, occorre aggiungere che l'evasione fiscale, particolarmente diffusa nel nostro paese aggrava ulteriormente il carico sui contribuenti onesti: secondo alcune stime avremmo la pressione fiscale "legale" più alta del mondo
**Secondo il Global Competitiveness Report 2011–2012 del World Economic Forum l'italia è all'88°posto su 142 paesi per qualità delle istituzioni. Da notare che i paesi a noi simili,ossia di tipo Innovation driven, sono in tutto 35 ed hanno un punteggio medio di qualità delle istituzioni di 5 su 7 mentre l'italia totalizza 3,6. Per infrastrutture siamo al 32mo posto con punteggio di 5 su sette mentre la media dei paesi a noi simili ha è pari a 5.5. L'Italia, sui 142 paesei considerati dal World Economic Forum, si colloca al 71mo posto per tutela dei diritti di porprietà (dopo il Burkina Faso mentre Spagna è 44ma, Germania 18ma e Regno unito è 8°), 72ma per distorsione si fondi pubblici ( Spagna 46ma, Germania 14ma, Regno unito 11mo),119ma per favoritismi nelle decisioni dei pubblici ufficiali,114ma per spreco di spesa pubblica, 113ma per efficienza del sistema legale nel dirimere le controversie,79mo per qualità delle infrastrutture....
*** L'italia nel ventennio 90-2010 ha una media del total tax revenue misurato come Tax revenue as % of GDP di 41.57% e una crescita media del Pil secondo world bank di 0.67% nel decennio 2000-2010. Secondo le stesse fonti abbiamo per la Germania crescita media del 1.3% a fronte di TTR del 36.3% per la Spagna crescita del 2.2% vs TTR del 33.58% per il regno unito crescita dell'1,8% vs TTR del 34,82.
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