L’eurodeputato Andrea Zanoni presenta un’interrogazione parlamentare sulla ferriera di Servola (Trieste). “No a un caso ILVA nel Golfo di Trieste. Le concentrazioni di particelle inquinanti e le percentuali di tumori nella zona fanno paura. Il piano di rilancio della siderurgia europea prenda in considerazione gli aspetti ambientali e sanitari oltre che quelli economici”
“L’Unione europea esiga l’accertamento delle reali ricadute sulla salute di dipendenti e abitanti della zona della ferriera di Trieste e chiarisca le ricadute sulla struttura del nuovo Piano strategico volto a preservare la competitività della siderurgia UE”. Lo chiede Andrea Zanoni, eurodeputato ALDE e membro della commissione ENVI Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo, con un’interrogazione inoltrata oggi alla Commissione europea. “Gli elevati livelli di Benzo(a)pirene e di PM10 registrati nell’area e l’insorgenza di neoplasie tumorali nei suoi ex dipendenti, esigono che la questione della ferriera di Servola sia affrontata anche da un punto di vista ambientale e sanitario oltre che economico ed occupazionale”.
Occhi puntati sulla ferriera sita nel densamente abitato rione di Servola (Trieste), un obsoleto stabilimento siderurgico specializzato nella produzione di ghisa, da molti anni oggetto di polemiche a causa dell’emissione di inquinanti. A partire dal 21.12.2012, l’impianto è stato commissariato per stato d’insolvenza, ed è in fase di studio un piano industriale di riqualificazione/riconversione.
“Le analisi effettuate nel 2007 dal Centro Interdipartimentale di Gestione e Recupero Ambientale CIGRA dell’Università degli Studi di Trieste, su richiesta della locale Procura della Repubblica rilevavano nella zona preoccupanti valori di Benzo(a)pirene, in media pari a 21 ng al metro cubo, con picco a 90 ng al metro cubo, a fronte del limite di 1 ng al metro cubo imposto dalla Direttiva 2004/107/CE – denuncia Zanoni a Bruxelles – Quanto alle concentrazioni di PM10, le stesse si rivelavano sistematicamente superiori al limite di 50 µg al metro cubo stabilito dalla Direttiva “Aria” 2008/50/CE, e risultavano fuori norma anche i valori di PM2,5”.
“A far ancor più paura è il drammatico collegamento tra l’impianto e l’insorgenza di neoplasie nei suoi ex dipendenti – continua l’eurodeputato – Secondo gli esiti di un’indagine epidemiologica effettuata dall’Azienda per i Servizi Sanitari di Trieste, il rischio di insorgenza di un tumore ai bronchi o ai polmoni negli operai della ferriera di Trieste è più alto del 50% rispetto al resto della popolazione. I test realizzati riscontravano persino una significativa mutazione del DNA delle cellule umane esposte a tali emissioni”. Secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, dal 1974 al 1994, infatti, si sono verificati quasi 300 casi su un campione di 2.142 dipendenti.
Zanoni punta il dito anche contro la procedura di commissariamento della struttura per stato d’insolvenza (21.12.2012). “Il Comune di Trieste ha nominato quale proprio consulente nella procedura un ex direttore dell’impianto, ora indagato all’interno di una vicenda di smaltimento illecito di rifiuti provenienti dalla struttura stessa”.
“Per questo ho chiesto alla Commissione europea in che modo il nuovo Piano strategico volto a preservare la competitività della siderurgia UE presentato lo scorso 5 giugno coinvolgerà la ferriera di Trieste e se non ritiene fondamentale prendere in considerazione nel piano di riconversione gli aspetti sanitari e ambientali oltre che a quelli economici”, conclude l’eurodeputato.