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Ferro 3. La casa vuota di Kim Ki-Duk. 2004

Creato il 16 giugno 2011 da Barbara2011
Ferro 3. La casa vuota di Kim Ki-Duk. 2004"Siamo tutti case vuote
e aspettiamo qualcuno che apra la porta e ci renda liberi.
Un giorno il mio desiderio si avvera.
Un uomo arriva come un fantasma e mi libera dalla mia prigionia.
E io lo seguo, senza dubbi, senza riserve...
Finché incontro il mio nuovo destino."

Ferro 3 è una mazza da golf, sia simbolo del film e sia strumento dalle molteplici funzioni e chiavi di lettura della pellicola come l' amore, la morte, la rabbia, la libertà e la fuga. Anche se mai come in questo caso, il film andrebbe sentito, assaporato e non letto. Tae-suk, il protagonista, non è identificabile, perchè è pieno di identità, balza da una casa all'altra, indossando polimorficamente i panni degli altri, sventendosi della propria anima per abbracciare quelle altrui. Non vuole rubare, nè spiare, nè scappare, nè appropiarsi di ciò che trova transitando per poche ore nelle abitazioni prescelte. Forse cerca la pace o forse vuole donarla, una sorta di angelo con la missione di portare sollievo, riempire uno spazio vuoto fino a che trasbordi di amore. E così cura anche se stesso. Fin quando incontra gli occhi di lei che più degli altri andrebbero salvati. La ragazza è, infatti, vittima della violenza del marito.
Come ricordo delle sue incursioni, il giovane crea una galleria fotografica dove s'immortala con foto dei veri abitanti, accanto ai loro oggetti quotidiani, surrealismo e fantasia pura soprattutto nei suoi siparietti in carcere che culminano in un criptico occhio stampato sul palmo della mano. E il tutto nella più totale assenza di parole, comunicando attraverso i gesti e gli sguardi, imparando ad amarsi piano, condividendo tutto il resto, prima ancora del corpo. Il luogo fisico della Casa, dimora di una borghesia ipocrita e violenta (incarnata dall'amante violento della donna), è finalmente dominato dall’uomo che riempie di significato le parole vuote coi suoi silenzi e sguardi, salvo un significativo Ti amo pronunciato da lei verso la fine.
La sensazione finale è quella di un film anarchico, o meglio di personaggi anarchici che rifiutano qualsiasi soluzione basata sulla comunicazione, sul dover dare delle spiegazioni, in una totale assenza di fiducia negli esseri umani.
Realtà o sogno? Potenza del cinema, ma a volte anche della stessa vita. E come recita la frase a fine film: "...è difficile dire se il mondo in cui viviamo è sogno o realtà"

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