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Ferrovie in Africa / Cina e Brasile investono

Da Marianna06

Non c'è ombra di dubbio che i profitti, a cose fatte, saranno notevoli.

Ma anche il depauperamento del sottosuolo africano sarà enorme.

Ancora una volta, mascherata, aleggia nell'aria la parola "colonizzazione".

Perché la colonizzazione è il destino dei poveri.

Sia essa militare, economica e/o culturale.

E l'Africa, in un modo o nell'altro, le ha conosciute tutte.

Ma veniamo al fatto del giorno ossia ai 35 miliardi di dollari in investimenti, che alcune multinazionali faranno in Africa per costruire linee ferroviarie allo scopo di ottenere uno sbocco al mare per i loro giacimenti di minerali.

Niente di nuovo sotto il sole quanto a modalità di progettazione e finalità, direbbe giustamente qualcuno,  perché cose analoghe avvenivano in Africa anche nel secolo scorso. 

Dejà vu.

A fornire la notizia è l'agenzia-stampa Bloomberg.

La società China Railways Construction Corps, la Vale ( la seconda compagnia mineraria del mondo) e altre di dimensioni più modeste stanno investendo nei progetti ferroviari per trasportare carbone e rame fuori dell'Africa, negli impianti cinesi e indiani.

Tra i progetti ci sono quelli delle compagnie cinesi Sinohydro e China Railway Construction, interessate alla commercializzazione del  rame e del cobalto, estratti in Zambia e nella Rep.Dem. del Congo.

E poi ancora ci sono quelli del gruppo brasiliano Vale, che sta realizzando linee per collegare al mare i suoi giacimenti ferrosi in Guinea e in Mozambico.

Sono compresi nel mare magnum di affari da realizzare però anche i progetti dei governi subsahariani come quello della Trans-Kalahari, un progetto da 9 miliardi di dollari che dovrebbe favorire il trasporto del  carbone del Botswana verso la Namibia e l'Atlantico.

Tra le motivazioni simil-ufficiali dei politici locali, i diversi tirannelli africani, riguardo a questi investimenti vengono citati gli aumenti dei prezzi delle materie prime(gas e petrolio in primis visti i  terribili venti di guerra che soffiano) e naturalmente dei suoi derivati, nonché la necessità assoluta per il proprio sviluppo di avvicinare i consumatori.

Tra i quali ,ovviamente, si parla delle industrie cinesi e indiane.

Insomma... l'ennesima presa per i fondelli.

Il sempre attualissimo  gattopardesco " tutto cambia perché non cambi niente!"

 

   A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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