Recensione di Eleonora Rossi
Ci vuole poco a riempire la mano di un bambino.
Ci vuole poco a riempire la mano di chiunque. Basta dire la verità.
Festa d’estate del poeta e scrittore Remco Campert è considerato un piccolo classico della letteratura olandese. Uscito per la prima volta nel 1961, dopo più di cinquant’anni è stato tradotto e pubblicato anche in Italia dalla casa editrice Elliot.
In questo suo romanzo breve Campert racconta la lunga giornata estiva di tre ragazzi: dei due amici Mees e Boelie – uno musicista, l’altro scrittore – e della sedicenne Panda, inquieta, irriverente e appassionata che non può soffrire l’arte, i racconti fantastici né le favole, i sogni o quelle che chiama «fantascemenze». Lei crede che la realtà sia più viva, più fantastica di un «roman-zoo»: «Io non voglio leggere i libri, voglio vivere», sbotta.
Loro, il loro casuale incontro nel parco e il progetto di organizzare una festa saranno il centro attorno al quale convergeranno una serie di personaggi: un vegliardo che viene rapinato ma che ritrova l’amore della sua vita, una saggia addetta allo toilette che offre tè e pasticcini, un ragazzino con l’ombrello che si getta dalle finestre senza mai farsi male. E poi spensierati perdigiorno, «rockeggiatori», presunti artisti e bohemien affettati; fatui letterati, mogli infelici tristi amanti e pallidi rivoluzionari la cui «partecipazione emotiva alle questioni sociali […] cominciava e finiva con le foto che appendevano al muro e che sostituivano quando non erano più attuali».
L’eccitazione dei tre nei confronti della vita, la loro smania di libertà, il bisogno che hanno di ardere di passioni urgenti e transitorie fino al punto di ebollizione e poi abbandonarle senza pietà per cercarne di nuove, di vivere immersi in istanti ed emozioni sempre diversi daranno vita a storie e accadimenti divertenti o commoventi. Tra interni borghesi e ville in festa, tavolini gremiti di caffè letterari, tra letti sfatti e altri letti sfatti, tra incanto e disincanto, confusione e stordimento, si susseguiranno amori e disamori, corteggiamenti convulsivi e tradimenti privi di convinzione in cui protagonista è una generazione di «giovani che facevano i giovani, perché essere giovani in quel momento andava di moda».
A creare il «rumore di fondo» la musica di Miles Davis e Charlie Parker, la radiocronaca di Belgio-Olanda, gli echi della fucilazione a Cuba e della rivoluzione algerina.
Con Festa d’estate l’autore nederlandese ci racconta con ironia e sensibilità di Panda, Mees e Boelie ed è abile a farci percepire che oltre la loro superficialità, il cinismo e il piglio beffardo che assumono nei confronti degli adulti e del loro mondo borghese, ci sono energia e anima. E soprattutto c’è una malinconia provocata dal timore di diventare quegli stessi adulti che tanto detestano; che l’estate gloriosa non duri a lungo e lasci il posto all’inverno del loro scontento.
«Così se ne va al diavolo, la nostra generazione» dice Mees.
Festa d’estate è un bel romanzo che vale la pena di leggere non solo per l’umanità che lascia trapelare, ma perché è riuscito a non sbiadire nel tempo e a conservare la sua modernità e il vigore narrativo. E perché è scritto con una lingua sperimentale e sensuale, cosparsa di neologismi ed efficaci giochi di parole, che ancora oggi si può ritenere attuale.
Nota sull’autore
Remco Campert è nato nel 1929 all’Aja. Grazie alle sue opere di poesia – per cui ha anche vinto il prestigioso premio P.C. Hooft – e ai suoi romanzi è considerato uno dei più importanti scrittori della letteratura olandese.
In Italia le uniche sue opere tradotte sono Festa d’estate e Diario di un gatto, entrambe pubblicate dalla casa editrice Elliot.
Per approfondire:
leggi la recensione di Giuseppe Di Stefano sul Corriere della Sera
leggi la recensione di Marco Lodoli su Repubblica
Remco Campert – Festa d’estate
traduzione di David Santoro
Elliot, 2012
pp. 127, euro 13,50