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Festa del Cinema di Roma: Experimenter di Michael Almereyda (Selezione Ufficiale)

Creato il 24 ottobre 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
Experimenterplay video
  • Anno: 2015
  • Durata: 90'
  • Genere: Biografico
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Michael Almereyda

È evidente: è molto più facile ubbidire a una volontà che percepiamo come autoritaria o uniformarsi alle tendenze maggioritarie della comunità in cui siamo inseriti che assumere una propria posizione specifica, a scapito perfino della coerenza intellettuale o di un normale sentimento umanitario. Tutto ciò è quanto emerge dai discussi esperimenti condotti dallo psicosociologo Stanley Milgram agli inizi degli anni sessanta su un campione di soggetti abbastanza vasto, in cui, a fronte di una richiesta di assumere una condotta crudele nei confronti di una fantasmatica cavia non si registrava alcuna resistenza che portasse chi vi era sottoposto a interrompere la sequenza delle operazioni richieste. L’esperimento era questo: i volontari assumevano due ruoli distinti, uno era ‘l’insegnante’, l’altro ‘l’allievo’; il primo poneva della domande al secondo sulla base di un quiz linguistico e se quest’ultimo non rispondeva esattamente  veniva ‘punito’ con delle scariche elettriche dapprima leggere, e poi, se gli errori continuavano, sempre più forti e pericolose. Chi doveva infliggere ‘la pena’, seppur mosso a compassione della vittima (in realtà era solo una simulazione, dall’altra parte c’era una voce registrata in precedenza), suggestionato dalla richiesta autoritaria di uno degli organizzatori dell’esperimento, che gli imponeva di portare a termine la prova a cui si era sottoposto volontariamente, continuava il suo sadico esercizio fino ad arrivare a provocare un dolore sempre più grande al proprio partner. Nel sessanta per cento dei casi, i soggetti esaminati, pur scossi dalla sofferenza inferta, proseguivano la loro ‘missione’.

Insomma, sono davvero molte le riflessioni evocate dall’ultimo film di Michael Almereyda, Experimenter, a partire ovviamente da quelle inerenti il genocidio ebraico operato dalle forze naziste durante il secondo conflitto mondiale. D’altronde già Hanna Arendt nel suo La banalità del male aveva ampiamente mostrato tutta la sconcertante normalità di coloro che si erano messi al servizio della macchina del male, producendo scientificamente milioni di morti. Non mancano, infatti, nel film di Almereyda riferimenti diretti al processo Eichmann, sulla cui suggestione Stanley Milgram iniziò i suoi discussi esperimenti psicosociologici. Discussi perché gli si rimproverava di ingannare coloro che si prestavano volontariamente, anche se Milgram preferiva parlare piuttosto di ‘illusione’, di una situazione cioè fantasmatica in cui si potevano verificare fino in fondo le resistenze dei vari soggetti nei confronti degli ordini ricevuti. È come se l’indole umana preferisse a una presa di posizione netta sottomettersi a un ordine già precostituito, probabilmente perché a livello psichico vive una situazione di stress inferiore, arrivando al paradosso di scegliere di infliggere del dolore, anziché resistere e desistere dal compiere un’azione malvagia. Senza contare, poi, ovviamente, la ricaduta di tali ricerche sulla manipolazione mediatica del pensiero delle masse, che, evidentemente, possono essere indotte, se efficacemente persuase, a scapito di qualsiasi rigore logico o equità etica, ad assumere opinioni e atteggiamenti assolutamente contrari al buon senso.

Durante il film lo spettatore assiste, quasi fosse uno studente partecipante alle lezioni del prof. Milgram, alle dinamiche dei significativi processi mentali sviscerati dagli ingegnosi esperimenti. Senza contare poi i diffusi giochi visivi che abbondano nel film, proprio per minare il senso di sicurezza percettiva del pubblico, ogni volta convocato a distinguere tra realtà e finzione. Un’opera riuscita, dunque, questa di Almereyda, nella misura in cui ci allerta a tenere sempre alto il livello critico nei confronti del reale, e ancor di più a sviluppare un maggior grado di resistenza rispetto a quelle forze persuasive che ogni giorno tentano di plasmare le nostre opinioni e giudizi. Insomma, un altro buon film visto in questa decima edizione della Festa del cinema di Roma, che, a scapito della sempre maggior povertà organizzativa, ha saputo mantenere alto il livello di selezione dei film, cosa di cui va certamente reso il merito al nuovo direttore Antonio Monda.

All’anno prossimo.

Luca Biscontini

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