Feste varie e sonnacchiose, La ballata del caffè triste, di Carson McCullers

Da Lepaginestrappate @paginestrappate

Confesso: quando ero piccola ero convinta che il 1° maggio fosse giorno di festa nazionale perché era il mio compleanno. (Ecco, ora lo sapete e mi dovete fare tutti gli auguri! Ecco! Nel caso c’è pure un wishlist su anobii). Ok, sì, lo giuro, lo giuro che poi ho capito che non è così. (Nonostante in tanti dicano che quei sinistroidi dei miei genitori si sono impegnati perché quella comunistaccia della loro figlia nascesse il primo maggio).

Questo non toglie che abbia sempre gongolato all’idea che è un giorno speciale in cui sono sempre a casa. Anzi, a dire il vero mi piace sempre organizzarmi in modo da festeggiare la sera prima, o appena dopo, e lasciarmi questa giornata in famiglia, senza grandi impegni o ritmi.

Anche se è per far niente di speciale, tipo oggi: una giornata gigiosa e grigia, conditaegualmente di pigrizia e lavori in giardino. Qualche pagine di letture e godendosi i regali – quasi tutti libreschi e inerenti al libresco. Sorbirsi la stronzata giornaliera di Beppe Grillo (che ha imparato da Berlusconi che spararne una al gorno è il modo più certo per far parlare sempre di sé), e che probabilmente la pensa come l’ex governo destra Pdl-Lega nei confronti di “certe” feste (e come loro non va d’accordo coi sindacati).

Comunque.

Così grigiosetta che m’è venuto in mente che forse è il giorno giusto per parlarvi di un libro letto da poco e che m’ha dato sensazioni grigiastre: La ballata del caffè triste di Carson McCullers.

Anzi, adesso faccio una pausa e, da eretica caffeinomane, mi faccio una tazza del caffè americano che ho comprato all’IKEA.

Che poi, a dirla tutta, in La ballata del caffè triste di caffè non se ne vede molto: caffè non va inteso per un bell’espresso con la cremina e la brioche alla marmellata brusca del baretto di via Repubblica, ma più che altro come un posto dove sbevazzare.

Un posto di ritrovo per famiglie, beoni, lavorati, matti, operai di una cittadina americana decisamente senza grandi qualità e segni distintivi, dall’aspetto abbandonato, squallida,  un locale in cui farsi un goccetto degli ottimi distillati di Miss Amelia e mangiare un po’ di fritto per pochi centesimi.

E’ un’atmosfera polverosa, sonnacchiosa, quelle delle pagine di questo racconto – il più lungo della raccolta, dopo ne seguono altri, più brevi, umani, decisamente graziosi. E in questa atmosfera si dipana la storia della nascita e del declino del caffè di Miss Amelia, parallela a un triangolo amoroso al contempo grottesco e delicatissimo, doloroso, tra:

una donna mascolina, brusca, silenziosa, dura – Miss Amelia;

un nano esuberante ed emotivo;

un mascalzone senza remore e di bell’aspetto.

Il racconto è una ballata davvero, ci racconta persone semplici e leggende di un luogo – per quanto abbandonato, placido nel suo cambiare e infine rimanere uguale a se stesso  – ha profumo di coralità e la tenerezza di un canto malinconico.

E’ un libricino bello, semplice da leggere e al contempo con interessanti sottintesi. Niente di eccelso, eppure v’è in me contentezza per non essermelo perso.

Lascia un po’ così…

grigi.


La ballata del caffè triste
Carson McCullers 2013
Stile libero Big
pp. 168
€ 13,00
ISBN 978880619227
traduzione di Franca Cancogni. Disponibile anche in ebook.

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