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Festival di Roma 2011: “Il mio domani” di Marina Spada (in Concorso)

Creato il 29 ottobre 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Festival di Roma 2011: “Il mio domani” di Marina Spada (in Concorso)

Claudia Gerini è Monica, una manager single che vive e lavora a Milano. Dalla sua quotidianità apprendiamo che sta attraversando un momento molto delicato: il rapporto con il capo-amante si fa sempre più aleatorio, la sua figura di formatore viene mistificata e assoggettata alle logiche aziendali fatte di licenziamenti edulcorati, le visite al padre la rendono inquieta, il legame con la sorellastra precipita drammaticamente, gli incontri con il compagno del corso fotografico si rivelano fatui. La morte del genitore è la molla per recuperare uno sguardo costruttivo con cui riassestare un percorso identitario compromesso e l’aiuto al fragile nipote è la via del riscatto.

Il mio domani di Marina Spada, in concorso alla kermesse romana, è una plumbea raffigurazione di un disagio al femminile declinato in tutte le sfere personali. In una Milano gelida e asettica Monica/Claudia Gerini affonda lentamente, tra convinzioni che si sgretolano e legami sofferti che diventano sempre più taglienti.

Quello di Marina Spada è uno sguardo femminile concentrato su una donna incagliata in una rete di relazioni, azioni e trascorsi paralizzanti da cui è necessario liberarsi per riedificarsi. Monica è una donna fra tante, è una donna in carriera, è una donna che nel silenzio cerca di superare il suo dramma. Nell’estremizzazione del suo rigore algido rintracciamo i colpi inferti da un padre che da piccola la costringeva a pregare per la morte della madre, fuggita con un altro uomo. Lo sfaldamento famigliare l’ha resa incapace di legarsi sentimentalmente a qualcuno, e l’anaffettività in cui naviga diventa respingente verso qualsiasi immedesimazione dello spettatore. Frequenta un corso di fotografia durante il quale le viene assegnato il compito di realizzare un autoritratto. Il tentativo di riservare al mezzo fotografico il compito di superare le apparenze e catturare l’essenza della realtà rimanda a Blow Up di Antonioni: mentre gli ossessivi ingrandimenti di Thomas (David Hemmings) producevano la rarefazione dei confini tra vero e falso, ne Il mio domani l’immagine fotografica diventa un mezzo con cui guardarsi dentro e cogliere i punti di rottura. Ogni movimento di Monica tende verso una soluzione positiva che la Spada si concede e concede alla donna. Da formatrice parla in termini incoraggianti di vuoto, crisi, cambiamento, sacrificio, condivisione, ma nella vita il percorso è più doloroso e meno immediato. Il vuoto, quello spazio reale da riempire presentato ai manager come valore positivo in cui inserirsi, diventa una sensazione amara quando è la propria vita a esserne invasa. Simbolicamente, beve dal bicchiere nella casa del padre il vuoto che esso contiene, il vuoto che la famiglia le ha lasciato e che ora deve colmare, lentamente riempie l’assenza emotiva aiutando il problematico nipote.

L’epilogo del film stride con il freddo grigiore quasi impersonale della storia. Le note di Paolo Fresu e Bebo Ferra, visione sonora della contrazione emotiva, si sciolgono nel finale inaspettatamente fiducioso e radioso a cui la Spada decide di accedere, invitandoci a partecipare al cambiamento e a condividere la felicità di Monica.

Francesca Vantaggiato

 

Festival di Roma 2011: “Il mio domani” di Marina Spada (in Concorso)
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