Anno: 2014
Durata: 121'
Genere: Drammatico
Nazionalita: USA
Regia: Mike Binder
Il titolo vuole anticipare il tema della diversità e del razzismo ma in realtà quello che Black and White racconta è, soprattutto, un dramma familiare e legale dalle mille sfumature che vede di nuovo, a dieci anni da Litigi d’amore, Mike Binder dirigere Kevin Costner che stavolta non veste solo il ruolo del protagonista ma anche quello del produttore.
Elliot (Costner) è un avvocato rampante la cui vita prende la via del declino dopo la morte di sua moglie a causa di un incidente automobilistico. Già provato dalla perdita di sua figlia deceduta poco dopo aver messo al mondo la piccola Eloise, bambina di colore avuta da un tossicodipendente che mai si è preso cura della figlia, il dolore di Elliot non trova quiete e, anzi, viene messo a dura prova dalla richiesta di Rowena (Osctavia Spencer), la nonna paterna della piccola, che vuole che la nipote sia legalmente affidata alle sue cure.
Il plot che relegherebbe senza se e senza ma il lungometraggio nel genere puramente drammatico in realtà, attraverso suoi dialoghi, si risolleva e regala al pubblico anche momenti di bella ironia oltre che di pura tenerezza in un rapporto nonno/nipote irresistibile e fatto di gesti talmente naturali – e ripetuti all’interno del film – da divenire familiari anche per lo spettatore che senza se e senza ma non può non schierarsi, nella battaglia legale, dalla parte di Elliot nonostante la sua fragilità e la sua conseguente dipendenza dall’alcol.
Le ottime interpretazioni di Costner, in primis, e del Premio Oscar Octavia Spencer non riescono però a salvare un lungometraggio che non decolla e che appare costruito più che sull’intensità di sentimenti sulla voglia prorompente di sfatare cliché che è la stessa sceneggiatura a sottolineare, per poi, ad un certo punto, minare d’improvviso a suon di retorica.
Black and white vorrebbe essere una sorta di nuovo Indovina chi viene a cena? ma purtroppo, pur non essendo vecchio il concetto di uguaglianza e il bisogno che a tutt’oggi c’è di sottolinearne l’esistenza, è vecchissimo il modo in cui è gestito l’intero assetto narrativo, e la scusante che il film usa per parlare di razzismo penalizza non solo l’intero lavoro ma anche il suo importante messaggio.
Sandra Martone