Anno: 2014
Durata: 114'
Genere: Thriller, Romantico, Biografico, Drammatico
Nazionalita: Francia, Spagna
Regia: Andrea di Stefano
La pellicola che arriva a tratteggiare la figura di Pablo Escobar attraverso gli occhi ambivalenti di esseri che lo incrociano nelle rispettive diverse prospettive sulla vita, è la vincitrice del Premio Opera Prima del Festival di Roma 2014, premio assegnato non dal pubblico ma da una vera giuria presieduta dal regista Jonathan Nossiter. Andrea di Stefano, attore ventennale (e indimenticabile Principe di Homburg nell’ipnotico film di Marco Bellocchio) esordisce nella regia e nella sceneggiatura confrontandosi con uno dei criminali più inquietanti di questa contemporaneità: il disumano e plurimiliardario trafficante di cocaina Pablo Escobar. Il regista sceglie intelligentemente di lavorarlo ai fianchi, non trattando direttamente la sua evoluzione esistenziale e criminale, e legandolo saldamente nell’interpretazione ad un attore di assoluta garanzia come Benicio del Toro che conferma appieno il suo talento. Pablo Escobar e la sua contraddizione spaventosamente umana ce li rivelano i rapporti contrastanti che con lui intessono i due protagonisti di Escobar: Paradise Lost, in concorso nella sezione Gala…
Nick (Josh Hutcherson), un giovane canadese che arriva in Colombia sulla scia del sogno di suo fratello di un vivere in bellezza, tra surf, natura e le poche risorse economiche che un bar di spiaggia può produrre. Claudia Traisac (la bella e incosciente Maria), giovane colombiana accecata da un bene che arriva sotto le sembianze di uno zio benefattore (lo stesso Escobar), unica apparente luce capace di assetare la povertà di un popolo e la sua fame di giustizia sociale. I due giovani si innamorano, e la faccia da bravo ragazzo di Josh Hutcherson incontra la doppiezza del mondo di Escobar nella sua fascinazione iniziale: tra vocazione presunta umanitaria di un leader che in realtà alimenta un culto della personalità e un vero e proprio impero economico… ‘Da lontano’ Pablo Escobar sembra veramente un benefattore, il suo attaccamento estremo alla famiglia, alla stessa nipote Maria (che considera come una figlia), al popolo, ne fanno un paladino che usa la debolezza dei ricchi (la droga) quale ‘viatico’ per costruire una società migliore. Ma mano a mano che il legame ufficializzato con Maria impone una commistione sempre più penetrante nella vita allargata di Escobar, Nick ne scompone gli aspetti sempre più inquietanti, sommati in una pazza freddezza di un leader che produce azioni e comandi talmente disumani e lucidi nelle conseguenze prodotte, da far maturare presto nel giovane la consapevolezza di dover a tutti costi uscire da un buco nero che risucchia chiunque possa diventare un ostacolo anche indiretto all’ingranaggio da volontà di sopravvivenza in potenza di Escobar, persino lui. Dovrà lottare non poco il bravo ragazzo Nick, sperimentando l’odore del male sulla propria pelle, un odore che non dà scampo… Benicio del Toro ci mette tutta la sua esperienza per rendere con pochi e misurati gesti un carattere, una personalità, specie nell’attraversare con grande naturalezza e spontaneità i due estremi (umani e disumani) con cui ci ritroviamo a fare i conti. Un ‘folle’, Escobar, un lucido ‘folle’.
Di Stefano inciampa dentro alcune ingenuità, specie nel collegare stati emotivi a episodi, situazioni narrative che mancano di spessore e credibilità di accadimento, ma riesce comunque a tenere saldi (anche grazie ad un buon occhio mobile e ad una fotografia penetrante e vivida) i pezzi di una più estesa riflessione esistenziale, che passa per il contrasto tra un ‘paradiso naturale’, terreno fertile per una ricerca di vita autentica che la Colombia può rappresentare per chi vi arriva da straniero, e un paradiso artificiale che la cocaina riesce a rendere alle ambizioni di dominio-regno di un singolo (Escobar) e alle speranze di riscatto di un popolo oppresso e povero.
Maria Cera