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Festival di Roma: “La Maschera Del Demonio” di Mario Bava (Focus Mario Bava)

Creato il 20 ottobre 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anno: 1960

Durata: 87'

Genere: Horror

Nazionalita: Italia

Regia: Mario Bava

Esordio alla regia di Mario Bava, La Maschera Del Demonio è il capostipite, insieme ad alcuni film di Riccardo Freda, dell’horror italiano; nonostante l’accoglienza calorosa all’estero – in Francia i Cahiers du Cinema lo considerarono una scoperta, mentre in America venne distribuito con il titolo di Black Sunday -,  il film non riscosse molto successo in Italia.

Ispirato ad un racconto di Nicolaj Gogol, narra le vicende di una nobile famiglia perseguitata da una maledizione inflitta due secoli prima da Asa Vajda (Barbara Steel, attrice inglese all’epoca poco conosciuta, che proseguirà la sua carriera di attrice con Federico FelliniJoe Dante, David Cronenberg , Johnatan Demme), al momento della condanna al rogo per stregoneria, ad opera del suo stesso padre, Grande Inquisitore. La maledizione gettata sui discendenti della sua famiglia si sta per compiere quando Asa cerca di impossessarsi del corpo della giovane Katja che ha le stesse sembianze della sua antenata e che trascorre un’esistenza cupa e attraversata da un costante presagio di morte; “un’anima senza pace e un corpo in letargo”, Katja perderà suo padre (interpretato da un giovane Ivo Garrani), suo fratello, e i suoi servitori, uccisi dai fantasmi della principessa Asa e del principe Javutich che fu condannato insieme a lei.

A salvare la giovane Katja dalla maledizione eterna interviene il giovane dottor Gorobec, che inizialmente fatica, da razionale uomo di scienza, a comprendere la successione di misteriosi eventi e per questo si fa aiutare dal prete; si ritrovano nel personaggio del dottor Gorobec alcuni tratti in comune con il medico di Operazione Paura, che come Gorobec arriva da straniero in un posto maledetto e cerca, attraverso la ragione, di aiutare la giovane protagonista a liberarsi dalla maledizione. Ma la ragione non può nulla contro i vampiri i fantasmi, e soprattutto contro l’odio la rabbia e il rancore che si sono scatenati contro le protagoniste di entrambi i film.

Sebbene il film ripercorra tematiche comuni al genere horror e all’opera di Bava, le tecniche con le quali vengono costruite scene paesaggi e ambientazioni e la fotografia rendono ancora oggi la pellicola, nella versione restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia, un esempio di qualità e professionalità. L’uso del bianco-e-nero, dei chiaroscuri sinistri e delle ombre claustrofobiche, delle ragnatele che lasciano intuire sinistre presenze: da artigiano della luce Bava tratteggia  e sfuma le ombre e definisce contorni, come se usasse il carboncino su un foglio di carta, dando allo spettatore quella sensazione di costante paura e tensione, tanto cara agli appassionati del genere.

Come per Operazione Paura anche La Maschera Del Demonio viene ripreso quasi per tutto in film in terza persona, da un narratore esterno alla vicenda, lo stesso Bava, che sfrutta il doppio personaggio interpretato dalla Steele, per ricordare allo spettatore che il cinema è illusione, finzione e non realtà; come accadrà al dottore di Operazione Paura, che rincorre se stesso illudendosi che sia il fantasma della piccola Melissa, anche il giovane dottor Gorobec cadrà nella trappola tesa da Asa, che lo confonde e lo induce ad uccidere la giovane Katja.

E  forse anche quell’eccesso di “fantastico” e di gotico che caratterizza tutta la sua produzione, quelle trame così lineari e  immerse in una luce sempre soffusa che rende uguali il giorno e la notte, servono proprio a questo; ma per quanti sforzi Bava possa fare –in alcuni film con una carrellata all’indietro svela allo spettatore addirittura i trucchi del mestiere impiegati per gli effetti speciali- e per quanto lo spettatore sia cosciente del “tradimento” in atto sul grande schermo, la bravura di Bava fotografo supera il Bava meta-cinematografico e, accompagnate dal rumore rassicurante di una vecchia pellicola, ci regala suggestioni che oggi, nell’era del digitale, sono sempre più rare.

  Anna Quaranta


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