Anno: 1966
Durata: 83'
Genere: Horror
Nazionalita: Italia
Regia: Mario Bava
Questa edizione del Festival del Cinema di Roma rende omaggio al regista Mario Bava, nel centenario della nascita, con un ciclo di cinque film tra il gotico e l’horror. Apre la rassegna Operazione Paura del 1966, recentemente restaurato dal Centro Sperimentale di Cinematografia.
Il film narra le vicende di un medico (Giacomo Rossi Stuart) chiamato a svolgere l’autopsia di una giovane donna in un paese sperduto e maledetto; da tempo ci sono delle morti misteriose riconducibili a Villa Graps, dove abita la baronessa, madre della piccola Melissa (Valerio Valeri), che a otto anni venne investita da una carrozza e morì dissanguata. Per vendetta il fantasma della bambina appare ripetutamente fino a spingere al suicidio le vittime; attorno alla villa gli abitanti del piccolo paese costruiscono una spirale di paura e superstizione alla quale inizialmente il dottore non vuole credere. Da uomo di scienza è pronto a collaborare insieme al commissario, uomo di legge, affinché si trovi una spiegazione razionale. Il commissario viene barbaramente ucciso e il borgomastro viene condotto al suicidio dal fantasma di Melissa; il dottore si ritrova solo insieme alla giovane assistente Monica (Erica Blank), che scoprirà di essere la figlia minore della baronessa, allontanata in tenera età per sfuggire alla vendetta del fantasma della sorella.
Il dottore, preso atto che non c’è alcuna spiegazione razionale nei tragici accadimenti cerca di porre fine alla catena di morte; sarà la strega Ruth (Fabienne Dali) ad uccidere la baronessa, vera artefice della maledizione, che attraverso i suoi poteri medianici consentiva all’anima di Melissa di agire per il tramite del suo corpo. Ruth morirà insieme alla baronessa ma avrà vendicato il suo amante e una volta per tutte avrà posto fine alla maledizione.
E’ l’odio la matrice della storia; a scatenare la vendetta di Melissa è proprio l’odio suscitato dal mancato soccorso durante l’incidente in cui perse la vita; nessuno aveva voluto aiutarla per paura di essere incolpati dell’accaduto e perché gli abitanti del villaggio odiavano la famiglia Graps. Come sosteneva l’altro indiscusso maestro dell’horror Riccardo Freda, che aveva collaborato col lo stesso Bava, “l’orrore vero è quello radicato dentro di noi fin dalla nascita”. I fantasmi, le porte che scricchiolano , i fruscii, le porte che si aprono nel buio e quelle che si chiudono imprigionando le vittime: sono tutte rappresentazioni dell’inconscio che prende forma e che de-forma la realtà, per mostrarcene le storture.
Il film racchiude alcuni degli elementi tipici della filmografia horror di Mario Bava, tra cui l’attenzione all’immagine, di cui Bava è artigiano e costruttore, come spesso viene definito; la tonalità dominante delle scene è bruno-giallastra, la fotografia è cupa, la nebbia e le ragnatele contribuiscono a creare quell’atmosfera di tensione che regge tutto il film e che fa passare in secondo piano la trama, semplice e lineare.
Sono le immagini a costruire il film. E proprio perché l’immagine è costruita e artefatta è essa stessa una metafora del cinema, del “doppio” , di quella dicotomia tra realtà e finzione che Mario Bava gioca a dissacrare. In una sequenza di scene di Operazione Paura il dottore insegue se stesso fino a rendersi conto che si tratta di un illusione.
Si notano anche alcune influenze dalla commedia, che Mario Bava portava avanti sempre in quegli anni (si pensi alle parodie con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia): in una scena, la sottoveste di Monica viene alzata dal vento che entra dalla finestra mostrando le cosce. Nella scena successiva l’attrice appare in camicia da notte trasparente.
Il film, che fu girato in una ventina di giorni ed ebbe scarso successo in sala, è oggi considerata una delle opere migliori di Mario Bava, fonte di ispirazione di importanti cineasti del calibro di Martin Scorsese, Tim Burton e Quentin Tarantino; lo stesso Fellini in Toby Dammit, riprese la bambina che ricorda la Melissa Operazione paura.
Anna Quaranta