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FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA 2010 - Giovedì 4 Novembre

Creato il 04 dicembre 2010 da Giordano Caputo
Purtroppo ci siamo, il festival volge al termine, tutti gli assi nella manica sono stati giocati o almeno così pareva.
Sorpredente è stato infatti il film d’animazione giapponese “Arrietty” sceneggiato da Hayao Miyazaky insieme a Keiko Niwa e diretto da Hiromasa Yonebayashi.
Arrietty è una “Rubacchiotta”, (così vengono chiamati) un’essere umano molto molto piccolo, che vive con suo padre e con sua madre in una minuscola casa all’interno di una casa normale abitata da due vecchiette. I Rubacchiotti, appunto, non devono assolutamente essere visti dagli esseri umani (perché l’essere umano è pericoloso) ma quando in quella casa arriverà Sho, un ragazzino di 12 anni malato di cuore, accidentalmente tra lui e Arrietty nascerà un rapporto di amicizia basato sulla loro fragilità, uguale ma diversa..
Delizioso, è questo forse l’aggettivo migliore per descrivere questo film d’animazione. Una storia bizzarra che si fa sempre più interessante a partire dal momento in cui Arrietty inizia a prendere confidenza con i furti insieme al padre, fino ad arrivare al rapporto "proibito" con con Sho, desideroso di instaurare un ‘amicizia con lei a causa della sua solitudine derivata dalla sua malattia.
Una storia descritta con grandissima sensibilità, un sogno ad occhi aperti.
Le stesse lodi non possono essere spese invece per "L’Homme Qui Voulait Vivre Sa Vie” drammone francese del regista Eric Lartigau che narra la storia di un uomo di successo, sposato con due figli che scopre l’infedeltà della moglie. Vittima di una vita che non aveva mai apprezzato, lasciato dalla moglie e accidentalmente colpevole anche della morte del suo amante, deciderà di inscenare una morte accidentale e trasferirsi altrove per cercare di fare quello che aveva sempre sognato di fare: il fotografo.
Ma la scelta di assumere l’identità della sua vittima e un successo inaspettato rischieranno di mandare a monte il suo piano.
Simile, ad un certo punto, a “Una vita tranquilla”, visto nei giorni scorsi sempre qui al festival, l’opera di Lartigau lascia poco da dire su un film che si sopporta e basta. Una storia che lascia poco o niente nello spettatore sia durante che dopo la visione. Inutile.
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