Anche quest’anno sono stata a Mantova in occasione della diciottesima edizione del Festivaletteratura che si è chiusa domenica sette settembre.
La splendida cittadina lombarda mi ha accolto con il consueto brulicare di folla e un cielo azzurro che, in questa poco generosa estate, ha reso la visita ancora più gradevole. Ma a fare della mia due giorni al Festival un evento memorabile è stata la possibilità di incontrare persone straordinarie, che solo manifestazioni culturali di questo calibro sanno riunire. Non parlo solo dei relatori, tra cui diversi autori di grande prestigio, che hanno animato gli oltre 350 incontri per il pubblico, ma anche dei giornalisti, blogger e addetti stampa che ormai rappresentano la voce di questo microcosmo dedicato al libro. La voce di chi vorrebbe che la vita fosse un unico, ininterrotto, Festivaletteratura.
Anche se per pochi giorni, Mantova si è trasformata nella festa della cultura a tutto tondo. Ai tavolini dei bar si sentiva parlare in tutte le lingue e di tutti i temi più attuali della nostra società, mentre Twitter e gli altri social si sono è trasformati in enormi megafoni che portavano le notizie del Festival in ogni angolo del mondo.
Pierre Lemaitre (con l’interprete) durante la sua presentazione
Degli eventi ai quali ho partecipato e delle interviste a Jeremy Rifkin, economista di fama mondiale che con il suo libro La società a costo marginale zero (Mondadori) sta monopolizzando l’attenzione dei media internazionali, o di quella allo spumeggiante vincitore del Premio Goncourt 2013, Pierre Lemaitre (suo il bellissimo Ci rivediamo lassù ospite di 2Voci X1Libro di settembre), vi parlerò nei prossimi giorni, perché quello che mi preme in questa cronaca è raccontare le emozioni più dei fatti. Una delle più grandi l’ho vissuta sabato mattina quando ho finalmente conosciuto Giuditta Casale, da due anni preziosa “compagna di rubrica” (2VociX1Libro), blogger entusiasta e competente di TempoxmeLibri, ma soprattutto amica. La passione per i libri ci aveva fatto incontrare virtualmente in rete e il Festivaletteratura ha finalmente realizzato il nostro desiderio di abbracciarci e di parlarci guardandoci negli occhi. Dopo tante mail in cui le blogger hanno spesso lasciato il posto alle donne e alle mamme che siamo, l’incontro è stato all’insegna della spontaneità, quasi come se ci fossimo già viste cento volte prima. È superfluo che vi dica che questo tipo di sensazioni non si prova ogni giorno.
Tra le persone che ho rivisto con piacere c’è Anna Da Re, efficientissima addetta stampa Mondadori e blogger di Ciabattine, una mente aperta quanto quella dell’adorabile Giulia Taddeo, che fa lo stesso mestiere per Fabbri Editori. Ho conosciuto anche Claudia Priano, che lavora per Guanda oltre a scrivere bei libri.
Mantova non è stato solo stringere mani e registrare parole. Un viaggio è sempre un momento ideale per osservare e quindi riflettere. In due giorni al Festivaletteratura ho potuto vedere il meglio del nostro Paese, poi ho preso un treno verso Milano e, purtroppo, ho visto il contrario.
Alcune volontarie (foto dal sito Festivaletteratura)
A Mantova, oltre a un pubblico in aumento (119 mila presenze contro le 112 mila dello scorso anno) decine di ragazzi e ragazze, le T-shirt tutte uguali che si incollavano al corpo per il caldo, lavoravano con il sorriso sulle labbra per far sì che la macchina del Festival funzionasse senza intoppi. Volontari che staccavano biglietti, annunciavano gli incontri, trasportavano scatoloni pieni di libri, davano informazioni, mangiavano panini al volo, correvano da un teatro all’altro. Visi acqua e sapone che chiacchieravano di vacanze, amori e libri. Promesse per l’Italia.
Sono salita sul regionale per Milano, pensando che finché si continuerà a investire sul mondo culturale questo bistrattata nazione avrà una speranza.
Alla stazione di Cremona le mie convinzioni hanno cominciato a vacillare. Tre ragazzini, non più che sedicenni, ricoperti di piercing, tatuaggi e abbigliamento da far invidia a un capobanda portoricano, hanno occupato i sedili a fianco al mio. Tornavano da una festa finita a tarda notte – non origliavo, urlavano – e camminavano sbandando come sopravvissuti a un olocausto. Viaggiavo in prima classe, più che altro perché speravo di poter caricare telefono e tablet, ma le prese elettriche, alla faccia dell’Italia che cambia, non funzionavano (le ho provate tutte, giuro).
In un’ora e cinquanta di viaggio (con un caldo soffocante perché l’aria condizionata, guarda un po’, era guasta) non si è visto un controllore e ho il sospetto che i miei rumorosi compagni di viaggio non avessero in tasca un biglietto uguale al mio. Tuttavia, dato che a pensar male si fa peccato, mi limito ai fatti: rutti, bestemmie e odore immondo quando uno dei tre si è tolto le scarpe e si è beatamente stravaccato sul sedile. Per fortuna, l’unica ragazza del gruppo ha intimato al compagno di rimetterle o gli avrebbe “spaccato la faccia” (testuali parole).
Ora, sebbene l’abito non faccia il monaco, al Festivaletteratura di ragazzi così non ne ho visto nemmeno uno. Gli ambienti sani generano frutti sani. E Mantova è un bell’esempio, Pordenonelegge, che apre i battenti fra pochi giorni (dal 17 al 21 settembre) è un altro e ce ne sono tanti sparsi per il Paese che meriterebbero più spazio.
Poi, terminati gli eventi, apriamo i libri. C’è di mezzo il futuro.