Cosa: Feta
Nome: Pavlakis Feta
Dove: Todis
Prezzo: 1,69 €
Giudizio: 5/5
Se questa recensione fosse un film potrebbe avvicinarsi molto a Incontri ravvicinati del terzo tipo, se fosse un libro potrebbe essere un qualsiasi libro inutile dove c’è un mistero, un messaggio, una rivelazione e della gente che muore.
Era un luglio del lontano 2011, era una notte buia e tempestosa, o un pomeriggio afoso, o più banalmente un momento qualsiasi di un giorno qualunque senza nessuna particolare condizione atmosferica, e mi accingevo a preparare un toast. Nell’estrarre la confezione di sottilette dal frigorifero si verificò il più classico degli incidenti domestici, non accortomi che la confezione fosse già aperta feci cadere mille sottilette a terra, dopo aver imprecato contro numerose divinità di svariate religioni che non mi appartengono ma che sono dell’epoca in cui vivo, mi soffermai ad osservare la loro disposizione e con mio grande stupore, vidi che si erano casualmente disposte in modo tale da formare quello che a prima vista poteva sembrare semplicemente un mucchio di sottilette cadute a terra, ma messa così non avrebbe avuto alcuna rilevanza narrativa, mentre questo straordinario evento dovrebbe in qualche mistica maniera portarmi a parlare del prodotto che sto recensendo, pertanto con mio sommo stupore notai nella disposizione di esse una certa regolarità, come di un rettangolo aureo, più precisamente una figura familiare che mi riportò ai libri di storia dell’architettura, più precisamente al V secolo A.(P.)C., più precisamente in Grecia, più precisamente… vabbeh c’ho visto il partenone ok?
Un caso? Una visione? Una palla colossale? Probabilmente tutte e tre le cose assieme. Ma mettiamo che non sia così, prendendolo come un segno del destino che mai poteva significare? Dovevo forse tornare in grecia? Mai stato in vita mia. Finalmente il Bel Paese si accingeva al tracollo finanziario come il paese ellenico? Forse sì ma io che c’entravo? A quel punto, mentre mi arrovellavo il cervello nel tentativo di cogliere un qualche significato recondito, si insinuò nella mia testa una melodia familiare, ed ecco finalmente l’illuminazione…
Erano i Marlene Kuntz e Cristiano Godano con voce stridula urlava il nome di un formaggio: Feta! Che cosa credi? Feta! Fetaaaaaaaa!
Non poteva che essere quello il messaggio, o almeno io decisi che doveva essere così. Erano anni che ci pensavo, da quando la mangiai quella prima ed unica volta in un take away greco nel cuore della Chinatown milanese, non a caso in compagnia di diversi psychofans e psychogroupies dei MK (cioè quel genere di persone che va oltre il banale essere fan, che già di per sé è una patologia, e portano il fanatismo a livelli più che patologici e non sono per nulla giustificabili dall’età, tipo quelli che infilano citazioni, preferibilmente di ogni gruppo appartenuto al Consorzio, a cazzo in ogni conversazione scambiandosi fra loro sguardi d’intesa ed approvazione e guardandoti con sdegno se malauguratamente non cogli, mentre ti trattieni dal ruttargli in faccia tutto Arise dei Sepultura) tutto tornava. Ma una volta al supermercato o non la trovavo o non mi tornava mai in mente, un po’ come quando parti sicuro e ti dirigi in cucina e una volta lì non ti ricordi più per quale motivo ci sei andato e con lo sguardo ebete, sconfortato, te ne ritorni da dove sei venuto. Cosa che si verificò pure quando mi recai a far spesa pochi giorni dopo, se non fosse che una volta alla cassa l’enorme zingara (magari non lo era ma ne aveva tutto l’aspetto) davanti a me non avesse iniziato ad estrarre dal carrello numerose confezioni dell’ambìto formaggio. Mollai lì il carrello e mi precipitai allo scaffale dei formaggi e felice come non mai mi appropri…, mi appropi…, mi approppi…, presi una confezione del tanto agognato prodotto caseario. Ma le difficoltà non erano finite, organizzai una grigliata e prima ancora che potessi rendermene conto se l’erano già sbafata tutta gli invitati. L’ho dovuta ricomprare, e finalmente potei ricongiungere le mie papille gustative con questo antico amore di gioventù e il suo sapore leggermente salato ed acidognolo, come l’amico di pinocchio. Un’emozione che probabilmente neanche Christiane F. può dire di aver provato. In realtà non mi ricordo se fosse realmente così il sapore, però oh, è bbbbuona! Viva la Feta, la Grecia, il tracollo finanziario e fanculo a quella puttana della Visentini che se non facevi il viaggio organizzato con lei a Roma dovevi studiare quattro libri in più per far l’esame!
Molto più di quanto possiate credere di quanto raccontato in questa recensione è accaduto veramente.
Paura eh?
Ah quella dell’esselunga fa più schifo.
[a cura di Anonymous]