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Fiaba per combattere l’enuresi notturna: “Il coccodrillo a stomaco vuoto”

Da Paola

Fiaba per combattere l’enuresi notturna: “Il coccodrillo a stomaco vuoto”

Il racconto che segue potrebbe favorire il miglioramento dell’enuresi notturna di origine psicologica. Si tratta di una metafora nella quale un bambino può in qualche modo riconoscersi. Le metafore vengono spesso utilizzate nell’ambito della psicoterapia infantile per aiutare nella risoluzione dei problemi.

In un grande e profondissimo fiume dell’Africa vivevano 20 coccodrilli. Questi coccodrilli andavano molto d’accordo tra loro e quando potevano si davano una mano, se così si può dire visto che sarebbe più corretto parlare di “zampa”. Insomma, erano proprio come una grande famiglia dove si viveva in perfetta armonia. Il coccodrillo più anziano si chiamava Kambo, il più giovane Kalimbo. Naturalmente, nessun coccodrillo aveva paura dell’acqua. Ani, a loro piaceva moltissimo entrare nel grande fiume e acquattarsi per un certo tempo sul suo fondo limaccioso. Tutti erano bravissimi anche nella difficile arte di galleggiare sulla superficie dell’acqua, stando perfettamente immobili. Così immobili, che chi non sapeva nulla di coccodrilli avrebbe potuto benissimo scambiarli per tronchi d’albero.
La grande famiglia dei 20 coccodrilli si nutriva dei pesci minuscoli che popolavano il fiume. A dire il vero mangiavano anche qualsiasi malcapitato topino osava avventurarsi fino alla sponda del fiume. Diciamo: qualche volta si pappavano anche qualche scoiattolo, comunque il loro cibo più sicuro era il pesce. Il fatto che ci fosse tutta questa abbondanza di cibo teneva i coccodrilli costantemente di ottimo umore.
Ai coccodrilli piace infatti più di tutto avere la pancia piena e poi farsi cullare dolcemente dall’acqua di un fiume. A raccontarla così sembra quasi che tutto andasse a gonfie vele.
E invece… invece un problema in questa grande famiglia di coccodrilli c’era e riguardava il piccolo Kalimbo. Kalimbo non era allegro come gli altri, anzi, spesso era molto triste. Aveva un segreto che non osava confessare a nessuno, perché se ne vergognava moltissimo. Ogni volta che gli riusciva di prendere un pesce, non faceva in tempo a mandarlo giù, ben in fondo allo stomaco, perché questo, più furbo e veloce di lui, gli sfuggiva dalla bocca. Coi topolini non parliamone: forse era ancor apeggio. A volte gli riusciva di addentarne uno per il codino, ma zac… in un battibaleno subito gli sfuggiva.
Che vergogna per un coccodrillo, anche se piccolino! Ma qui non era solo una questione di vergona: Kalimbo non soo non cresceva (perché se non si mangia nulla non si cresce niente), ma anzi dimagriva sempre di più e si sentiva debolissimo.
E’ ovvio che la sua mamma si preoccupava moltissimo, anche perché non aveva modo di aiutarlo, visto che non sapeva la vera causa di quanto stava accadendo. Un giorno, mentre Kalimbo se ne stava tristissimo semi nascosto nell’erba che cresceva in prossimità del fiume, accadde un evento tremendo.
Un gigantesco pesce, uno squalo che si pensava estinto, attaccò la famiglia di coccodrilli che galleggiava placidamente sulla superficie dell’acqua del fiume. Questo orribile pesce era forse giunto dall’Oceano sospinto dalle correnti. Non ci fu nulla da fare: 10 coccodrilli finirono interi tra le sue fauci enormi. I nove coccodrilli superstiti, impazziti dal terrore, riuscirono a raggiungere la terra ferma e a fuggire. Kalimbo aveva seguito, impietrito, tutta la scena, standosene acquattato nell’erba.
Si sentiva ancora più impotente del solito: piccolo e debole com’era, e per giunta incapace di trattenere anche un microscopico pesce, cosa avrebbe potuto fare? Una parte di lui però ribolliva: d’accordo era ancora un cucciolo e non era neppure abile a catturare il cibo. Però, però… però, pensava, possiedo dei bei dentoni aguzzi, la mia pelle è già forte come una corazza e in più ho un cervello fine, che funziona proprio benino.
Riflettendo sulle sue caratteristiche positive acquistava forza interiore. Così, si fece coraggio e iniziò ad avanzare lentamente nell’erba, muovendosi in direzione del fiume. Il mostruoso pesce se ne stava con la testa a fior d’acqua, mentre il corpo rimaneva immerso nel fiume. Kalimbo procedette molto piano poi, quando fu vicinissimo all’acqua, spiccò un salto con un’agilità impensabile per un coccodrillo, anche se cucciolo. Afferrò con i denti la testa del pesce e poi strinse con tutte le sue forze, miracolosamente ritrovate. “Non ti farò fuggire!”, diceva dentro di sé, rivolgendosi al pesce assassino. Tenendo la bocca ben serrata, per non perdere la presa, nuotò rapidamente in direzione della sponda del fiume. Si issò poi sulla terra ferma, trascinandosi dietro il pesce che nel frattempo invano si divincolava nel tentativo di liberarsi. In pochi minuti riuscì a tirare a terra anche il corpo del pesce, che iniziò a dibattersi sentendo che l’energia lo stava abbandonando. Povero pesce assassino: non poteva respirare fuori dall’acqua. Kalimbo si guardò intorno: tremanti sull’erba stavano i nove coccodrilli superstiti. Nei loro occhi c’era una luce di orgoglio misto a stupore. Proprio Kalimbo, il piccolo Kalimbo così debole li stava vendicando e liberando dal mostro.
Tutti si chiedevano come mai avesse potuto un coccodrillo cos’ piccolo nuotare con una preda così grossa in bocca e poi trascinarla fuori dal fiume. Eppure era accaduto. Il vecchissimo Kambo andò verso Kalimbo e gli disse: “Sei il nostro eroe. Puoi lasciare la tua preda adesso, se lo desideri”. Kalimbo riflettè per qualche secondo, poi finalmente aprì la bocca e permise alla sua vittima di giacere completamente a terra. I coccodrilli circondarono il pesce enorme, lo legarono con funi robuste costruite intrecciando le liane, poi gli aprirono la pancia, per recuperare i poveri coccodrilli trasformati in pietanze per la cena. Erano fortunatamente ancora tutti sani e salvi. Passato lo stupore iniziale, si congratularono con Kalimbo e confermarono che si trattava del loro indiscusso eroe. Da uel giorno Kalimbo non ebbe più alcun problema: afferrava i piccoli pesci e, qualche volta, anche gli sventurati topolini che osavano avvicinarsi al fiume. Neanche a dirlo, nel giro di pochi mesi diventò grande e grosso: un coccodrillone come si deve, insomma.

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Immagine:
roixrouge.ca
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